SALERNO
LONGOBARDA
LA MEMORIA
E LA FIEREZZA

(Uno scorcio del castello di Arechi)

Largo Erchemperto, Via Principessa Sichelgaita, Vicolo Adelperga, Vicolo Guaimario IV: già nella toponomastica Salerno testimonia la sua parte di identità che risale ai Longobardi. Una toponomastica che non sembra affatto tipica per una città decisamente meridionale, che si affaccia sull’ampio golfo a sud di Napoli e del Vesuvio e confina a nord con la Costiera amalfitana - terra di limoni, sole, spiagge - e a sud con la Piana del Sele, erede della Magna Grecia… Salerno, grande porto da cui partono traghetti per Tunisi con cadenza bisettimanale, città insomma a vocazione schiettamente mediterranea. Eppure questi nomi germanici, dai suoni così duri e spigolosi, ci ricordano un pezzo di storia di cui i salernitani sembrano andare fieri, una storia plurisecolare, poco nota nel resto d’Italia ai non addetti ai lavori.


(Al castello di Arechi)


E già, perché nei libri di storia in uso nelle scuole si impara che i Longobardi, popolazione di origine germanica, dopo una lunga migrazione attraverso l’Europa nord-orientale giunsero in Italia nel 568 guidati dal re Alboino, e si stanziarono inizialmente in Friuli, conquistando poi molti territori soprattutto nell’Italia settentrionale e costituendo un regno autonomo con capitale Pavia. E si impara che questo regno, che comprendeva anche alcuni ducati nell’Italia peninsulare, dotati di larga autonomia rispetto al potere centrale, cessò di esistere dopo la sconfitta subita ad opera dei Franchi guidati da Carlo Magno nel 774. Dopo questa data, la storia dei Longobardi in Italia sembra non esser più degna di attenzione, se non a un livello più specialistico.


(Dal castello)


E invece la Langobardia Minor (nome che indicava i domini longobardi dell'Italia centro-meridionale, meno estesi rispetto ai territori della Langobardia Maior a nord) continuò a svolgere un ruolo tutt’altro che marginale nelle relazioni politico-economiche e culturali dell’epoca. In particolare, la Salerno longobarda acquisì centralità e importanza attraverso una successione di eventi: dapprima il trasferimento da Benevento a Salerno della residenza abituale del principe Arechi II, vero e proprio “padre fondatore” della città, perché fu lui il primo a trasformare un piccolo “castrum” in una sede principesca; poi, qualche decennio dopo, la divisione di Salerno dalla stessa Benevento e dunque il riconoscimento della sua indipendenza, congiuntamente alla costituzione di Salerno stessa a Principato. Questi eventi risalgono all’epoca che va dagli ultimi decenni del secolo VIII alla metà del secolo IX, ovvero a un periodo in cui i Franchi sembravano ormai forgiare la civiltà dell’Europa continentale, con i Longobardi sconfitti e dimenticati.


(Salerno)


Salerno longobarda, dunque, non franca, ma neppure bizantina come la vicina Napoli. E chissà che questa differenza non abbia in qualche modo plasmato le due città, che sono in effetti molto diverse, pur nella vicinanza (le separano solo una cinquantina di chilometri) e nella comune caratteristica di città di mare affacciate sul Tirreno, rendendo Salerno caso mai più simile a Genova, che anch’essa ha conosciuto il dominio longobardo e che la ricorda inoltre per la morfologia del territorio stretto tra rilievi e mare. Tesi audace e senza nessuna pretesa di attendibilità, certo, ma suggestiva. Quel che è sicuro comunque è che la memoria della presenza longobarda a Salerno appare ancora oggi feconda. Non è infatti relegata semplicemente a monumenti e resti archeologici, che sono peraltro degni di nota come vedremo, ma ispira anche la vita culturale cittadina, con associazioni presenti sul territorio che propongono attività di divulgazione culturale: come per esempio l’Associazione culturale Erchemperto (dal nome di un monaco benedettino e storico longobardo), costituita da archeologi, storici e storici dell’arte, o il Parco Storico Sichelgaita (dal nome dell’ultima principessa longobarda di Salerno, la quale, sposando il normanno Roberto il Guiscardo, garantì la continuità tra le due stirpi nel passaggio da una dinastia all’altra).


(Nel Museo virtuale della Scuola medica salernitana)


Ai personaggi e alle vicende del periodo longobardo sono dedicati anche romanzi storici e libri per ragazzi, scritti da autori magari non professionisti ma sinceramente interessati alla storia della loro città. Può capitare perfino di partecipare a un evento culinario dal nome “A cena con Sichelgaita” (nella rinomata Osteria Canali nel centro storico). Non va dimenticata inoltre, quanto a vitalità, la tradizione legata alla Scuola Medica Salernitana, nata proprio in epoca longobarda, commemorata da una Fondazione e dall’omonimo Museo Virtuale nel centro storico. Della scuola medica si ricordano in particolare le Mulieres salernitanae, donne famose per la saggezza della loro medicina empirica e per la conoscenza profonda delle piante e del loro uso, chirurghe, farmaciste e specialiste in vari settori. La più famosa di loro è Trotula de Ruggiero, vissuta nell’XI secolo, ossia nel periodo in cui il Principato longobardo, sotto Guaimario IV, aveva esteso il proprio potere a quasi tutta l’Italia meridionale e veniva definito “Opulenta Salernum” (appellativo coniato sulle monete battute dalla città per i suoi traffici nel X e XI secolo e oggi ripreso come logo dalla Società Salernitana di Storia Patria).


(Personaggi longobardi nel castello di Arechi, progetto di una scuola)


Epoca importante, dunque, quella longobarda, conclusasi con la conquista normanna del 1076, cioè ben tre secoli dopo la sconfitta “ufficiale” dei Longobardi in Italia. Se ci si chiedesse quali segni della presenza longobarda siano ancora visibili dal punto di vista architettonico, potremmo rispondere che il primo simbolo della Salerno longobarda è immediatamente visibile entrando in città da nord: il Castello di Arechi, che domina la città e il porto dall’alto del monte Bonadies. Certo, a guardar meglio si scopre che il castello era sorto già nel VI secolo e che l’intervento del principe longobardo Arechi nel secolo VIII lo riguardò solo marginalmente, limitandosi al potenziamento della cinta muraria, mentre le parti più consistenti risalgono all’epoca normanna e più tardi a quella angioina. Ciononostante una visita al castello non deluderà, per il suggestivo panorama sulla città e sul porto, per il piacere di aggirarsi tra le mura come in un labirinto di scale scalette passaggi e archi, e per la visita del piccolo museo che custodisce ceramiche, monete e altri reperti trovati durante gli scavi.


(L'acquedotto medioevale)


Oltre al Castello, altri monumenti di epoca longobarda sono visibili ancora oggi, anche se naturalmente le stratificazioni di mille e più anni spesso hanno ricoperto le strutture originarie: la chiesa di Santa Maria de Lama (secolo XI), strutturata su due livelli, di cui l’ipogeo costituisce la struttura originale e che conserva rare testimonianze di pittura longobarda; la chiesa di Sant’Andrea de Lavina, la cui esistenza è attestata già nel IX secolo, costruita su tre livelli con interessanti tracce di affreschi, attribuita dagli studiosi agli Amalfitani, deportati in città dai Longobardi proprio con l’intento di sfruttarne l’abilità marinara per sviluppare i traffici marittimi di Salerno; l’imponente Acquedotto medievale di Salerno, con i suoi archi ogivali (dei quali costituisce uno dei primi esempi in Italia), eretto per approvvigionare d'acqua il monastero di San Benedetto. La leggenda narrava che l’acquedotto fosse stato costruito in una sola notte, con l'aiuto dei demoni, dal mago salernitano Pietro Barliario (alla cui conversione al cristianesimo si fa risalire la tradizione della Fiera del Crocifisso, che si tiene a Salerno durante la Quaresima). La superstizione popolare riteneva inoltre che avventurarsi sotto gli archi tra l'imbrunire e l'alba avrebbe portato all'incontro con diavoli o spiriti maligni.


(Il monastero di san Benedetto)


Anche la chiesa del monastero di San Benedetto si può far risalire nel suo nucleo originario all’epoca longobarda, come spiega il prof. Paolo Peduto nel volumetto “Apogeo medievale salernitano – La chiesa di San Benedetto” edito dalla Società Salernitana di Storia Patria per i tipi di D’Amato Editore. Peduto ricostruisce le complesse vicende del monastero, che nel corso dei secoli ha visto cambiare più volte la sua destinazione d’uso, fino a diventare un teatro e perfino una caserma, ragion per cui le caratteristiche architettoniche originarie erano quasi completamente cancellate e solo un lungo e paziente restauro le ha in parte riportate alla luce negli ultimi decenni. Per San Massimo invece, il recupero della funzione originaria non è stato possibile: si tratta di un palazzo a cui era annessa una chiesa, entrambi importantissimi in epoca longobarda, ma che oggi versano in stato di abbandono. Anche della parte longobarda di San Giorgio, famosa chiesa barocca, non restano oggi che poche tracce.


(San Pietro a corte)


Ma sicuramente il più importante edificio longobardo presente in città è il Complesso monumentale di San Pietro a Corte, esempio unico di architettura civile longobarda in Europa: esso era infatti il palatium principesco, con annessa cappella palatina, fatto costruire da Arechi II alla fine del secolo VIII. Il palatium principesco svolgeva le funzioni sia di dimora privata sia di sede degli uffici della cancelleria principesca, e fu costruito nel cuore del centro urbano, per garantire la vicinanza del principe al suo popolo. Il Complesso, grazie a una convenzione con il Comune di Salerno, è gestito dal Gruppo Archeologico Salernitano, che da anni ne cura la corretta conservazione e l’apertura al pubblico, anche con l’organizzazione di eventi culturali, conferenze, percorsi didattici. Per un’approfondita e accurata descrizione di questo eccezionale monumento storico si raccomanda pertanto di visitare proprio il sito del Gruppo Archeologico, https://www.gruppoarcheologicosalernitano.org/ .

Altre informazioni sono reperibili al link del Comune di Salerno https://cultura.comune.salerno.it/it/itinerario/salerno-longobarda .


(L'arenile di santa Teresa o della congiura)


Per concludere la panoramica sulla Salerno longobarda, se vi capiterà di fermarvi a prendere il sole sulla spiaggia di Salerno, potrete immaginarvi la scena dell’omicidio di Guaimario IV, che proprio lì fu ucciso in una congiura il 3 giugno del 1052 da quattro cognati. Guaimario fu senz'altro l'ultimo grande principe della Langobardia minor. Il figlio e successore Gisulfo II, fratello di Sichelgaita e cognato di Roberto il Guiscardo, vedrà la fine del principato longobardo di Salerno, dopo un assedio durato alcuni mesi, ad opera del cognato e di quegli stessi normanni che avevano vendicato il padre e gli avevano restituito il trono.

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