PERSIA
IMPERI E GLORIA

L'autista non trovava l'hotel e ci siamo arrivati alle 06.25, avevo dormito un'ora sul volo Roma Istanbul e un'ora e mezza tra la Turchia e qui. No problem e ho un certo appetito ma il mondo va guardato e perciò aspetto affamata che aprano la sala colazione al sesto piano. L'hotel ha specchi bellissimi, in cui non ti puoi guardare perché si compongono di tanti pezzi luminosi e poi ci sono stucchi piuttosto lascivi sui soffitti, la carta da parati è luccicosa e nell'insieme il solito gusto un po' esagerato dell'oriente. Teheran è piuttosto sfasciata, cantieri che sembrano abbandonati, automobili così così e sembra piuttosto inquinata. Tanti anni di embargo lasciano il segno. E dire che stanno letteralmente appoggiati sul petrolio, voglio cercare di capire quanto costa la benzina.

Dall'aeroporto a qui ho pagato un milione e mezzo di rial, quasi 20 euro, il tassista guidando mi ha fatto un ottimo caffè e poi, sempre al volante, pregava con il palmo della mano rivolto verso l'alto... Si è fatto giorno, chissà se ha fatto in tempo a mangiare qualcosa. Adesso mi lavo la faccia, mi rimetto in sesto, vado a mangiare e spazzolo tutto quello che trovo. Hamed in macchina mi ha raccontato le prime cose: qui la scuola è gratuita per tutti, con un euro e mezzo fai il pieno di benzina (se hai la macchina a gas ci vogliono 70 centesimi), abbiamo pranzato con 6 euro ciascuno. La gente va in pensione dopo 30 anni di lavoro e vige la possibilità di riscattare la laurea... Se vuoi a 48 anni sei fuori con la retribuzione intera. Miracoli energetici e il velo non è poi fastidioso, mi sembra un prezzo che vale la candela.


(Yazd - foto S.H. Rashedi © ICHHTO Unesco)


Città di Yazd, nel parcheggio dell' hotel sono stati visti due sciacalli, forse dorati. Ciò mi preoccupa, in questo paese sconsigliato caldamente dal ministero degli Esteri di sicuro non pensano che una signora di una certa età possa finire mangiata da un paio di canidi, benché aurei. Li temo perché il detto "Gallina vecchia fa buon brodo" è internazionale e nel mio caso c'è anche una questione onomastica. Domani mi comprerò una palandrana perché sto soffrendo un caldo boia, ho portato pantaloni neri e lunghi, larghi maglioni scuri... Un disastro. Mi ci squaglio dentro tutto il giorno. Domani comprerò anche altra crema alle rose per mia figlia, un collirio per gli occhi che in Italia costa 18 € e qui neanche uno e una tenda meravigliosa con le nappine colorate... Poi comprerò una borsa per mettercele dentro e avrò più posto per stivare la frutta secca.

Yazd, secondo giorno. Ho imparato a mettere il velo e ci sto proprio bene. Oggi grande spedizione al mercato e mi comprerei anche una vetrata policroma. La giornata inizia alle torri del silenzio, i cimiteri degli Zoroastroiani che sono, come vuole il dogma, fuori città. Una terra rossa e polverosa e due enormi torri cilindriche appoggiate sopra a due colline. Alla base piccole e medie costruzioni che servivano ad ospitare per i due o tre giorni previsti i parenti del morto che lo accompagnavano nel suo ultimo viaggio; ogni paese o villaggio dove veniva praticato quel culto aveva il suo serraglio, come se noi vicino al Verano avessimo la casa per quelli di Frosinone o l'hotel per i viterbesi. Visto che i quattro elementi non devono essere assolutamente contaminati il corpo del morto andava esposto agli animali lassù sui bordi del cilindro affinché gli corvi e sciacalli se li mangiassero. Dopo qualche settimana le ossa residue venivano spinte giù nel grosso buco scavato al centro. Una specie di alto cratere artificiale e una cerimonia lunga e complessa che ha avuto termine da una cinquantina d'anni; il Governo ha deciso che era un po' antigienico baloccarsi con morti, ossa, corvi e animali vari e, li accanto, ha concesso un cimitero in cui le salme finiscono più prosaicamente in una cassa di cemento.


(La città storica di Yazd - foto Mohammad Hosseini © ICHHTO Unesco)


A pranzo ho preso un dessert di sesamo che non mi piace, troppo dolce ma non ho fatto in tempo a lavarmi i denti perché Hamed marcia come un treno giapponese e bisognava andare a vedere un paio di cose a sud. La strada si snoda vicino a montagne aguzze come le Alpi perché sono Alpi anch'esse, blu, sfumate fino al viola e grigie neanche le avesse colorate un acquarellista giapponese, mentre i camionisti fanno i pazzi ed io ripenso alla bambina, bellissima, che in un bagno del mercato mi ha aiutato a sciacquarmi le mani. Me le ero insaponate e non trovavo il modo per fare uscire l'acqua, con la coda dell'occhio vedo la minuscola avvicinarsi e ticchete mette quel piedino sotto al lavandino e l'acqua parte. La guardo e non so chi delle due avesse il sorriso più grande, le ho detto grazie tesoro in italiano e subito dopo merse che è l'unica cosa che so dire oltre a salaam...Era una ciliegina, una piccola farfalla colorata e gentile (tutti sono gentili, qui. Quando sentono che sono italiana sorridono ancora più convinti perché di conterranei non ne vedono mai).

Il Castello al tramonto somiglia vagamente a una fortezza angioina però non ospitava scrivani o cappelle, serviva a stipare il grano e le spezie sulla Via appunto Delle Spezie. Roba preziosa e deperibile, canali, complessi sistemi di aerazione e alloggi per un centinaio di persone che lavoravano in quella che viene definita la prima banca della Persia e che, in caso di attacco, davano ricovero ai contadini e ai mercanti della zona. Il villaggio accanto è dotato di un osservatorio astronomico, di un caravanserraglio tutto di fango e paglia (perfettamente nonché inutilmente restaurato visto che non c'era nessuno a parte noi due) e di uno sciacallo dorato grande e bellissimo che ci osservava dal marciapiede curioso e attento, neanche fossimo noi gli animali esotici.

Monumenti secolari, culti plurisecolari, luoghi millenari dell'impero che fu di Ciro il Grande e di Dario, di Alessandro Magno e di Avicenna e la gente non ci viene, è pazzesco. Secondo me è una follia dettata "dall' ignoranza che si mangia l'anima" come dice il proverbio tedesco che amo molto. Oggi via a duemila metri, scavalcheremo le montagne per entrare in Persia; un'altra capitale. Qui tra dinastie persiane, invasioni turche, guerre, spodestamenti, città estive, invernali e dominazioni varie ho perso il conto delle capitali. Persepolis, ma prima la Tomba di Ciro il Grande. Stamattina ho inviato una mail al Consolato per dire che va tutto benissimo, che la gente sorride gentile e che quando sentono che sono italiana sorridono di più. Le mie scarpe sono piene di polvere gialla perché sia le tombe degli Achemenidi che le rovine di Persepolis vi erano immerse. A scavare qui furono francesi e tedeschi, Robert Byron ne menziona un paio, gente giustamente gelosa di quello che andava scoprendo e decifrando, cercavano persino di impedirgli di fotografare. Archeologi che ogni settimana, ogni mese erano più incantati. Ed è davvero una cosa straordinaria anche per chi come me ha visto la Grecia, abita a Roma ed ha gli etruschi come vicini...


(La fortezza di Saryazd)


I bassorilievi delle processioni, quelli sono la cosa che mi ha colpito di più. Ho visto qualcosa di simile a Vienna perché quando c'era l'impero austroungarico molti popoli, tanta gente diversa ne faceva parte, e nel Palazzo d'Estate ci sono tanti pupazzi coi costumi tradizionali. Dagli ungheresi con le pellicce sulle spalle ai milanesi in marsina. Questi, 400 anni avanti Cristo venivano da ogni Satrapia, una volta all'anno, a Capodanno, a portare i doni al loro sovrano. In fila, scolpiti, notabili dall'India coi tessuti preziosi, i greci con le lane... Gli egizi con cammello e i Medi col dromedario. I Parti che non mi ricordo cosa portavano. Dalle aree più lontane ci mettevano sei mesi per arrivare e poi sei per tornare; avanti e indietro tutto l'anno. I doni erano simbolici, ciotole di profumi e coriandolo, pezze di lane più soffici dal nord, tra gli omaggi non c'erano mai schiavi perché la schiavitù era stata abolita un secolo prima, da Ciro. La schiavitù abolita, proprio come nei campi napoletani dove i neri raccolgono i pomodori o le manifatture a Prato dove gli imprenditori cinesi sfruttano i pakistani. Che vergogna. Siamo barbari senza giustificazioni.

Shiraz. Si va al bazaar, dopo l'insuccesso della palandrana che ho macchiato di olio ed ho scoperto strappata in fondo, non ho comprato altro che un paio di scarpe. Solo due volte in vita mia ho sbagliato così tanto la valigia: un inverno ad Istanbul faceva tanto freddo che mio marito ed io siamo volati giù a Smirne e adesso ho portato pantaloni invernali, neri, lunghi e larghi, magliette nere con le maniche lunghe... Mi sciolgo tutto il giorno e Hamed sorride. Il palazzo del Governatore ha una terrazza coperta che è un trionfo di specchi. Si dice arrivarono così tutti sfracellati da Venezia e loro, prima di imparare a farseli da soli, li utilizzarono in questo modo, facendone mosaici. La Moschea Rosa era privata, aperta solo al suo quartiere dal mecenate che l'aveva offerta, i persiani pagano 30 centesimi, noi 5 euro; giusto. Oggi nella meravigliosa Shiraz ho visto un serraglio dentro al bazaar, perché qui entravano solo mercanti e merce... Quarantena fatta, animali fuori, i commercianti entravano al bazaar coi loro cesti di boccioli di rose, con le spezie, i tappeti e i gioielli. Alcune merci arrivavano da posti lontani, come me che sono una dei pochi turisti in circolazione, oggetto di simpatico interesse.


(Shiraz, la Moschea rosa al tramonto - foto Ramin Rahmani Nejad Asil)


Tutti conoscono l'Italia e Roma, tutti vorrebbero fare un viaggio da quelle parti e due giorni fa su un banco ho visto un piccolo magnete di Pinocchio. Il Pinocchio di Collodi sotto a un minareto; non c'è da stupirsi, il mio professore di Geografia all'università aveva trovato quel libro in una riserva di aborigeni australiani. Anche noi siamo stati laggiù in una riserva e credo di non avere mai visto ragazzini così aggressivi, correvano per il villaggio con un'enorme radio che gracchiava non so che musica orrenda e uno mi si avvicinò minaccioso pretendendo di vedere dal mio telefono se gli avessi scattato una foto, forse sniffavano colla come i piccoli delle favelas brasiliane e per fortuna quella volta fui abbastanza svelta a negare mostrandogli il penultimo scatto che ritraeva mio marito. Poi la foto l'ho comunque cancellata, era triste per me che mi illudevo di viaggiare come Chatwin sulla via dei canti. Ho finalmente trovato un vestito bianco e nero, lungo e largo, con le maniche fino ai polsi: lo terrò addosso fino a che non salirò sull'aereo per Istanbul.


(La tomba del poeta Hafez - foto di Behdad Khosoor)


Ieri sera sul Roof garden dell'hotel ho chiacchierato con una giovane insegnante di inglese di Teheran che è in viaggio da sola qui al sud. Mi ha detto che la città più bella è Isfahan, l'ultima che vedrò, e che lei mette il velo solo se sta al lavoro o va in Moschea. Il 30% delle donne nelle città non lo indossa più ad eccezione dei luoghi più religiosi come Qom. Oggi ho visto la tomba memoriale del poeta Hafez, considerato il Dante persiano... Il solito giardino meraviglioso e fuori i ragazzini col pappagallo che col becco tira fuori un foglietto con
un verso del poeta... Tu formuli una domanda dentro di te e lì trovi la risposta, come i Ching o quell'altro sistema divinatorio che non ricordo, forse erano le Rune. Tutti, ovunque, cercano le risposte, dev’essere per questo che si inventano le religioni e i maghi.Questa operazione si può fare anche aprendo il libro delle sue poesie, leggi il primo verso di Hafez che trovi e sai; e tale è la mia credenza nelle tecniche divinatorie che non ricordo neanche la domanda mentale che ho formulato. La mia guida indomabile mi ha poi condotto in una moschea cimitero nel cui cortile si camminava sulle lapidi, neanche fossimo a Todi. Sono entrata paludata (sempre, se è un mausoleo) e ho visto il sacello del fratello del Secondo Santo che dorme il suo sonno eterno sotto una volta costellata di specchi. Questi mosaici scintillanti, meravigliosi, a cui non riesco ad abituarmi.

Shiraz, venerdì sera. Il muezzin chiama alla preghiera e sono ascesa al Roof garden perché mi serve un altro caffè. Eccoli, entra una famiglia ed io so che sono uzbeki perché padre e figlio hanno la testa piatta dietro. (io non ci credevo, ma quando in autunno sono stata in Uzbekistan mia cognata, che vive lì, mi ha descritto la pratica e mi ha mostrato, sulla strada accanto al mercato principale di Tashkent i lettini dove dormono, legno piatto e duro con un buco in corrispondenza del sederino). Alcuni lo fanno ancora oggi. La madre è bellissima e la figlia lo sarà; spero che tra qualche anno non si adegui alla moda che le iraniche condividono con le russe e che io chiamo CEC, Chirurgia Estetica Convergente in virtù della quale: 1) riempiti gli zigomi, 2) tirati gli occhi, 3) tatuati i sopracciglioni, 4) riempite le labbra, 5) laminate le ciglia... So' tutte uguali. Convergono.


(Bassorilievo a Persepoli - foto di Anatoly Terentiev


Quassù c'è la luna piena, la luna a metà del Ramadan, ha anche un nome impronunciabile e sui tetti della città vecchia è maestosa, irripetibile. Oggi pomeriggio nel bazaar la mia guida si è fatta un sacco di risate. Mi ero fermata a prendere una bambolina ed ho visto dei magnifici cappelli di feltro mi ricordavano quelli dei bassorilievi di Persepolis e più ne provavo più lui e la signora che me li passava ridevano; innanzitutto perché erano tutti piccoli e poi perché erano tutti da uomo. Insomma cappelli belli e impossibili per cui, alla fine, siccome mi vergognavo di aver fatto perdere così tanto tempo alla venditrice, ho comprato un paio di strane scarpe all'uncinetto e bevuto una bevanda a base di acqua di Ruta Sinaca, zafferano, due tipi di acqua di rose, semi di basilico, sciroppo, acqua di arance e di cicoria.

Dopo cena facciamo un giro a piedi e vediamo il castello di Shiraz, che ha un bastione inclinato, pende da un lato tipo torre di Pisa per colpa di un bagno che ci avevano fatto dentro... Troppa acqua, troppo peso e giù come la zampona di un elefante che si sta piegando. Hamed l'indomabile nella stessa passeggiata mi ha portato a vedere una moschea che fu oggetto di grande malagrazia da parte dei Sunniti e l'arco del Corano che ha 500 anni ma ne dimostra tre perché l'hanno rifatto tutto e sembra una scatola di formaggini vuota.

Peccato, troppo leccatino per i miei gusti. E dire che un tempo, in cima alla volta, ospitava una copia del libro sacro e le carovane che entravano in città ci passavano sotto per essere benedette. Il giardino moderno lì accanto è costituito da muretti digradanti illuminati in modo suggestivo, accanto ai quali c'erano delle persone, gruppi di amici o famigliole, che si cuocevano kebab o fumavano il narghilè con gli stereo a palla e proprio accanto all'arco c'era pure una tenda di quelle moderne, da campeggio... "Arriva il Capodanno e gli alberghi sono tutti pieni. Le autorità permettono a chi arriva anche di accamparsi come e dove può". Cioè sarebbe come se a Roma uno si potesse parcheggiare in sacco a pelo sotto alla Colonna Traiana.


(Shiraz, il bastione inclinato)


Eccoci, ultima tappa, siamo ad Isfahan, la Firenze persiana. Il ponte maestoso si allunga pigro e inutile sul letto di un fiume che non c'è più. Mi ha detto Hamed che la siccità divora gli spazi urbani al di fuori delle piccole aree che sono ancora servite dai quanat; è già allarme per la prossima estate nella capitale, pare di stare in Sicilia. Mi ha detto scandalizzato che nel quartiere di sua suocera danno acqua sette ore al giorno e gli ho risposto che ad Agrigento stanno così da anni, solo che di acqua ne hanno due ore alla volta. Per arrivare qui abbiamo scavalcato i monti Zagros per l'ultima volta e siamo arrivati nella città in cui ho visto una giovane donna scendere - col casco sopra al velo - da un motorino. Come al solito ho mangiato troppo (il ristorante, neanche a dirlo, era bellissimo, ricavato nella ricca casa del quartiere armeno dove un suo amico simpatico ha un incredibile negozio di tappeti in cui si incrociano lane, colori, sete, geografia, nomadi e racconti). I tappeti sono un mondo.


(Una moschea a Isfahan)


Isfahan, secondo giorno. Il Direttore dell'hotel "un gran bell'uomo brizzolato", come avrebbe detto mia nonna, mi ha cantato Bella Ciao; un modo interessante per iniziare la giornata. Dice che la presenza di un'europea gli mette allegria, sono due anni e mezzo che se ne vedono ben pochi. Quasi nessuno. Perciò viva me e la meravigliosa californiana che ho conosciuto. Ieri sera, visto che Hamed ed io siamo gente senza scrupoli, abbiamo mangiato la pizza... Inquietante. Lui ci ha messo pure sopra il ketchup e io l'avrei picchiato ma non posso perché è grande e grosso e dipendo da lui, da sola non potrei nemmeno attraversare la strada... Non in senso metaforico, proprio non saprei. I semafori e le strisce pedonali non esistono, lui mi afferra per la manica della giacca, a metà della strada mi acchiappa dall'altra parte e via... Io ormai non ci guardo più, ho troppa paura. Chissà come farà quando di persone ne guida 15 o 18: misteri della circolazione pedonale iraniana.


(Ponte Kajoo ad Isfahan, adesso sul fiume asciutto)


Al tramonto eravamo nella seconda piazza più grande del mondo, ha 500 anni e quando vennero gli inglesi ci giocavano a Polo. Sui lati lunghi (mezzo chilometro): il palazzo del re dalla cui terrazza - tutta di legni preziosi - il sovrano si affacciava per seguire le partite Persia/Inghilterra e di fronte la sua Moschea privata, che ha una cupola incredibile, azzurro e viola. Sui lati corti l' ingresso principale del bazaar e una Moschea blu e celeste.

Al ponte famoso, quello delle 33 Arcate, mi ci ha portato attraversando gente festosa, intere famiglie, gruppi di ragazze allegre coi veli un po' di traverso... Tutti contenti di poter mangiare in strada e nei locali aspettano la festa più importante dell'anno. Ovunque le aiuole sono state riempite di fiori che profumano di notte, era sera e già profumavano dolcemente. Rosa, rossi, viola crescono su' come spighe cicciotte negli spartitraffico, nelle bordure dei viali lunghissimi e pedonali (per fortuna!). Il fiume non scorre più, il letto è asciutto rinsecchito e quest'anno non apriranno inutilmente la diga, è al minimo anche lei. Al ritorno ho ascoltato un coro di voci bianche cantare un brano tradizionale, erano molto seri ed eleganti.


(Piazza Naqsh-e Jahan a Isfahan, una delle più grandi del mondo)


Ultimo giorno a Isfahan. L'acqua di rosa canina è buona e fresca come la simpatica Nourin, un'amica di Hamed che ci ha raggiunto a pranzo. Ha studiato design a Perugia e parla piuttosto bene l'italiano. Il pranzo stavolta è stato più umano, riso, lenticchie e una specie di datteri cotti insieme che a dirlo così non si capisce quanto è buono, peccato che ci hanno servito un caffè terribile, né lei né io siamo riuscite a finirlo mentre Hamed il furbacchione si è preso un the.

Ieri ho comprato una borsa nera, grande, di plastica in cui ho stipato l'enorme quantità di cose che ho preso, chiunque è stato qui e/o spero ci verrà, se ne renderà conto. Il primo giorno avevo compreso perché i veli giusti hanno le nappine cosi se ne stanno più fermi, perciò subito, a Kashan ne ho presi due, belli, ma così belli che non li ho messi per regalarli alle mie figlie. Anche qui si trovano cose cinesi, roba pervasiva, brutta e tutta uguale che però compare raramente nei mercati e nei negozi. Tra le tante cose che porterò via ci sono dei sottobicchieri fatti al telaio cogli animali che compaiono nei tappeti e che sono destinati alla figlia minore che sta' per mettere sù casa. Sono deliziosi. Ho seguito un'interessante lezione sullo zafferano; ne esistono 5 tipi e i primi due hanno uso medicinale, poi ce n'è un tipo per fare una bevanda, un infuso caldo, servito in piccoli bicchieri. Allo zafferano si aggiungono cardamomo, l'ineludibile succo di rosa e zucchero. Anche con questo non si deve esagerare; io ho più modestamente acquistato quello da cucinare.


(Zafferano)


Prima, passeggiando nella Piazza Immensa, mi ero fermata a guardare un contenitore da cui spuntava un cono di quelle che mi sembravano sabbie colorate... il venditore era un vecchio bellissimo coi riccioli bianchi che sbucavano fuori dal turbante. Hamed mi ha spiegato che sono le Sette Spezie, il vecchio bellissimo ne ha grattate giù un sacchetto e li metterò su carne, pesce e riso, in piccole quantità. Siccome tutto ciò sembrava non bastasse, Hamed mi ha portato a vedere le torri dei piccioni a Houyeh - nome ebraico - sono a pochi km da Isfahan. Incredibili fabbriche di guano in funzione fino a cento anni fa, maestosa e perfetta ho visitato una torre che è stata restaurata anche con fondi italiani. Sto per lasciare un paese incantevole, bloccato dalla stupidità degli uomini.

Ultimo giorno. Partiti da Isfahan dove fa un caldo di pazzi, 25 gradi, so che in questo momento a Roma ne fanno 7, la guida guida con mano sicura una freccia sull’autostrada che scorre tra le montagne. Ci fermiamo in un caravanserraglio moderno, c'è tutto quello che c'era allora, rifornimento per le auto/cammelli, cibo, un minareto, gadget, roba discutibile, perlopiù giocattoli e pistole ad aria cinesi e souvenir e caffè espresso che, meno male, si trova ovunque. Impavidi, indomiti si riparte verso l'aeroporto ed eccolo là, sulla destra andando a nord, un enorme lago salato che riflette il sole e mi fa pensare all' "Incudine di Dio”. Qui sono lontani dal mare, consumano sale raffinato, integrato con iodio (neanche sempre vista l'enorme quantità di luce che c’è). C’è traffico, in occasione della festa del Primo Giorno tutti si muovono verso le case dei parenti e un amico di Hamed mi manda un video dalle foreste ircane del nord sul bordo del Caspio, sono riconosciute patrimonio dell'umanità. La prossima volta ci vorrei andare, vorrei che venissero con me tanti amici cari a vedere questi posti.


(Isfahan, Houyeh, la Torre dei piccioni)


Qui gli arabi collegavano l'india con la Grecia e noi chiamiamo arabi i numeri che arrivano da lì. In questa cerniera dell’Asia la Siberia , il Katai e la penisola arabica si incontrano nelle volte tendate dei palazzi, negli occhi a mandorla degli affreschi. Vorrei che conoscessero un paio di ragazzini, quella che a Persepolis mi chiese il permesso di fare un po' di conversazione in inglese e quello che ho trovato in ascensore, un'ometto compito che mi parlava rispettoso e che ho portato alla reception... Si era perso la sala ristorante e i genitori. Mi disse mersi con una piccola mano sul petto - da noi i ragazzini sotto ai 12 anni non possono prendere l'ascensore da soli: "Paese che vai, usanza che trovi". Per finire vorrei dire a tutti che questo è un paese in cui ti senti più al sicuro che alla stazione Termini e agli amici iraniani di tenere duro perché tutto passa, tutto si cancella, tutto cambia.

E poi si torna a casa, io sono sempre contenta di partire e sempre contenta quando torno. In aeroporto mi sono seduta vicino ad un ragazzo che sembrava affetto da una malattia orribile e invece ha fatto solo un trapianto di capelli. Tutte crosticine schifose da cui sbucano pelucchi e un bavaglio che gli blocca la mascella. Magari se fa le boccacce esplode qualche follicolo.... Ne ho viste tante di facce tumefatte e rifatte ma i capelli non li avevo visti, così da vicino poi. Sansone perse tutto quando Dalila gli tagliò i capelli, è chiaro che ci tengono ma che sofferenza e che impressione. Yul Brinner, Marlon Brando e - nel suo piccolo - il Commissario Montalbano a nulla valsero. E nemmeno Paloma Picasso. Due coppie di amici, italiani, in fila al fate sono andati tutti in gita perché una di loro si è rifatta il naso... Rifletto: dove ha sede il fascino di una persona? Denti sani, direi, un bel sorriso che si apre spesso? Non è che sembri troppo ilare e un po' scema? Spalle larghe e collo taurino, un insicuro fissato con la palestra? I capelli, quelli contano ma allora la Hepburn in vacanze Romane e Demi Moore in Ghost? Misteri che mi attanagliano insieme alla fame in questa grigia mattina turca in cui il gate non si apre ed ho appena rivisto che sulla mia carta d'imbarco non c'è traccia della "Valigia della Mecca" che contiene tutti i gadget che ho comprato. Non volevo irritare l'iraniano al check in e adesso Porcaput***** se a Roma non la trovo faccio un macello.

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