La canzone che Jacques Brel, massimo tra i massimi autori del ‘900, dedica al suo paese è un autentico manifesto di appartenenza e condivisione.
Per un lombardo di pianura recarsi in Belgio è un po’ come tornare a casa. Forse il clima è un po’ più uggioso, ma gli orizzonti sono molti simili, se non sovrapponibili, mare a parte.
“Avec des cathédrales pour uniques montagnes/Et de noirs clochers comme mâts de cocagne”, e ancora “Avec un ciel si bas qu’un canal s’est perdu/Avec un ciel si bas qu’il fait l’humilité”.
Ci sono il Duomo e i Navigli e c’è da condividere l’umiltà.
Dunque si parte da Milano per il Belgio in una piovosa giornata di inizio autunno e si atterra a Bruxelles in condizioni metereologiche identiche, forse solo un po’ più fredde.
La capitale del Belgio e, per burocrazie politiche, d’Europa è città accogliente con la sua sfavillante Grand Place, persino eccessiva per l’elaborazione dei suoi palazzi, i decori aurei e gli arredi.
Poco distante il Manneken Pis, la scultura-fontana che rappresenta un bambino che fa la pipì, è un’icona conosciuta nel mondo intero. Non a caso i turisti gli si affollano intorno per cogliere e trasmettere il (dicono) beneaugurante flusso che è protagonista, sembra dal XIV secolo, di numerose leggende e che possiede anche un imponente guardaroba, custodito presso il museo Maison du Roi.
A proposito di statue (tra cui bambine e cani che fanno pipì) merita una visita quella dedicata, in rue de Midi, a Madame Chapeau, personaggio teatrale molto amato dagli autoctoni.
La città, quanto meno nei suoi quartieri centrali, è spaziosa e non opprimente, ricorda le architetture e il clima di Parigi nelle piazze, nelle vetrine e nei dehors dei numerosi locali pubblici che offrono ottima birra e buon cibo. Giusto per indicare almeno un indirizzo, da ‘T Kelderke, ristorante ipogeo che si affaccia sulla Grand Place, un piatto corposo di carbonnades flamande (uno spezzatino di carne di manzo alla birra) si può gustare spendendo 25 euro, una piccola birra bionda a 5,50 euro. Accettabile.
Se non fosse per la pioggia fastidiosa, la città si presta a essere “passeggiata”. Non mancano parchi e giardini (merita una visita la Place du Petit Sablon dominata dalla statua dedicata ai conti di Egmont e di Hoorn, decapitati per aver sfidato gli invasori spagnoli nel 1568), mentre le chiese, spesso imponenti, sono state restaurate e abbondantemente rimaneggiate nel corso dei secoli.
Diffusi i murales che ricordano personaggi del mondo dei fumetti.
Tra i quartieri più significativi meritano attenzione il Marolles, già rione operaio, con la sua Place du Jeu-de-Balle, e Sainte-Catherine la cui chiesa omonima ospita su un lato un pissoir perfettamente funzionante. Accanto alla fermata della metropolitana è possibile ammirare il Monument au Pigeon Soldat, dedicato ai piccioni viaggiatori della Prima guerra mondiale.
Senza far torto a nessuno si citano poi la Fondation Jacques Brel e il Musée Magritte che ben racconta il genio prorompente di uno degli artisti più iconici del ‘900, che ha immortalato con ironia speciale pipe e bombette. Chapeau.
Lasciata Bruxelles senza pretendere di averla conosciuta a fondo, segnalando però, come si conviene per una città complessa e articolata, il flusso poderoso di traffico stradale, si continua l’esplorazione del territorio nelle storiche Fiandre.
Ecco allora Lovanio, antica città universitaria dove sembra che il mezzo di trasporto più capillarmente diffuso sia la bicicletta, utilizzata da giovani e meno giovani per raggiungere le proprie mete (poi si capisce come possano emergere fenomeni come Eddy Merckx a cui, peraltro ancora in vita, è già stata intitolata una stazione del metrò di Bruxelles).
La più che piacevole visita della città porta inevitabilmente al Grote Begijhhof, quartiere di impronta medioevale in cui sembra che il tempo si sia fermato. E qui bisogna dedicare qualche riflessione al fenomeno del “beghinaggio”, che soprattutto nelle Fiandre e nei Paesi Bassi ha avuto una diffusione enorme a partire dal Medioevo.
Il luogo, una sorta di convento costituito da più abitazioni, era vissuto da una comunità di beghine, donne religiose che si dedicavano principalmente alla preghiera e alle opere di assistenza, senza necessariamente prendere i voti monastici.
Donne ossequiose ma libere che vivevano appunto in comunità e che ha spinto qualche studioso a considerarle antesignane del femminismo.
Lasciata Lovanio alla sua tranquillità di borgo riflessivo e studioso - oggi il Begijnhof ospita sedi universitarie - il viaggio attraverso le plat pays prosegue verso Gand che merita una tappa se non altro per ammirare “L’Adorazione dell’Agnello mistico”, potentissima pala d’altare costituita da 20 pannelli, dipinta dai fratelli Van Eyck nel 1432. L’opera fa bella mostra di sé in uno spazio adeguato della Sint-Baafskathedraal.
Una veloce se non affrettata visita della cittadina annovera il Gravensteen, castello in pietra del XII secolo con relativo fossato, la torre campanaria Belfort del XIV secolo che domina una bella piazza dall’alto dei suoi 91 metri e un’escursione (volendo anche in battello) lungo il fiume che lambisce il centro.
Per un pranzo veloce niente di meglio di una sosta a Le pain quotidien, ospitato nel vecchio palazzo delle poste, dove per pochi euro si possono gustare zuppe del giorno e dolci dall’aspetto molto invitante.
Non resta ora che rimettersi in cammino e raggiungere Bruges, dove torme di turisti affollano le strette vie dell’impianto medioevale e i canali che ricordano (alla lontana) Venezia, percorsi da barconi sovraccarichi di umane curiosità.
La città ha indubbiamente il suo fascino. In pochi chilometri quadrati si susseguono piazza grandiose e chiese monumentali, torri campanarie e palazzi magnificenti, decine e decine di ristoranti, bistrot e bar come se non ci fosse un domani e si dovesse consumare (mangiare/bere) tutto e subito.
Per mettersi l’anima in pace però è più che consigliato raggiungere l’ampia area del Begijnhof che risale al XII secolo. Un vasto parco, dove esplicitamente si prega di non calpestare i prati, ospita un’autentica meraviglia di villaggio bianco a cui si accede da un ponte sopra un canale.
Pace e serenità sono le parole giuste, qui persino i turisti sembrano rispettare gli ambienti che richiamano la contemplazione e l’operosità.
Merita un po’ d’attenzione anche il vicino Minnewater, detto anche “Lago dell’amore”, parco acquatico di notevoli dimensioni. E poco importa di essere accompagnati da una nebbiolina piovosa…
Per gli appassionati d’arte almeno due musei vanno visitati. Il Museum Sint-Janshospitaal, ospitato in un antico ospedale fondato nel XII secolo e rimasto in funzione sino al 1977, propone al centro della sua esposizione il tema dell’accoglienza e della cura del prossimo. Di particolare efficacia una installazione antropomorfa in cui una donna si prende cura di un maiale e poi, soprattutto, alcune splendide opere di Hans Memling, maestro della pittura fiamminga del XV secolo, al punto che il museo è a lui intitolato. Merita un occhio anche l’attigua farmacia del XVII secolo.
Poche centinaia di metri separano il Groeningemuseum, dedicato soprattutto all’arte fiamminga. Anche qui eccellenti opere di Jan Van Eyck, Hans Memling, il Maestro del Fogliame Ricamato e Hieronymus Bosch e bottega (Trittico del Giudizio di Bruges).
Per la cena si consiglia un ristorante in pieno centro, nelle vicinanze del vecchio mercato del pesce.
E soprattutto pesce offre il Den Gouden Karpel, ottimo pesce anzi, proveniente dal Mare del Nord (“ Avec la mer du Nord pour dernier terrain vague/Et des vagues de dunes pour arrêter les vagues”) che da qui dista pochissimi chilometri. Spesa adeguata ma ben meritata.
Se ripassate poi sotto Belfort, la torre campanaria che si staglia per metri 83 dalla sottostante Markt, non vi può non tornare in mente ciò che lì accade a Brendan Gleeson nel finale di “In Bruges-La coscienza dell’assassino” (2008) di Martin McDonagh con il seguente appassionante inseguimento notturno tra Colin Farrel e il cattivissimo Ralph Fiennes tra le vie deserte della città.
Qui però si dice che non ci sono esigenze cinematografiche che tengano: in qualsiasi stagione il deserto non esiste mai. E per il momento non c’è overtourism che tenga.
E si chiude con Bruges, o Brugge che sia, questo breve viaggio al volo in alcune delle realtà più interessanti del Belgio.
Banalità vorrebbe che si ricordassero le centinaia di marche di ottima birra, le meules-frites (sembra fra l’altro che le patatine fritte come le mangiamo noi oggi le abbiano inventate in Belgio), il waffle e, su tutto, il cioccolato “spacciato” in centinaia di negozi, nelle grandi città e nei paesini più sperduti.
Saranno banalità, ma provare per credere.
Insomma, come direbbe la guida Michelin, il Belgio vale il viaggio.
p.s. Se sulla via del ritorno vi capitasse di fermarvi un attimo a Parigi non perdete l’opportunità di visitare la Bourse de Commerce/Pinault Collection, un museo d’arte contemporanea inaugurato nel 2021 in un edificio del XVIII secolo che era stato mercato del grano nel contesto variopinto di Les Halles.
L’archistar Tadao Ando, dopo Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia, ha compiuto qui un altro capolavoro, riprogettando lo spazio interno che ora ospita la Pinault Collection.
Qui, dal 9 ottobre al 20 gennaio 2025 è prevista l’esposizione “Arte povera” che già si annuncia di interesse assoluto.