Dicono che il periodo migliore per visitare Miami sia marzo-aprile. Considerando che gli uragani tropicali colpiscono solitamente attorno a maggio, ho accettato un invito di amici a venire in visita, evitando il rischio di qualche brutta esperienza. Da noi, anche con una giornata particolarmente calda, è insolito che a inizio aprile mi butti in acqua per un bagno. Con temperature che ormai sfiorano i 30 gradi, le acque sia dell’Atlantico che del Golfo dell’America (ex Golfo del Messico) sono già tiepide ed invitanti, per cui non ho resistito all’idea di trascorrere una giornata al mare.
Per certi versi il litorale di Miami non è diverso dal nostro, per altri è molto diverso, anzi, molto ma molto diverso. Non pensate ai villini liberty delle coste toscane o ai villaggi dei pescatori delle coste liguri. Qui le case ci sono, ma sono grattacieli di 40-50 piani con vetrate antisfondamento e balconi stretti su cui è assolutamente vietato lasciare arredi vari, che durante la stagione degli uragani possono, come dire, prendere il volo.
Ovviamente non trovi nemmeno asciugamani stesi o cani lasciati ad abbaiare a ogni auto che passa.

Lo “skyline” di Miami è quello americano: grattacieli di ogni altezza e forma. Là dove ci sono edifici bassi (di appena 10 piani) state tranquilli che prima o poi saranno demoliti e sostituiti da altri più alti. Alla faccia delle nostre Soprintendenze e Piani Regolatori. E se poi qualcuno di questi dovesse crollare per l’erosione causata dalle acque marine (98 morti in un caso del 2021) nessun problema: ogni condominio è obbligato a costituire un fondo cassa comune da destinare ad interventi di restauro o ristrutturazione dell’edificio nel caso che le verifiche comunali quinquennali obbligatorie li richiedano.
Se arrivi prima delle 10, parcheggi facilmente e paghi ancora più facilmente (una caratteristica diffusa qui negli USA, dove i tempi delle transazioni sono quasi immediati). Due ore di parcheggio, quasi 9 dollari.
Ovviamente, senza parcheggiatori abusivi.

Tra i grattacieli trovi sempre un passaggio di accesso alle chilometriche spiagge. Ogni grattacielo possiede un pezzo di spiaggia, con tanto di scritta “proprietà privata”, destinato ai propri condomini: un’area ben tenuta e arredata su cui, comunque, è concesso il passaggio, e che, però, arriva fino a una trentina di metri dalla battigia. Il resto della spiaggia rimane pubblica e di tutti.
Ovviamente, non si paga e puoi portarti sdraio, ombrelloni e panini.
Messi i piedi sulla sabbia, non puoi non notare la finezza dei granelli. Una sabbia diversa dalla nostra tipica di provenienza africana, formata dall’erosione millenaria (meglio dire milionaria) di molluschi, coralli e altri organismi che le acque hanno portato in riva. Cammini su un tappeto di mezze conchiglie, chele di granchi e tocchi di scogli porosi staccatosi nel tempo. Purtroppo, può capitare che calpesti anche ritagli di buste di plastica, la cui provenienza, visto dove si trova Miami, potrebbe essere persino la lontana Angola. Ah, saperlo.
Alle nove, su un palo della torre di controllo, era già stata issata la bandiera rossa. Il vento dei giorni passati aveva un po' mosso il mare e le onde erano di circa 1,5 metri di altezza. A preoccupare era soprattutto la massa di acqua in movimento (parliamo dell’Atlantico!) e il cosiddetto “Rip Current” una corrente pericolosa, studiata da scienziati marini a partire dagli anni ’20 (del 1900) che non porta a fondo ma trascina al largo. Un cartello, ben in vista all’ingresso alla spiaggia, avverte cosa fare nel caso ci si trovi nel mezzo di un risucchio: nuotare in parallelo alla riva per uscire dalla corrente e poi nuotare verso la riva, o, eventualmente, aspettare l’arrivo di un bagnino.

Che, guarda caso, c'è, ed è uno di quelli che conosciamo dai telefilm “Baywatch”. Quei tipi forzuti, abbronzati, capelli da militare con addominali pronunciati, bicipiti gonfi, torso a “V” e con gli occhiali da cattivo, che eroicamente e senza esitazione si tuffano, sfidando la malasorte, e ti salvano.
Ovviamente dotati di moto d’acqua e non un classico pattino di legno, anni ’60.
Il giorno della nostra visita, erano in due. A prima vista mi ricordavano i ragazzi del servizio di leva, comandati a ripulire lo stabilimento militare dalla sabbia sparsa dai bagnanti del giorno prima. Sistemata l’area di competenza, erano in posizione da salvataggio, binocolo in collo e pronti a ogni evenienza. In mare, però, non c’era nessuno. Non con la bandiera rossa.
Sul lato opposto della penisola della Florida, quello che affaccia sul golfo, un villaggio dal nome curioso attira orde di turisti e pensionati benestanti: Naples.
L’America è ricca di città con nomi (tradotti o alterati) di località di altri paesi. “New” York viene da York (Gran Bretagna), Naples da Napoli. Nello stato della Georgia si trova Rome, nell’Alabama trovi Florence e nell’Ohio Milan.
Dubito che queste curiose circostanze ci daranno qualche vantaggio nelle trattative sui dazi con l’attuale presidenza Trump.

Naples è una specie di Portofino. Le auto che si incrociano hanno un listino da $100.000 in su. Il parcheggio si trova facilmente, specie se ti affidi a un “Valet Parking” che ogni ristorante che si rispetti offre. Uno di quei parcheggi dove lanci le chiavi della tua Ferrari a un ragazzo che, con spavalda sicurezza di sé, ti porta via l’auto mentre tu ,con altrettanta spavalda sicurezza, accompagni la tua amata al bar del ristorante: fermata obbligatoria prima di sedersi al tavolo e dove ti spillano i primi $50 per due cocktail.
Ovviamente con ricevuta, visto che dovrai indicare quanta mancia devi (obbligatoriamente) lasciare!
Nei menu trovi pietanze di ogni parte del globo. Per quei connazionali che non riescono a stare più di tre giorni senza un bel piatto di pasta, suggerisco gli “spaghetti bolognese” con “extra sauce” e “parmesan cheese”. Indimenticabili!
Arrivato il conto, non è più possibile posare con signorile nonchalance la tua carta di credito sul vassoio d’argento. Penna in mano devi indicare se applicare una mancia (suggerita) del 20%. I taccagni scelgono l’opzione del 18%, i più generosi scelgono il 22%, gli altri, forse perché non sanno fare le moltiplicazioni, aggiungono qualche centinaio di dollari e pace.
Ovviamente ti rincorrono se per caso te ne dimentichi.
Il brivido maggiore però spetta al “ferrarista” quando torna dal valletto a cui ha affidato la sua belva. Era davvero un valletto, o forse un guappo?
Siamo a Naples, paisa’!