La musica è l’Arte per eccellenza.
Perché per creare i suoi capolavori non ha bisogno di alcuna materia. Solo dell’aria. È astrazione pura.
Già, ma cosa è che ci piace della musica? E cosa è, in fin dei conti, la stessa musica?
Buffo, è un qualcosa che occupa la vita di tutti i giorni di miliardi di persone, ma appena provi a definirla ti sguscia via come un’anguilla elettrizzata. Impossibile afferrarla.
Infatti è stata la croce fissa della filosofia, che tutto deve definire e tutto sistematizzare e catalogare.
Ma dove, se non sulla musica, si possono combattere infinite battaglie dialogiche?
Anche perché il piacere che ci da, totalmente astratto e a prescindere da tutto il resto del mondo, è notevole, e ci accompagna spesso a compiere grandi imprese o profondissime meditazioni.
Tanto per farvi capire la portata di queste domande, se vi chiedessero: “Che brano musicale stai ascoltando?” voi probabilmente rispondereste con il suo titolo. Ma al secondo scalino crollereste, laddove vi chiedessero: e che cosa è questo brano?
Perché potremmo intendere il file “.MP3” o “.WAV” che stiamo ascoltando, e che contiene una costellazione di bit in grado di farcelo sentire, utilizzando un player digitale. Ma potrebbero anche intendersi le caratteristiche frastagliate del solco fonografico dove scorre la puntina che, vibrando, legge la musica e la riproduce. O non direste piuttosto che la musica è contenuta nella sua partitura? Già ma chi sa leggere e suonare una partitura? Allora saranno gli strati d’aria compressi e rarefatti che, colpendo il nostro padiglione auricolare, ci comunicano la musica che viene suonata in questo momento di fronte a me, con strumenti dal vivo oppure attraverso le membrane e gli amplificatori? Insomma: che cosa è il brano musicale e la musica?
Vedete in che ginepraio ci troviamo quando tentiamo di definire che cosa sia la musica…
Il nostro amico Wittgenstein, nel suo celeberrimo “Tractatus”, accenna a questo busillis in uno dei suoi iper-punti:
[4.014] Il disco fonografico, il pensiero musicale, la notazione musicale,
le onde sonore stanno tutti l’uno con l’altro in quella interna relazione di raffigurazione
che sussiste tra linguaggio e mondo.
La musica è dunque un linguaggio, particolarissimo. Ma anche un'esperienza immediata, qualcosa che siamo in grado di percepire con le orecchie e che ci arriva dentro immediatamente. È il ritmo, sono le note, è la loro sequenza, il loro intreccio, le melodie, il canto.
Su problemi come questi la filosofia si arrovella, ma anche la scienza si arrovella, tentando di mappare i neuroni e le zone della corteccia cerebrale che vengono interessate dall’ascolto musicale, di seguirne gli andamenti e di quantificarne i comportamenti.
Ma sbaglia, la scienza, a cercare un numero per tutto ciò che osserva.
La musica è soprattutto un elemento fondamentale del nostro modo di esprimerci e di comunicare empaticamente. Forse quello più astratto in assoluto, che ci dice pur qualcosa della nostra natura più intima.
Ricorderete tutti la scena clou di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, quando uomini e alieni tentano di comunicare attraverso la musica, che può essere rappresentata anche come una sequenza di colori, o con il gesto di una mano (anche il citato Wittgenstein concordava sul gesto come unico modo per mostrare il senso di una passaggio musicale)
Quando ascoltiamo musica, entriamo spesso in una sorta di risonanza con il brano, siamo coinvolti da quello che ci comunica, esprimiamo meglio a gesti ciò che proviamo e ciò che intendiamo, piuttosto che a parole. Torneremo sul collegamento gesto-musica.
La musica è anche matematica. I Pitagorici avevano fatto molte scoperte sugli accordi e le armonie. Molte informazioni erano arrivate loro dall’esterno, e se le tennero per sé, imponendo il veto e l’obbligo di silenzio ai propri affiliati. Anche per questioni inerenti la scoperta dell’infinito nei numeri, che noi chiamiamo “irrazionali” e che invece rendono ragione della costituzione dell’Universo.
Io credo di non dovervi spiegare oltre che cosa sia la musica, lo sapete tutti benissimo e se poteste vedermi mentre l’ascolto, che la sentiate o no, sapreste perfettamente in che condizione mi trovi.
Come dicevamo poc’anzi, leggere un rigo musicale non è da tutti, e suonarlo all’impronta richiede ancora più capacità e tecnica. Non tutti hanno avuto modo (e tempo) di studiarne la sintassi e la riproduzione su uno strumento, ma noi tutti sappiamo apprezzarne i risultati.
La voce umana, modulata, è uno strumento formidabile e ― che ci crediate o no ― tutto ciò che si riferisce all’espressione umana (come la voce, i movimenti del corpo, le espressioni del volto) viene percepito da particolarissime strutture della nostra mente, iper-specializzate nell’interpretazione delle espressioni di altri individui della nostra stessa specie.
Quindi il canto e la voce umana hanno un posto privilegiato nell’ascolto dei suoni. Come la danza.
Per chi non è in grado di leggere una partitura, ma volesse comprendere meglio gli intrecci e i movimenti interni di un brano musicale, esistono strumenti che possano aiutarci in questo tipo di comprensione?
Ebbene sì.
Grazie ad una sorta di sinestesia positiva, possiamo usare altri “sensi” per percepire ciò che l’udito non riesce a farci comprendere bene. Ad esempio la vista, ad esempio la visione bidimensionale e tridimensionale.
Vi segnalo quindi alcuni esempi, grazie ai quali potrete toccare con mano questa sorta di sinestesia in presenza, e non in assenza (come indica il termine propriamente inteso)
Iniziamo con una visione bidimensionale.
Un mezzo genio della visualizzazione di nome Stephen Malinowski, dopo la comparsa degli strumenti di computer-grafica, si è chiesto come usarli per visualizzare il disegno profondo che sta scritto nella partitura e che orecchie meno allenate di quelle di un direttore d’orchestra, d’un compositore o di un esecutore professionali non sono in grado di percepire.
Riportate tutto questo alla formazione delle giovani menti nei nostri istituti di pubblica istruzione, e capirete quanto sia importante uno strumento del genere per immergere i nostri piccoli nell’universo culturale in cui vivranno e diventeranno, sperabilmente, uomini adulti e consapevoli.
Malinowski, dunque. Ripropone dei brani di musica classica o contemporanea, magari noti a tutti, ma non compresi nella loro struttura profonda, che esibisce attraverso una sua “macchina” di visualizzazione musicale.
Così potrete apprezzare meglio il disegno musicale della celeberrima Toccata e Fuga in Re Minore di J.S. Bach, e capire molto di più delle sue intenzioni compositive e della sua tecnica di scrittura, attraverso la rappresentazione di Malinoswski che potete vedere qui sotto:
Io sono particolarmente legato ad un’aria straordinaria, direi divina, sempre di J.S.Bach, dove la voce femminile entra in rapporto con gli strumenti musicali come un altro strumento, particolarissimo, e capace di prenderci nel profondo e scombussolarci, come in “Zerfließe mein Herze” tratto dalla Passione secondo Giovanni.
Dimenticatevi delle parole, ascoltate solo la voce e seguite il meraviglioso disegno della partitura di Bach mostrato in computer-grafica da Malinowski.
E di queste rappresentazioni, su youtube, ne trovate a decine, basta inserire nel motore di ricerca “Stephen Malinowski”. Insegnanti di musica, datevi una mossa!
Passiamo ora ad una rappresentazione tridimensionale, in grado di far comprendere forse ancora meglio la complessità dell’intreccio musicale.
Si tratta di animazioni al computer che, con semplicità ma con deliberata e progettata sapienza musicale, mostrano ad un pubblico generalista come si lavora con le note (qui rappresentate da sfere di metallo che interagiscono con strumenti di invenzione pura):
O anche qui:
Chiudo sul dualismo fra musica e gesto, probabilmente unica altra espressione umana in grado di esprimere gli stessi astrattissimi concetti cui solo la musica può accedere.
Vi mostro una coreografia assolutamente geniale, inventata da uno dei grandi nomi della danza moderna, David Parsons, fondatore di una omonima compagnia di balletto.
Insieme a Robert Fripp, altro genio assoluto del Rock Progressive, che molti di voi ricorderanno alla testa dei King Crimson, ha progettato qualcosa di unico e forse di irripetibile. Che ovviamente andrebbe visto dal vivo, perché la percezione fisica conferisce a questo tipo di rappresentazione un'emozione unica, impossibile da raccontare. Potete andare sul sito della compagnia e controllare se uno dei suoi tour tocca una città a voi accessibile: andateci! Scoprirete un mondo nuovo.
Dunque, il pezzo si chiama “Caught”, e l’idea che vi è dietro è semplicemente stupenda. Difficilissimo da eseguire per il dancer protagonista unico sul palco. Solo alcuni pochi ballerini al mondo riescono ad interpretarlo.
La musica si avvita su se stessa, e piano piano porta il danzatore, che nella fase iniziale si prepara ed attiva tutto il suo veicolo corporeo quasi fosse un burattino che si risveglia, verso l’illusione della perdita di peso.
Infatti, dopo l’introduzione, piana e descrittiva, avviene il miracolo. Coordinando musica, una luce stroboscopica intermittente, e una preparazione fisica di livello eccelso, il nostro danzatore sembrerà volare sul palco ad un metro di altezza, creando uno spazio immaginario dove la musica sperimentale, acida e elettrizzante, ritmicamente segna l’apparire, nei lampi che ricordano la meccanica cinematografica, del gesto artistico. Il performer si deve far trovare al momento giusto al posto giusto nella posa giusta. E così avviene la magia (sentirete il tonfo dei suoi piedi sulla pedana del palco).
Mirabile gioco di luci e ombre, apparire e sparire, illusione e realtà.
Godetevela dal vivo.
Qui ne trovate una versione video con David Parsons come interprete. Introvabile in rete.