"Come è possibile! Il più celebre pittore francese non è francese!" esclamò lo storico Benjamin Stora, ex presidente del comitato consultivo dell’ente pubblico Palais de la Porte Dorée, in occasione dell’inaugurazione della prima versione di questa mostra, nel 2021.
A cinquant’anni dalla scomparsa, l’opera di Pablo Ruiz Picasso è studiata e raccontata attraverso la lente d’ingrandimento del suo stato di immigrato, persona rifiutata, censurata dalla Francia, la nazione che lo ha visto crescere e raggiungere il successo.
La mostra - "Picasso lo straniero" in Palazzo Reale a Milano fino al 2 febbraio 2025 - presenta più di 90 opere dell’artista, oltre a documenti, fotografie, lettere e video. Con un approccio innovativo l'esposizione apre a più riflessioni sui temi dell’accoglienza, dell’immigrazione e della relazione con gli altri - un richiamo alle contraddizioni della nostra società che ancora oggi, troppo spesso, rifiuta lo straniero, le diversità e si arrocca nella difesa di un malinteso senso identitario. Tutto questo si traduce in chiusura provinciale, paura del diverso, incapacità di dialogo, refrattarietà all’innovazione. La mostra sottolinea anche le dinamiche storiche e sociali che hanno influenzato la vita e il percorso creativo dell’artista e dell’uomo e ci invita a riscoprire Picasso sotto una nuova luce, segnato appunto dall’esperienza dell’essere straniero.
Pablo Picasso, nato nel 1881 a Malaga in Spagna, si stabilisce a Parigi nel 1904. Nonostante la Francia diventi la sua casa e la sua fama aumenti oltre i confini nazionali, l’artista non otterrà mai la cittadinanza francese: l'esposizione segue la sua vita artistica e politica per raccontare come abbia plasmato la propria identità vivendo nella difficile condizione di immigrato.
Su Picasso è stato scritto tutto o quasi. Uno degli artisti più importanti del Novecento, un genio indiscusso la cui influenza ha segnato in modo indelebile la storia dell’arte e della cultura europea e mondiale. Forse nessun altro artista ha suscitato tanti dibattiti, controversie, passioni. La mostra vuole porre in evidenza i molti ostacoli che il giovane genio ha dovuto affrontare quando è arrivato diciottenne a Parigi per la prima volta, nel 1900, senza parlare una parola di francese.
Nel 1901 viene schedato per sbaglio - con il numero 74.664 - come anarchico sottoposto a sorveglianza speciale, prima ancora di stabilirsi definitivamente a Parigi nel 1904, dove si affermerà come leader dell’avanguardia cubista.
Nel 1929 il Louvre rifiuta la donazione dell’opera Les Demoiselles d’Avignon (1906-1907), nonostante il nome e le tele di Picasso siano ben note e celebrate anche fuori dei confini francesi.
Solo a partire dal 1933 Picasso entra in un museo francese e con un’opera non certo cubista ma del periodo blu.
Durante la guerra civile in Spagna, realizza Guernica (1937), l’immensa tela destinata a diventare il vessillo universale della resistenza antifascista.
Succession Picasso by SIAE 2024 - Dora Maar by Siae 2024)
Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale, commenta: “Il potere, fattuale e simbolico, che Picasso era stato in grado di raggiungere con l’eccezionalità della sua opera, gli permise anche di opporsi vittoriosamente alla pretesa del generale Francisco Franco di riportare in Spagna Guernica adducendo che l’opera fosse stata commissionata dal governo spagnolo e che di conseguenza essa fosse di proprietà della Spagna. Con il suo esempio e con la sua opera, Picasso ha concretamente dimostrato che la nazionalità non è il luogo in cui, del tutto casualmente, siamo nati ma il luogo in cui abbiamo creato, e si può ben dire che la terra natale di Picasso è la sua opera”.
Nel 1940, temendo di essere in pericolo in Francia, dove l’invasione nazista è imminente, Picasso decide di inoltrare la domanda di naturalizzazione che gli viene rifiutata; quindi compie un un passo politico attraverso l’adesione al Partito comunista francese nel 1944: "Sono sempre stato un esiliato. Ora non lo sono più", dichiarerà a 'L’Humanité' Da qui in avanti la situazione muta a suo favore: nel 1947 Georges Salles, direttore dei Musei francesi accetta da Picasso una donazione di dieci opere dichiarando, un po’ enfaticamente: "Oggi cessa finalmente il divorzio tra lo Stato e il genio". L’anno dopo vi è il completo ribaltamento della situazione: mentre nel 1901 era un anarchico sorvegliato, nel 1948 al maestro è riconosciuto lo status di "residente privilegiato". Non era dunque Picasso a essere divenuto francese ma era la Francia a essere diventata picassiana, come inconfutabilmente dimostra l’introduzione della cosiddetta legge sulla "dation" voluta da Malraux, che consentirà di inaugurare nel 1985 il Musée national Picasso-Paris.
Nel 1955, quando Picasso lascia Parigi per stabilirsi nel sud della Francia, sceglie di lavorare con gli artigiani del posto, voltando le spalle alla città; decide insomma di immergersi nel mondo mediterraneo, nel sincretismo originario delle sue molteplici identità.
Infine, ci si chiede come Picasso abbia potuto imporre le sue rivoluzioni estetiche in un secolo caratterizzato da grandi turbolenze politiche e nazionalismi di ogni specie.
Il percorso espositivo si snoda in ordine cronologico, dal 1900 al 1973, e le opere selezionate sono testimonianza della sua travagliata condizione di esule e di straniero in Francia, una esperienza che ha influenzato radicalmente la sua pratica artistica.
Nel dipinto 'La lettura della lettera' (1921), ad esempio, Picasso rappresenta sé stesso accanto a un amico, che potrebbe essere il poeta Guillaume Apollinaire o il poeta Max Jacob, oppure Georges Braque: ma ciò che i critici annotano è l’importanza che l’artista attribuisce ai legami e alle amicizie che ha costruito nel corso degli anni, proprio a causa della fragilità della sua condizione di straniero.
Succession Picasso by SIAE 2024)
Tra le oltre quaranta opere esposte per la prima volta in Italia - tra dipinti, disegni, sculture - colpisce una piccola gouache - 'Gruppo di donne' del 1901: Picasso nei primi mesi a Parigi lavora moltissimo, eseguendo a tempo di record sessantaquattro opere che ci pongono di fronte a personaggi sconcertanti, ritratti con colori violenti, con ampi tocchi di rosso che spiccano come ferite. È il popolino di Parigi osservato nei bassifondi della città, nei caffè e nelle stradine di Montmartre, insieme al gruppo accogliente dei catalani nel quale si era ben inserito.
Queste appassionanti vicende caratterizzate da una evidente interdisciplinarità sono frutto della notevole ricerca di Annie Cohen-Solal e oggetto della mostra tra storia sociale, economica e politica, con al centro, naturalmente, l’opera dell'artista.
Annie Cohen-Solal - autrice di “Picasso. Una vita da straniero” e curatrice scientifica del progetto espositivo - racconta: “Guardato con sospetto come straniero, uomo di sinistra, artista d’avanguardia, Picasso si destreggia con abilità e acume politico in un paese che poggia su due grandi istituzioni: la police des étrangers e l’Académie des beaux-arts, che tutelano ossessivamente la 'purezza della nazione' e il 'buon gusto francese'. Nella mia ricerca appare costantemente l’immagine di un Picasso vulnerabile e precario, perché sapeva di poter essere espulso in qualsiasi momento. Tuttavia, seppe navigare da grande stratega contro la xenofobia diffusa. Senza mai esporre pubblicamente i suoi problemi con le autorità francesi, riuscì, a seconda delle circostanze, a navigare mirabilmente in questi travagliati periodi storici, lasciando che il suo lavoro parlasse da solo”
Cécile Debray, Presidente del Musée national Picasso-Paris, curatrice della mostra, aggiunge: "L’arte spazza dalla nostra anima la polvere della quotidianità, amava sostenere Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno Maria de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz Picasso, altrimenti noto come Pablo Picasso. Curioso che il genio dell’arte del Novecento parlasse di 'quotidianità', perché questa interessante e originale mostra, Picasso lo straniero, indaga segreti della storia della sua vita ancora da raccontare, quella dell’artista di successo al quale fu rifiutata la naturalizzazione francese e che viveva 'quotidianamente' temendo di essere espulso dalla Francia, sua terra d’elezione fin dai diciannove anni, nonostante le forti radici nella tradizione iberica, sua patria di origine. Annie Cohen-Solal ha trovato documenti che dimostrano come la polizia francese tenesse sotto controllo l’artista spagnolo. Eppure, la situazione esistenziale di Picasso, straniero in Francia, ha così tanto condizionato la sua opera artistica che, appunto, anche questo stato di straniero fu il motore della sua creatività. Libero, indecifrabile, incontrollabile, cosmopolita, disinvolto nella gestione dei rapporti di lavoro e disinvolto nella vita privata, nella sua arte ha rimodellato i canoni estetici di riferimento, attraverso la scomposizione dei volumi ha tracciato nuove strade ardite e irripetibili. Le cose nuove non nascono dal bello, diceva ai severi amici e sostenitori che si mostravano molto critici davanti a 'Les Demoiselles d’Avignon', ancora oggi considerata l’opera manifesto del cubismo. Dopo Picasso tutto si è trasformato e l’intera arte contemporanea ha verso di lui un grande debito".
A Palazzo Te di Mantova è già aperta, fino al 6
gennaio 2025, un'altra mostra - “Picasso a Palazzo Te.
Poesia e salvezza”, in dialogo con
gli affreschi di Giulio Romano, che presenta circa 50 opere del Maestro simbolo del
Novecento, tra disegni, documenti,sculture e dipinti, alcuni eccezionalmente
esposti in Italia per la prima volta.
Entrambi i progetti nascono dalla collaborazione
con il Musèe Nationale Picasso-Paris (MNPP)e sono
curati da Annie Cohen-Solal. La mostra si avvale
anche della curatela speciale di Cécile Debray,
presidente del MNPP.
Con il biglietto di ingresso della mostra a
Milano i visitatori potranno accedere alla mostra di
Mantova con il biglietto ridotto e viceversa.