CASORATI
E MILANO
MORALITÀ
DELL'ARTE

(La donna e l’armatura, 1921, tempera su tela, 148,5 x 114 cm. GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea. Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, Torino. Photo Credit: Studio Fotografico Gonella 2011. © Felice Casorati by SIAE)

Dopo trentacinque anni dall’ultima mostra del 1990, Milano torna a celebrare l’arte di Felice Casorati con l’evento in programma a Palazzo Reale fino al 29 giugno 2025, promosso dal Comune di Milano-Cultura e prodotto da Palazzo Reale e Marsilio Arte in collaborazione con l’Archivio Casorati. La mostra è curata da tre dei maggiori esperti dell’artista: Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli.



Rivedere Casorati è sempre un’emozione. È come assistere a un concerto di pittura. Dipinti su tela e tavola, sculture, lavori grafici della stagione simbolista, bozzetti per scenografie di opere destinate al Teatro alla Scala sono i veri protagonisti della grande mostra. Questa antologica raccoglie numerosi capolavori già esposti alla Biennale di Venezia del 1952. Entrambe le esposizioni si aprono con il giovanile 'Ritratto della sorella Elvira', un’opera che segnò l’esordio pubblico di Casorati; un ideale punto di partenza per esplorare il suo universo artistico che, come alla Biennale, anche qui si sviluppa lungo un arco cronologico che va dal 1907 ai primi anni Cinquanta.


(L'abbraccio, 1914, acquaforte e acquatinta, 305 x 243 mm.
Collezione privata. Photo Credit: Pino Dell’Aquila. ©Felice Casorati by SIAE)


Ci troviamo di fronte a un artista indipendente e poliedrico, formatosi inizialmente come musicista e poi anche scultore, scenografo e costumista per il teatro dell’opera. Un percorso affascinante nell’arte attraverso generi e tecniche diverse affrontate con grande sensibilità ed espressività. Eppure, ecco alcuni giudizi formulati da 'i candidissimi detrattori' così chiamati da Casorati: "Freddo, cerebrale, passatista, inattuale, accademico" -, che definivano la sua pittura 'separata dalla vita e di forma vuota'. Mentre gli studiosi di arte antica riallacciavano l’identità pittorica del maestro al numerus, alla mensura e al pondus, vale a dire alle stesse modalità con le quali, come è scritto nel Libro della Sapienza, è avvenuta la creazione divina del mondo. Nell’arte di Casorati in effetti tutto è numero, misura e peso, un’armoniosa corrispondenza tra forme geometriche, tra pieni e vuoti, composizioni di forme immobili immerse in un’atmosfera rarefatta, fatta di incantati silenzi, una pittura in bilico tra pitagorismo e platonismo, tra il mondo del numero e quello della Idea, tra l’eternità e la geometria.


(Le signorine, 1912, olio su tela tecnica mista: tempera, glicerina, cera, 187,5 x 195 cm.
Fondazione Musei Civici di Venezia – Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. ©Felice Casorati by SIAE)


Affermava Casorati: "Di fatto io non ho mai capito il movimento 'qui déplace les lignes' " e adoro invece le forme statiche; e poiché la mia pittura nasce – per così dire – dall’interno e mai trova origine dalla mutevole impressione, è ben naturale che queste forme statiche e non le mobili immagini della passione, si ritrovino nelle mie figure (…) Per questo posso dire che l’architettura del quadro mi interessa più che la sua qualità pittorica in senso stretto (…) Così non senza motivo, mentre è tendenza generale della pittura contemporanea la ricerca dell’espressione attraverso il colore e il segno, io sento invece piuttosto il valore della forma, dei piani, dei volumi ottenuto per mezzo di un colore tonale non realistico e insomma di quella che può dirsi l’architettura di un quadro, in senso peraltro musicale o lirico e non decorativo e puramente formale".


(Conversazione platonica, 1925, olio su tavola, 78,5 x 100 cm.
Collezione privata. © Felice Casorati by SIAE)


Una dichiarazione tanto importante in sé quanto per chi visita la mostra, perché sarà in grado di cogliere le stesse architetture interne ai dipinti, il gioco degli spazi, toni e colori ben equilibrati e coerenti, e nell’insieme la magia che segna la ricerca di Casorati in tutte le sue opere. Fu lontanissimo dal vitalismo futurista come dall’attimo impressionista, perché pensava che la verità non consistesse nel trascorrere del tempo, ma nell’immobilità lontana dalle mutevoli passioni e nel silenzio che ripara da illusioni. Non amava la transitorietà perché preferiva l’essere al divenire. E Casorati non fu nemmeno un solitario o un isolato. Come Giorgio Morandi, era pienamente consapevole della scena artistica nazionale e internazionale, perché la solitudine non equivale a isolamento ma è semplicemente l’essere soli e non il sentirsi soli.


(Ritratto di Maria Anna De Lisi o Anna Maria De Lisi, 1919
tempera su tela, 141 x 140 cm.
Collezione privata. Photo Credit: Pino Dell’Aquila. © Felice Casorati by SIAE)


Fu amico, tra tante personalità, di Guido Piovene, di Piero Gobetti, di Carlo Levi, di Massimo Mila, di Alfredo Casella; partecipe e protagonista di eventi significativi quali la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma, il Novecento Italiano. Fondò scuole d’arte, fu professore all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, scenografo e costumista al Maggio Musicale Fiorentino, al Teatro dell’Opera di Roma e al Teatro alla Scala di Milano. E, infine, quanto alla sua inattualità, il musicologo e critico musicale Massimo Mila affermò che Casorati "aveva portato un vento nuovo che contribuiva a pulire l’aria dalla retorica carducciana, dall’estetismo dannunziano e dalla crepuscolare malinconia gozzaniana".


(Ragazze a Nervi, 1930, olio su tela, 140,6 x 101 cm.
Fondazione Musei Civici di Venezia – Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. © Felice Casorati by SIAE)


A distanza di trentacinque anni dalla sua ultima mostra a Milano, Casorati ritorna a Palazzo Reale arricchito da tanti studi e approfondimenti sull’arte italiana intervenuti nel corso degli ultimi anni e dedicati a Carlo Carrà, a Giorgio de Chirico, al realismo magico, a Giorgio Morandi, a Filippo de Pisis, a Mario Sironi, al futurismo, a Giacomo Balla e a Umberto Boccioni. La geografia esistenziale del Maestro si dipana tra Veneto e Piemonte: Verona, Padova, Venezia e Torino. Padova – dove i Casorati si stabiliscono nel 1895 – sono i luoghi che contribuiscono in modo determinante alla sua storia artistica. Senza dimenticare il suo soggiorno a Firenze nel 1909 e gli Uffizi, luogo di elezione, dove si confronta con gli antichi maestri, riferimento imprescindibile, da Breughel a Leonardo, da Botticelli a Piero della Francesca. A Padova risale il suo esordio e a partire dal 1903 è importante la frequentazione delle Biennali internazionali d’arte di Venezia dove, nel 1907, presenta il primo capolavoro con 'Ritratto della sorella Elvira'. È il suo debutto. È lì, nel Veneto, la vera palestra dei molti successi.


(Ritratto di Cesarina Gurgo Salice o Ritratto di signora, 1922, olio su tavola, 72 x 60 cm.
Collezione privata. Photo Credit: Andrea Guermani. © Felice Casorati by SIAE)


Sempre a Venezia presenta 'Le Vecchie', esposte alla Biennale del 1909 – ispirato alla 'Parabola dei ciechi' ammirato a Capodimonte - e 'Le ereditiere', esposto alla IX Biennale nel 1910, la cui acconciatura è ispirata a una menina di Velazquez. L’equilibrio della composizione e del colore coinvolge sempre anche la postura dei personaggi. Diversa è l’atmosfera del capolavoro 'Le signorine', esposto alla Biennale di Venezia del 1912, che denota una svolta nella sua pittura, per i colori chiari e luminosi mentre le fronde di un cedro del Libano fanno da sfondo alle quattro donne vestite con abiti contemporanei, i cui nomi sono rivelati da cartigli posti ai loro piedi: Dolores il cui nome ispira sofferenza, la malinconica Violante, la virginea Bianca, l’unica a esser nuda, e la serena e sorridente Gioconda. Questa grande tela, acquistata dal Comune di Venezia, assai diversa dalle precedenti, raffigura un linguaggio di ispirazione simbolista forse maturato dal confronto con la pittura di Klimt.


(Le sorelle Pontorno, 1937, olio su tela, 162 x 129 cm.
UniCredit Art Collection. Photo Credit: Sebastiano Pellion di Persano. © Felice Casorati by SIAE)


È tra Verona e Torino che matura la svolta decisiva, segnata dalla realizzazione delle grandi tempere, come 'L’attesa', il 'Ritratto di Maria Anna De Lisi', 'L’uomo delle botti', 'Mattino', con cui sembra avere ormai conquistato una cifra inconfondibile, confermata poi nel 1922 da quel capolavoro epocale che è 'Silvana Cenni'. Lasciata l’amata Verona, città "di una bellezza fine e delicata, fatta di cose nobili e squisite, preziosa e semplice" dove Casorati afferma di aver trascorso gli anni più belli della sua gioventù, c’è Torino, dove si trasferisce nel 1919, che vedrà l’affermazione definitiva del pittore e da cui non si allontanerà più. Torino è come se gli fosse stata assegnata dal destino – commenta il curatore Fernando Mazzocca - era come se il fascino misterioso e il volto geometrico di Torino si fossero riflessi nello spazio magico e inquietante dei suoi dipinti, quegli interni enigmatici, popolati di figure assorte, dominati dal silenzio, cui sono state più legate la sua identità e la sua fama. Lo stesso Casorati esprimerà questo suo convincimento in una conferenza tenuta al gabinetto Vieusseux nel 1953: "In questa città antituristica, che amo per la sua misteriosa, non palese bellezza, in questa città enigmatica e inquietante come una cabala, che ogni giorno bisogna scoprire e poi ancora riscoprire, in cui la nebbia è più luminosa che il sole, in cui la misura non è stata mai dimenticata e non potrà mai essere dimenticata, in questa città quadrata e squadrettata, solo in questa città potevano nascere i miei quadri!".


(Silvana Cenni, 1922, tempera su tela, 205 x 105 cm.
Collezione privata. Photo Credit: Pino Dell’Aquila. © Felice Casorati by SIAE)


La fortuna espositiva che caratterizzerà tutta la carriera di Casorati farà conoscere i suoi quadri in tutto il mondo. A Torino, sua città d’adozione, Casorati vive una vita intensa e interessante tra lo stimolante universo familiare animato dalla presenza della moglie inglese Daphne, anch’essa pittrice come poi il figlio Francesco, e l’Accademia Albertina dove insegna. Qui si circonda di amici fedeli e di intellettuali d’eccezione come Gobetti e Lionello Venturi, seguiti poi, nel corso degli anni, da Giacomo Debenedetti, Albino Galvano, Italo Cremona e Luigi Carluccio. E qui trova il suo mecenate nello straordinario imprenditore, collezionista e finanziere Riccardo Gualino, per il quale sarà impegnato non solo come pittore ma anche come scultore, decoratore e progettista d’ambienti. Nel percorso della antologica di Palazzo Reale – commenta Giorgina Bertolino curatrice ed esperta - una sala viene dedicata a Casorati e Gualino proprio per rappresentare in mostra le atmosfere di una stagione torinese straordinaria, dove i protagonisti sono l’artista e il mecenate e dove la pittura si intreccia con la musica, la scultura, il teatro, la danza e una cultura raffinata e cosmopolita.


(Annunciazione, 1927, olio su tavola, 151 x 100 cm.
Collezione privata. Photo Credit: Giuseppe e Luciano Malcangi. © Felice Casorati by SIAE)


I ritratti di famiglia (Riccardo, Cesarina e il figlio Renato) oggi appartenenti a tre diverse collezioni sono qui riuniti uno accanto all’altro, ispirati alla pittura antica e allo stesso tempo modernissimi. Nella sala viene ricostruito il teatrino privato dell’abitazione dei Gualino, progettato da Casorati e dall’architetto Alberto Sartoris. E infine, parte di questo mondo e di quella stagione è la tempera del 1925 che ritrae Raja Markman, la danzatrice russa che si è esibita su quel palco e il ritratto del 1926 del compositore e musicista Alfredo Casella. Nell’ultima fase della sua carriera - commenta l’altro curatore della mostra Francesco Poli - dalle forme plastiche più direttamente ispirate ai valori classici della grande tradizione dell’arte italiana, verso la fine degli anni Venti, la ricerca di Casorati si evolve verso una pittura meno 'metafisica', più 'accogliente' e meno lontana dalla realtà quotidiana, assumendo una dimensione quasi vibrante e vitale delle atmosfere cromatiche. Tra gli esempi 'Aprile' (1929-1930) e 'Ragazze a Nervi', luminose composizioni di figure in interni, esposte alla Biennale di Venezia del 1930.


(Ritratto di Riccardo Gualino o Ritratto di signore, 1922, olio su tavola, 99,5 x 76,3 cm.
Collezione privata. Photo Credit: Mauro Coen. © Felice Casorati by SIAE)


Assai interessante è il confronto fra i due dipinti proposto in mostra 'Susanna o Conversazione platonica'(1929), versione “anticlassica” della celebre 'Conversazione' del 1925. Ma il capolavoro che segna nel modo più emblematico il nuovo corso della pittura degli anni Trenta è senza dubbio il magnifico ritratto della moglie, 'Daphne a Pavarolo', presentato alla Biennale di Venezia del 1934: la figura armoniosa della moglie seduta sul davanzale di una finestra che ha sullo sfondo i morbidi pendii del paesaggio. Si percepisce la serenità sentimentale dell’artista, una raggiunta maturità della pittura che deriva da un equilibrio fra dimensione psicologica interna e percezione della realtà esterna. 'Daphne a Pavarolo', insieme a 'La Barca' (1934) e alle 'Sorelle Pontorno' (1937), riuniti in un’unica sezione, sono i principali capolavori del decennio.


(Donne in barca o La barca, 1933, olio su tela, 193 x 100 cm.
Piacenza, Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi. Courtesy Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi – Piacenza. © Felice Casorati by SIAE)


Non mancano le nature morte e il percorso della loro evoluzione, un tema che è sempre stato di centrale interesse per l’artista. Nella sala che chiude l’antologica, le quattordici tempere con i costumi e i bozzetti di scena ricostruiscono una stagione dell’attività di scenografo di Felice Casorati, con i lavori per il Teatro alla Scala di Milano. 'La follia di Orlando', 'Le baccanti', il 'Fidelio', 'L’amore stregone', 'Il principe di legno' e quindi le musiche di Petrassi, Ghedini, Beethoven, De Falla, Bartók. Il filo della mostra si riavvolge: tornano le tempere, le linee, le stesure à plat del primo Casorati e torna la musica, il primo amore del pittore, il suo inseparabile pianoforte, su cui, prima di disegnare le scenografie, provava e studiava le opere. Chiudiamo questo straordinario concerto di pittura con il commento del critico letterario Giacomo Debenedetti: "Casorati non insegna a dipingere. Insegna qualche cosa di più serio ed efficace: la disciplina e la moralità dell’arte".

Press ESC to close