LINGUISTICUS.
Trasmettere
la nuvola
dei pensieri

Gli uomini si scambiano idee e pensieri attraverso il linguaggio. Per meglio dire, attraverso i linguaggi.

Uso il plurale non a caso, e non solo per far riferimento al nostro modo di esprimerci, parallelo al linguaggio orale, che usiamo normalmente quando siamo in presenza di altri esseri umani e stiamo tranquillamente conversando con loro. Mi spiego meglio.

È stato calcolato che ciò che passa attraverso le nostre parole è solo una piccola frazione del contenuto significativo di ciò che esprimiamo. Una buona parte deriva anche dalle espressioni del volto, dal tono della voce, dal movimento del nostro corpo e dai gesti che facciamo mentre stiamo parlando.

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Inoltre non sarà sfuggito a nessuno che il nostro aspetto, il nostro taglio di capelli, i vestiti che indossiamo, perfino il profumo che emaniamo (e spesso, purtroppo, il suo contrario) fanno tutti parte di quell’importantissimo universo comunicativo che entra in gioco quando due o più umani conversano fra loro. I linguisti li chiamano "tratti sovrasegmentali". Citare il grande Tullio De Mauro qui è d'obbligo, e quindi concedetemelo.

Faccio solo un esempio: dal tono della voce del mio interlocutore, o da una sua strizzatina dell’occhio, io risco a capire se quello che ascoltano le mie orecchie va preso per il verso giusto o per il verso contrario, vale a dire se l’interlocutore sta intendendo quello che dice o se invece, ironicamente, intende proprio il suo contrario. E questo me lo può anche segnalare a gesti, o con altri mezzi.

Questa è esattamente la parte che salta quando andiamo in videoconferenza, o quando ci colleghiamo in remoto con altre persone attraverso qualche nostro device interconnesso. Ed è ciò che ha fatto penare i nostri ragazzi durante il Covid.

Gli studiosi di queste cose usano una serie di espressioni scientifiche per indicare quel patrimonio di comunicazione che esula dalle nostre parole. Prossemica, retorica, i già ricordati tratti soprasegmentali, etc. L’ultima che ho sentito è l’armocromatica, oramai diventata arcifamosa tramite i media, e che pare frutti un bel gruzzoletto ai suoi esperti, soprattutto quando offrono la loro consulenza alle segretarie di partito.

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Armocromie

Ma torniamo indietro alle nostre lingue “storico-naturali” (così vengono definite l’italiano, il francese, lo spagnolo etc.), cioè le lingue di tutti i giorni in cui ci esprimiamo.

Comprendere e sapersi esprimere compiutamente in una lingua diversa dalla lingua madre è importantissimo. E dà una dimensione completamente diversa ai nostri orizzonti.

Purtroppo l’Italia e gli italiani non brillano per questa capacità. Oggi va un po’ meglio. Ma l’insegnamento e lo studio delle lingue non fa seriamente parte dei nostri curricola scolastici, e raramente viene presa sul serio dalle nostre istituzioni.

Non conosco che rapporto ci sia fra la politica (che è poi la guida di una nazione) e l’insegnamento delle lingue a scuola, ma noto amaramente che molti dei nostri politici ― sciaguratamente ― parlano a malapena l’italiano, e solitamente nisba per le altre lingue.

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Questo inchioda i loro pensieri e i loro orizzonti inevitabilmente al campanile della loro contrada, o giù di lì. Né è semplice spiegare loro quanto invece sia importante per i nostri ragazzi abituarsi a parlare in altre lingue (che i predetti non capiscono). È famoso un aneddoto su Ciriaco De Mita, il suo traduttore in inglese diede forfait durante un suo discorso pubblico: nemmeno lui riusciva a capire cosa stesse dicendo in italiano, e quindi non sapeva come tradurlo in inglese. E si interruppe. Molti pensarono ad un disguido tecnico, ma le cuffiette funzionavano perfettamente...

C’è stato un momento in cui nella scuola dell’obbligo hanno tagliato ulteriormente i costi e hanno fatto fuori tutti gli insegnanti madrelingua ― convertendo altri insegnati purchessia “eccedenti” (li chiamavano credo “sopranumerari”, con una magnifica parola in italianese) ad insegnanti di lingua, con un corso di formazione professionale e di riqualifica della durata di qualche settimana (sic!).

Le tipiche cose all’italiana.

Risultato: un giorno mio figlio tornò a casa in pianto perché la nuova insegnante di inglese delle elementari gli aveva dato un votaccio sul quaderno del compito a casa. Dopo aver rassicurato il pargolo, guardammo insieme l’errore madornale commesso, e mi resi conto della tragedia. Mio figlio aveva composto la frase “the pen is blue” a elementare commento di una immagine del libro di supporto, e l’audace neo-docente gliela aveva segnata come errore blu, appunto, indicandogli la seguente corretta scrittura: “the blu is pen”! Che, poeticamente o in uno di quegli esercizi di linguistica assurda si può anche fare, ma non nel contesto che ho descritto.

Come vedete, le ricette politiche italiane non solo sono quasi sempre sbagliate, ma procurano anche bei disastri. La docente venne sostituita, ma non andò meglio.

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Ovvio che per parlare decentemente un’altra lingua bisogna immergersi nella cultura e nella vita della popolazione che la parla. Quindi bisogna andare lì, stare con loro e abituare il proprio orecchio ai loro “suoni intervocalici”, piano piano abbandonando i suoni (e la pronuncia!) della nostra lingua. Altrimenti non si riesce ad afferrarne il senso, e si è sempre in ritardo nella comprensione altrui e nella riformulazione delle proprie idee. In altri termini: una lingua descrive una forma di vita. Perché al suo interno conserva una gradazione di valori, una visione del mondo, un modo di fare, una serie di atteggiamenti personali e culturali che sono tipici del popolo che la usa.

È su questa base che gli epigrafisti riescono a ricostruire, da frammenti di scritture antiche rivenuti su reperti archeologici, tutto un mondo intero. Io ho usato questi studi di epigrafia quando mi è stato chiesto di raccontare alcuni tratti della via Appia Antica nei pressi di Roma. Guardate in questo piccolo esempio quante cose sorprendenti possono essere dedotte da una scritta che si legge appena su una piccola ara votiva conservata nel Castrum Caetani, affianco alla tomba di Cecilia Metella:

Passare periodi lunghi di tempo in altri Paesi è quindi il metodo giusto, santo Erasmus, anche per conoscere altri usi e costumi ed acquisire così nuove sensibilità e nuove aperture di mente.

Per quanto tempo bisogna stare lì?

La formula classica della risposta a questa domanda, è questa eccellente definizione: finché non si inizia a sognare nell’altra lingua. Quando il tuo “Io profondo” inizia ad esprimersi nella nuova lingua, allora sei pronto.

Ma torniamo agli strumenti che abbiamo oggi per esprimerci in un’altra lingua in modo sufficientemente corretto da non fare la figura dei peracottari, pur non conoscendo le altre lingue alla perfezione.

Nei browser di navigazione in Internet, da qualche parte, c’è sempre un tastino che propone la traduzione del testo che stiamo leggendo nella propria lingua (quella del sistema in cui operate). Ma scrivere il testo di una lettera, o di una mail, in una lingua diversa dalla nostra e con una forma “standard” (quindi normalmente corretta, magari senza voli pindarici, ma formalmente esatta) è un’altra cosa. Si può essere aiutati?

Esiste una serie di strumenti che ci possano aiutare senza richiederci troppo tempo e troppi sforzi, a noi che “parlicchiamo” una seconda o una terza (sperabilmente) lingua ― ma magari temiamo di fare strafalcioni insopportabili e di cui ci dovremmo vergognare per il resto dei nostri giorni?

Si, esistono. E soprattutto qui l’uso dell’intelligenza artificiale ha ottenuto i risultati più eclatanti.

Vi riporto soltanto alcuni strumenti, quelli che uso io e che mi sembrano semplici e finanche divertenti. Ma ne esistono di altri concorrenti e, come in molti casi, de gustibus…

Anzitutto il vocabolario.

Una buona soluzione per andare a ricercare la traduzione di un termine (uno, singolo) è quella offerta da Word Reference (www.wordreference.com), che si accoppia, lingua per lingua, con altri dizionari specifici e quindi offre un suo panorama di traduzioni in prima battuta, ma poi si allarga al supporto di dizionari specifici (ad esempio, per l’inglese il Collins) che approfondiscono esempi, modi di dire, slang, locuzioni particolari e specifiche. Ottime anche le loro chat interne, dove chi ha bisogno pone dubbi e problemi di traduzione, e un popolo di madrelingua prova a trovare soluzioni.

Un buon sistema per tenersi aggiornati, molto semplicemente, anche sui contesti dei termini da utilizzare, è quello di abbonarsi a siti o pagine che continuamente propongono “messe a punto” linguistiche. Ad esempio, se usate Facebook e vi interessa tenervi allenati in inglese (e scoprire anche le differenze fra l’inglese americano e quello british) un buon riferimento è la pagina di English Ilm (https://www.facebook.com/englishilm) o quella di English Wallah (https://www.facebook.com/profile.php?id=100085655650760) dove potete trovare pagine come questa:

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tenersi allenati con le lingue

Mi direte forse che non servono a comporre un testo, ma ci rammentano abbastanza bene, e semplicemente, i modi di dire comuni dei parlanti nelle altre lingue.

Alla lunga, anche queste hanno il loro effetto.

Chiudo questa piccola discussione con uno strumento che serve invece a scrivere un testo completo, o a tradurre un Doc (.docx) o un PDF(.pdf) dalla nostra in un’altra lingua e viceversa. Qui l’AI invece ha un ruolo determinante.

Ne esistono alcuni molto buoni, ma io sono legato affettivamente a “linguaggio profondo”, “deep language”, o semplicemente www.deepl.com)

Naturalmente, è in grado di riconoscere automaticamente la lingua del testo che gli state offrendo, e vi propone la lingua di approdo, quella in cui volete che il testo venga tradotto.

In Canada è forma di gran cortesia iniziare qualunque discorso pubblico con alcune frasi in francese (la loro seconda lingua, ma minoritaria nell’uso comune e quindi giustamente richiamata nell’intro) per poi passare a parlare in inglese. O almeno scusarsi per non saper parlare in francese ed attaccare subito in inglese. L’inverso è comunemente accolto ancor meglio.

Quindi, è sempre molto “fair” in quel sistema anteporre alcune frasi in francese, e per chi non ne mastica molto, deepl.com assicura una ottima traduzione standard.

Per chi vuole effettuare voli pindarici, o conoscendo abbastanza bene la lingua, nota che la traduzione proposta fa acqua e non corrisponde alla sfumatura che si voleva dare al proprio discorso, è sempre possibile intervenire su un solo termine, e scorrere fra i sinonimi proposti. Scegliendo il migliore (e assistendo a come la frase talvolta viene conseguentemente riaggiustata), oppure inserendo direttamente il termine che ci sembra più appropriato.

Strumenti come deepl.com aiutano a emettere messaggi in una forma standard, e anche qualcosa in più, nella lingua straniera. E anche, se non siete in grado, a tradurre le risposte o i messaggi in arrivo, assicurandovi così di aver compreso bene il punto di vista dell’interlocutore.

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Ricreare nella mente dellinterlocutore...

Via via che usate questi strumenti, ovviamente, cambia anche la vostra capacità di comprensione (la competenza linguistica) e di intervento su una o più lingue. Ma almeno nei rapporti commerciali a amichevoli sarete sicuri di star trasmettendo bene la complessità, la nuvola di pensieri che avete in testa, al vostro interlocutore, avendo la garanzia che ciò che si riforma nella mente dell’altro, di chi vi legge, sia molto vicino a quello che intendevate.

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E se ci riflette, tradurre in una serie di caratteri lineari di un testo scritto una complessa rete di significati mentali, e consentire dall’altra parte che chi legge quel filo di segnetti ― che sembrano le impronte di una formica con le zampette inchiostrate sul foglio bianco ― sia in grado di ricreare esattamente quel complesso di significati che albergava nella vostra mente, non è cosa da poco.

L’AI, l’intelligenza artificiale, su questo ci sta dando una grande mano. Anche nella comprensione della nostra voce, con Siri e altri ascoltatori e risponditori automatici.

E non è poco.

Ma torneremo presto a riparlare degli usi del linguaggio nella nostra attività quotidiana, e con qualche sorpresa.