L’altra sera, durante la presentazione di un libro cui ho partecipato, dal titolo “Non c’è che dire” e che tratta dei problemi di censura (e autocensura) sui media nel raccontare i due rimedi principali alla manipolazione del proprio pensiero mi sono lasciato andare a una affermazione dura ma credo veritiera: i professori hanno “mollato”.
Nel senso che non insegnano più. Tengono a bada i ragazzi, se ce la fanno. Ma non molto di più.
Ho visto tutti i presenti che annuivano con ampi gesti del capo. Una delle oratrici ha dissentito, contestandomi che c’è un buon 10% di professori che invece sono di valore, proseguono con un insegnamento efficace e altamente positivo.
Concordo. Ma 10%?
Quando i miei ragazzi andavano ancora al liceo, mi sono trovato di fronte ad imbarazzanti assemblee con i professori. Credo del tutto incompetenti, non solo di didattica, ma anche nella loro materia. Professori di matematica che vanno alla lavagna per spiegare concetti e teoremi, e non gli riesce la dimostrazione. Professori di inglese che scambiano i termini. Non oso pensare alle materie umanistiche…
Ora: voi obietterete, soprattutto se siete professori. Direte che no, le cose sono meno gravi di quanto sembri. Però i recenti test Invalsi (che noi facciamo al contrario, perché li imponiamo come punizione ai discenti, mentre servirebbero a valutare l’efficienza dei docenti rimbalzando di sponda dalle risposte ai test dei loro studenti) delineano un panorama sconcertante.
Ma questo le famiglie, empiricamente, lo sanno benissimo. Infatti, quando iscrivono il proprio figlio a scuola, la prima cosa che chiedono è in quale sezione ci sono i professori bravi. E lo sanno anche i presidi, che cercano di distribuire quel 10% nelle varie sezioni, in maniera da evitare un dislivello eccessivo con richieste di iscrizioni alle stelle per le sezioni buone, e la fuga da quelle cattive, con passaggio repentino ad altro istituto.
Questo crollo della pubblica istruzione è un problema grave. È un maroso che si infrange contro diversi moli, alla lunga frantumandoli.
Il primo baluardo che assaltano, queste ondate di ignoranza, è quello della democrazia.
La democrazia è un lusso. È un lusso finanziario, ma è anche un lusso culturale. Dove c’è miseria, non c’è spazio per la democrazia. Un popolo affamato e bisognoso chiede pietà, non chiede giustizia. Così come una popolazione in preda all’ignoranza subirà sempre ed inevitabilmente un forte condizionamento da parte dei mezzi di persuasione di massa. Non c’è scampo.
Siamo arrivati anche nel nostro Paese a questo punto?
Temo di sì.
Si può ― o si potrebbe ― ancora fare qualcosa?
Non lo so.
So soltanto che un Paese che non ha un livello culturale elevato non reclama più democrazia, ma meno: reclama l’uomo solo al comando, il dictator, che prende lui le decisioni per tutti, e anche per il popolo analfabeta. E si circonderà di una cerchia di accoliti, una sorta di “aristocrazia”, che in Russia chiamiamo “gli oligarchi”, delineando un paesaggio da alto medioevo. In Italia siamo abituati a chiamarlo "giglio magico", o "cerchio magico". Destra, sinistra, centro, lega, firmamento, è sempre la stessa storia
Rimedi?
Alcuni rimedi possono venire dalle nuove tecnologie, e dal loro sviluppo verso i problemi cognitivi, educativi, e di trasmissione del sapere nell’era dell’interazione e della comunicazione veloce.
Edoardo Amaldi ― uno dei più eminenti fisici teorici del secolo scorso, rettore della famosa “Scuola di Via Panisperna” ― soleva dire che se vuoi dei cavalli di razza devi tenere la biada molto alta. Dove i puledri erano i suoi studenti e la biada alta erano gli elevati e complicati studi teorici a cui venivano sottoposti.
Oggi il tempo della formazione è diventato poco.
I ragazzi passano milioni di ore guardando e toccando uno schermo da 7 pollici, chattando con la propria tribù. Non guardano più i telegiornali. Piero e Alberto Angela fanno comunicazione per anziani, per i ragazzi sono di una noia mortale.
Sicché, se vogliamo aiutare i ragazzi a irrobustire le loro capacità, occorre trovare gli strumenti giusti ed i modi anche sorprendenti per riportarli ad un livello adeguato.
Vediamo anzitutto uno dei saperi più difficili da trasferire, la matematica.
Mi sono spesso chiesto come mai la matematica venga spacciata per logica, senza che l’insegnamento e finanche le pratiche di matematica lo siano.
E vi confesso che la matematica tutto è, tranne che logica. Per come viene insegnata e per come viene praticata.
L’insegnamento della matematica viene praticato in modo quasi illogico. Spiegazioni teoriche astratte, senza poter toccare con mano i concetti astrusi (tanto per i docenti quanto per i discenti) e poi un turbine di esercizi, una valanga, in modo tale che la soluzione, ad esempio, di equazioni e problemi che comprendono i polinomi diventino quasi automatiche.
La soluzione dei problemi matematici così diventa puramente intuitiva, non ponderata e consolidata: un guizzo, una previsione, un presagio di soluzione. E se sbagliamo direzione nel corso dei calcoli, buttiamo tutto e ne prendiamo un’altra.
Ho visto alcune vignette che facevano riferimento ai “pochi passaggi ovvi” nei testi di matematica, laddove in quei testi si stanno spiegando concetti e dimostrazioni a studenti ignari della materia, che hanno bisogno di essere accompagnati passo passo, lungo la linea della logica, per verificare tutti i passaggi che portano dalla premessa alla conclusione.
Questo è lo stato, in tutto il mondo, dei testi di matematica, che dimenticano, omettono o trattano con sufficienza le esigenze di comprensione da parte degli apprendisti. Assurdo. A-logico.
Ovviamente, chi non si esercita, chi non passa decine di ore a fare e rifare esercizi, a crearsi quell’automatismo interno alla propria mente, non ce la farà mai. Ed abbiamo appena detto che i nostri ragazzi passano milioni di ore sui cellulari. E due più due fa ancora e sempre quattro, dalle nostre parti.
Che fare?
Vi segnalo uno strumento che viene incontro a grandi passi verso il pubblico che, ad ogni livello, vuole o deve acquisire conoscenze e competenze matematiche. E, nella società a alto tasso tecnologico, questa competenza è assolutamente vitale.
C’è un sito in internet che si chiama BRILLIANT.ORG.
È a pagamento, e giustamente a pagamento, perché si tratta di un gruppo di docenti che finalmente sta usando la logica, la grafica, la geometria, l’interattività, e finanche la capacità di esercitarsi gradualmente, per trasmettere la conoscenza della matematica.
È enormemente utile ai ragazzi, che finalmente possono capire visivamente (= velocemente e indelebilmente, con la giusta intuizione visiva) che cosa sono le formule matematiche, i teoremi, le dimostrazioni.
E lo possono fare interattivamente, con una sorprendente cura per la semplicità che non è certo semplificazione. Quindi ogni studente può riuscire a capire e a raffigurarsi mentalmente il “senso” di una formula matematica. Di più, può sperimentarla, può scoprirne le applicazioni nel mondo reale, può familiarizzarsi e finalmente può comprendere passo passo le tecniche di calcolo.
Perché, quando apprendi e consolidi le basi teoriche, e sai come e cosa fare, soprattutto nella ascesa dei concetti matematici, allora la materia diventa divertente, affascinante, sorprendente.
Io credo che questo sistema, o sistemi simili, immessi con forti iniezioni di didattica rinnovata nella scuola italiana, siano in grado di trasformarla. A patto che i nostri docenti abbandonino il ruolo di badanti e ricomincino anche loro a divertirsi nell’insegnare, nel trasmettere conoscenza, nel mettersi alla prova e a rischio coinvolgendo i loro studenti.
Guardate ad esempio questo video per capire fino a che punto i cocetti astratti, e talvolta astrusi, possano invece diventare compresnibili e logicamente comprovati.
Oppure questo secondo esempio su come comprendere la misurazione dei triangoli e trovarne il valore.