SPIRITUAL
PINO DANIELE
E IL CUORE
DI NAPOLI

È tutto un fiorire di iniziative in questi giorni a Napoli intorno al decimo anniversario della morte di Pino Daniele, ricordato con ben due concerti lo scorso 19 marzo, giorno in cui avrebbe compiuto 70 anni e anche festeggiato l’onomastico.



E mentre fioccano le polemiche su uno dei due eventi, un concerto per inviti organizzato dal Comune in piazza del Gesù (risultato più un set televisivo che un happening di piazza e di memorie), ha aperto le sue porte a Palazzo Reale l’attesa mostra “Spiritual”, che in un lungo e articolato percorso si pone l’obiettivo di raccontare la vita personale e professionale dell’artista che più di tutti ha unito e rappresentato le tante complessità di Napoli.



Il percorso espositivo inizia nella riaperta Sala Plebiscito e si intitola 'Terra mia'. Qui, con il supporto di audio e video, ricostruzioni scenografiche dei luoghi frequentati dall’artista da giovane, foto di famiglia e pagine di diario, fogli vergati a mano con i primi versi e altre testimonianze, si racconta la storia di Pino Daniele dal 1955 al 1977, anno di pubblicazione del suo primo album, appunto quel 'Terra mia' che continua a marcare sulla scena musicale la differenza tra il “prima di Pino” e il “dopo Pino”.



Il ragazzo che viveva con due zie in un centro storico ancora senza turisti, visite guidate e cibo da asporto, aveva iniziato a suonare da autodidatta su una “chitarrella da quattro soldi” prestata da un amico ma sognava davanti alle vetrine dei negozi musicali di via San Sebastiano, a due passi da quel Conservatorio che rimase solo nei suoi sogni perché fu costretto a iscriversi a Ragioneria. Poi erano venute le prime esibizioni condominiali e quelle nei club frequentati dagli Americani, la fondazione di un gruppo, le prove in una caverna alla Sanità, la scoperta di poter usare la sua voce fino ad arrivare alla realizzazione del sogno, il lancio di un 45 giri, “Ca calore”, e poi del primo album.



Nel quale album, oltre al talento e alla speranza di potersi dedicare interamente alla musica, già c’era tutta la sua “città tra l’inferno e il cielo”. 'Terra mia' fu una rivoluzione perché dentro c’erano con incredibile onestà la rabbia, l’amore, la voglia di cambiare il mondo e la consapevolezza delle contraddizioni di Napoli cantate in un dialetto vero, preso dalla strada, dal lessico familiare, dalla contemporaneità di quegli anni. I primi a rimanere sconvolti da questa possibilità espressiva fummo proprio noi Napoletani, e da quel momento la città strinse un patto ancora vivo con quel suo figlio geniale.



La seconda parte della mostra, nella più ampia Sala Belvedere, si intitola 'Le radici e le ali' e narra in maniera intima e completa la sua vita e la sua carriera dal 1977 al 2014 attraverso un percorso cronologico che intreccia la sua evoluzione musicale e personale con un focus sugli incontri, sulle collaborazioni e sulle produzioni musicali: 5. Working & life, 6. Connections featuring & productions, 7. Soundtracks - Pino e il cinema.



Qui, oltre alle fotografie inedite e amatoriali della sua vita privata, agli abiti di scena, ai suoi strumenti, le sue amate chitarre, c’è una sala immersiva dove poter ascoltare la sua musica live e anche uno spazio per sentire la registrazione inedita delle prove dei Batracomiomachia (audio originale del 1974), unica incisione esistente catturata durante una session del gruppo.



Tra le copertine degli album e i corsivi delle sue dichiarazioni, va in scena un excursus che documenta l’intero cammino umano e professionale dell’artista, la sua continua ricerca musicale, la disciplina dello strumento su cui non smetteva di esercitarsi quotidianamente, gli incontri importantissimi con artisti internazionali che lo hanno consacrato tra i grandi della scena mondiale.



E allora succede che la storia di uno degli artisti più amati della musica italiana diventa per molti visitatori una specie di pellegrinaggio tra i ricordi personali, e ad ascoltare le esclamazioni commosse: “Io c’ero”, “Questo disco l’ho consumato”, “Con questo pezzo mi sono fidanzato”, “Questa l’abbiamo cantata al flash mob del Plebiscito quando è morto…”, si capisce che Pino Daniele ha dato veramente voce alle tante anime della città.



Lui che aveva capito e scritto tutto già a 20 anni con “Napule è”, lui che diceva che la musica aiuta a vivere, non si è mai fermato e attraversando confini geografici e culturali ha raccolto tematiche e strutture musicali dall’America e dall’Africa e inventato un nuovo sound, un incastro unico tra canzone popolare, blues, jazz e dialetto.



E anche se oggi arriva a infastidire lo stereotipo dei “mille culure e mille paure” che viene appiccicato alla città come unica chiave di lettura, uno storytelling obbligato, è pur vero che in quelle quattro parole ci sta l’essenza della città irredimibile, che a distanza di 50 anni continua a dimostrarsi capace di grandi slanci e vergognose cadute, della “gente ca nun trova cchiù pace”, come aveva dolentemente scritto Daniele in “Lazzare felici”.



L’emozionante percorso espositivo, da esplorare con calma, rende onore all’artista che con la sua musica così Spiritual (parole di Wayne Shorter) ha rappresentato uno straordinario fenomeno sociale e culturale e ha contribuito a costruire l’identità nazionale e la memoria collettiva degli italiani, non solo di Napoli.

Grazie Pino, “che Dio ti benedica”.





Spiritual. Pino Daniele

Palazzo Reale di Napoli

Dal 20 marzo al 6 luglio, tutti i giorni tranne il mercoledì dalle ore 9 alle 20

Info e prenotazioni

www.palazzorealedinapoli.org

Prevendite www.ticketone.it

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