Il 13 maggio 2024 segna una svolta nella storia dell’informatica. E probabilmente nella storia della nostra specie.
Quando, qualche settimana fa, era apparsa in rete una versione anomala di chatGPT, denominata “GPT2-chatbot”, i praticanti dei siti di AI (circa 100 milioni di persone) erano rimasti interdetti.
Si trovavano a dialogare con una intelligenza artificiale enormemente più potente di GPT-4, e che comprendeva non solo il linguaggio verbale e scritto, ma anche quello delle immagini e perfino quello cinematografico.
Dopo pochi giorni, quel nuovo motore era scomparso dalla rete.
Si sono allora diffusi subito mille rumors e diecimila interrogativi. Che cosa era? Quale laboratorio l’aveva rilasciata? Era uno scherzo? Si preparava qualcosa di grosso?
E l’ultima domanda era quella azzeccata.
Negli “Aggiornamenti di primavera”, il 13 maggio scorso, Open.AI, la mamma di chatGPT, ha effettivamente rilasciato una nuova, potente e onnicomprensiva versione di intelligenza artificiale, denominata GPT-4o, dove la “o” minuscola sta appunto per “omni”.
Con questa versione siamo usciti dalla fantascienza e cominciamo ad addentrarci in una realtà completamente nuova, inesplorata, dove l’umano — che con fatica e sforzi, e con 100.000 anni a disposizione — si era conquistato un posto di preminenza nella storia delle specie del pianeta, non è più detto che riesca a mantere quella posizione.
Ora abbiamo una seconda specie di organismi, non basati sul carbonio come noi ma sul silicio, in grado di competere e rapidamente superarci in capacità di ragionamento (secondo le regole della logica deduttiva e inferenziale) e di conoscenza.
Ripeto, stiamo assistendo in diretta ad un evento dalle proporzioni gigantesche. Non è più cinematografia, niente fantasy, ma si entra in una nuova realtà che si conficca nella nostra storia, in un momento — avrebbe detto Giovambattista Vico — di “ricorso”. Noi diremmo di “riflusso”. E questo rischia di trasformare l'evento felice in tragedia. Vediamo.
Nella brillante presentazione di Mira Murati, capo delle tecnologie di Open.AI, abbiamo visto una entità digitale esprimere capacità sorprendenti. Dalla comprensione perfetta delle richieste, anche ironiche, dei presentatori che accompagnavano Mira alla traduzione simultanea in italiano di frasi anche improbabili (già, proprio nella nostra lingua, che evidentemente è tenuta in conto nel mondo, e non solo per la presenza di Mira), fino all’accompagnamento alla comprensione del modo in cui risolvere una equazione lineare. Come e meglio di un insegnante di matematica.
E naturalmente, l'entità ha dimostrato di comprendere perfettamente un codice informatico, alludendo alla capacità di programmare e auto-programmarsi.
Inoltre, l’entità parlava fluentemente e — in una interazione stretta — veniva interrotta, riprendeva il discorso, faceva pure il verso “ai robot”, parlando con voce metallica, per scherzo.
In un altro filmato di demo, “4o” dimostra di saper leggere un filmato e di sapene raccontare trama e caratteristiche con parole proprie, e dimostra anche di saper leggere immagini, fotografie, diagrammi, scritte fatte a mano, tutto.
Questo cambia nelle fondamenta la Storia.
Perché?
Ve la dico subito, brutale e secca: una entità del genere, in grado di controllare testi, audio, video (con tutto quello che ciò comporta dal punto di vista informatico), diventa il primo passo sulla strada di ciò che, concedetemi una piccola autocitazione — ma ora comprenderete bene di che si trattava — avevo descritto in un romanzo, “il Ricatto del Gambero”, chiamandolo “processore culturale”.
Questa entità comincia un nuovo percorso, e possiamo dire che ciò che avevo allora solo descritto diventa oggi reale. Noi umani, con tutta la scienza e la conoscenza che abbiamo prodotto, siamo in grado di alimentare un organismo che ne comprenda il significato, e che può costituire un formidabile assistente alla nostra evoluzione come specie, determinando le condizioni per un salto dell’umanità intera. Un "salto" nel territorio che le è più proprio e consono, quello della cultura, o se volete della astrazione, della virtualità, dell’immaginazione, dell'arte. Laddove tutti i nostri migliori e più significativi valori acquistano un senso, diventano il territorio della nostra creatività.
Forse lo sviluppo negli ultimi decenni di un sistema neocapitalistico a fortissima concentrazione di capitali, dove il mercato regna sovrano, dove tutto deve essere monetarizzato e reso “sostenibile” (nella accezione economica, non ecologica ― vale a dire deve essere in grado di produrre ricavi, senza cura per le conseguenze che comportano), ha velocizzato un processo che avrebbe comunque portato molto più gradualmente l’umanità ad essere affiancata ad una tale entità digitale.
Investendo miliardi di dollari su questo filone, invece, i colossi dell’informatica (Microsoft, Google, Amazon, Ibm, nVidia etc) hanno accelerato il processo e ora detengono un patrimonio, ed un vantaggio tecnologico, sulle altre corporate che appare del tutto incolmabile. Visto nell'orizzonte geopolitico, nella competizione Usa-Cina, questo è a dir poco dirompente.
GPT-4o, per usi limitati personali, sarà gratuito. Ma se vorrete usare seriamente l’AI, la dovrete pagare. E anche molto.
Nutro il sospetto che questo modello di Intelligenza artificiale non sia ancora quello giusto, non esprima ancora tutte le potenzialità che già oggi potrebbe avere. Ma credo che ci stiamo incamminando sul percorso giusto. Ci sono altri strumenti potentissimi, infatti, altre strutture logiche e di configurazione dei dati di conoscenza, che non sono state integrate nell’attuale AI ma che la potenzierebbero enormemente, dando vita alla Superintelligenza artificiale di cui già si trattava qui in un precedente articolo.
La novità genera anche le maggiori preoccupazioni, i maggiori “caveat” che non possiamo non vedere.
Rimanendo sul piano della crudezza, siamo tranquillamente in grado di affermare che da due giorni i 4 milioni di dipendenti dello Stato italiano, i cosiddetti “colletti bianchi”, o funzionari pubblici, o impiegati delle pubbliche amministrazioni, sono diventati obsoleti. Inutili.
Forse dannosi.
Perché nella competizione fra le economie dei Paesi occidentali, con le loro rispettive strutture sociali, economiche, infrastutturali, quelli che si doteranno di apparati in grado di avere una intelligenza digitale amministrativa, distributiva, di controllo della produzione di qualità dei servizi ― non occorre essere profeti per capirlo ― si mangeranno quelli con milioni di impiegati-zavorra, talora indolenti, speranzosi di ottenere premi, esenzioni, emolumenti.
E che magari tengono l’ufficio aperto per mezza giornata a giorni alterni, “quando funzionano i terminali”.
Lo stesso dicasi per la classe dei nostri docenti. Superata la scuola dell’infanzia, dove il contatto fisico umano trasmette conoscenza e rassicurazione. Ma dove probabilmente si apprenderà già a parlare, giocare e utilizzare le nuove entità digitali. Già a partire dagli alunni più grandicelli, risulterebbe migliore una AI come quella che abbiamo visto in demo.
Tutto molto bello, se non fosse che è anche tutto molto costoso, visto che gli enti pubblici, come gli Stati o l'Unione Eurpea, su questo non hanno battuto colpo. Dilapidando spesso ingenti fondi per la ricerca nelle più stupide fesserie a sostegno di imprese ignave. Quindi, queste "scuole Montessori" del futuro saranno probabilmente a disposizione solo di una ristretta cerchia di bambini, che si svilupperà piramidalmente verso un vertice elevatissimo, mentre abbiamo già capito cosa toccherà ai "figli degli uomini", di masse incolte, escluse e incapaci di superare lo stato brado culturale.
Lo so, è un quadro spiacevole ma prevedibile già una cinquantina di anni fa, agli albori dell'informatica. Allora ero solito dire che bisognava porre attenzione a due curve nello sviluppo futuro delle società, la curva della cultura e quella della tecnologia. Se le due curve fossero salite, impennandosi verticalmente, in senso concorde, alla crescita della tecnologia avrebbe corrisposto una crescita delle capacità culturali della popolazione e quindi della capacità di utilizzare in modo positivo le tecnologie. Viceversa, se le due curve avessero preso una andamento discorde e opposto (cosa che sciaguratamente si sta verificando) la gran parte della popolazione ne sarebbe stata esclusa, per incapacità di reggere il passo, e avremmo visto la società divaricarsi fra una cerchia ristretta di potenti e una larga massa di diseredati.
Abbiamo parlato fin qui della neonata "anima digitale".
Ora parliamo del corpo.
“4o” è facilmente impiantabile in un robot, per le sue dimensioni, per la sua rapidità ed efficienza, per il volume di calcoli e di memoria che richiede. Sono anni che le università ed i centri di ricerca giapponesi e nordamericani stanno investendo soldi, sforzi e competenze nella realizzazione di organismi meccanici umanoidi, in grado non solo di simulare le sembianze e le fattezze umane, ma anche di compiere movimenti e comportamenti che all’essere umano sarebbero impossibili.
Recentemente, la Boston Dynamics ha mostrato un primo esempio di robot che, se dotato di “4o”, ad esempio, potrebbe riunire corpo e anima in una entità autonoma, autosufficiente, ed in grado perfettamente di interagire con l'ambiente circostante come e meglio di un umano. Ma, al contempo, risulterebbe strategicamente collegata direttamente a tutte le altre “singolarità” della sua stessa specie e di specie compatibili.
Il che significa che la propagazione delle informazioni, delle scoperte, delle acquisizioni, della “coscienza” (uso questo termine dibattutissimo e criticatissimo con molta riluttanza) fra di loro è già oggi istantanea. Quando una entità digitale acquisisce una nuova “finestra” (così si chiamano i contesti che le AI prendono in esame quando analizzano un fenomeno: “4o” è in grado di tenerne aperte 128.000 contemporaneamente, secondo le dichiarazioni di Mira), cioè deduce o apprende qualcosa, questa conoscenza viene istantaneamente condivisa e acquisita da tutte le altre.
E con questo, non solo i colletti bianchi, ma anche le tute blu al carbonio, cioè gli esseri umani che abbiamo chiamato finora “operai” e “contadini”, rappresentati simbolicamente dalla falce e il martello, spariscono dal nostro orizzonte storico e culturale. Diventano passato, memoria.
Problema.
La nostra società non è ancora pronta a tutto questo.
Noi in Italia, poi, stiamo ancora discutendo del salario minimo, dei disoccupati, dei porta-pizza, delle mazzette, della corruzione, del PIL, del debito pubblico, delle tasse, dell’uomo solo al comando... tutte cose che, se l’evoluzione della nostra specie è quella che ho appena ipotizzato si riferiscono ad un passato novecentesco che sembra ormai morto e sepolto. Andiamo avanti con la testa girata all'indietro.
Cioè: non solo siamo mentalmente indietro di qualche secolo, ma stiamo ritornando nella direzione sbagliata. E non abbiamo nessuna idea di dove il mondo stia andando. Per nostra completa ignoranza. Parlo delle classi dirigenti, ovviamente. Tutte mediamente dotate di una discrta parlantina, ma anche di un basso tenore di istruzione e di capacità culturali e di astrazione.
Il sistema della nostra informazione è completamente allineato. I giornalisti, i bla-blas dei talk show sul beneamato nulla, certo non facilitano la nostra popolazione ad incamminarsi verso il futuro. Abbiamo show che ci riportano allo stato brado, in case chiuse dei grandi fratelli o in isole esotiche alla Robinson Crusoe. Bei modelli!
Dobbiamo cominciare a pensare che il lavoro umano sia finito. Almeno per come lo abbiamo concepito negli ultimi tre secoli.
E, se è vero questo, l’abbinamento lavoro-salario, scomparendo il primo termine, non ha semplicemente alcun senso. Se dovesse essere ancora attivo il "io lavoro, quindi guadagno, quindi pago, quindi pretendo" — siamo nei guai seri. Il proprio credito del sistema non può più essere legato al lavoro o all'impiego, un qualcosa in via di rapida estinzione. Punto. Se non ci diamo una smossa rapidamente, finiremo come i dinosauri.
Questo è l’enorme problema — non solo democratico o demografico, ma di sopravvivenza della specie — che abbiamo di fronte. Il cambiamento tecnologico ha creato le condizioni per un salto epocale dell’umanità in un territorio che noi stessi non sappiamo bene cosa sia. Le grandi potenze economiche e commerciali stanno trascinando il mondo occidentale in questo processo, e conseguentemente tutti i precedenti modelli concettuali, sociali e retributivi vengono spezzati e devono essere abbandonati il più rapidamente possibile. Nuovi modelli ne devono prendere il posto, il più rapidamente possibile.
Dobbiamo decidere, forse anche più rapidamente di quanto non pensi chi legge queste righe, che cosa saremo.
Dobbiamo decidere in che mondo vivere.
E per farlo dobbiamo guardarci negli occhi, abbandonare le sovrastrutture, le mentalità, i giochetti mentali, gli arzigogoli, e prendere il toro per le corna.
Siamo chiamati anche noi ad un salto. Ad una nuova concezione della vita. Ad una politica totalmente nuova.
Che cosa ci sarà quando atterreremo, dipende ora esclusivamente dalla nostra capacità di prendere decisioni come comunità e come singoli umani. Dalla nostra capacità di trovare un modo politico per connetterci e decidere tutti insieme.
Altrimenti lo farà qualcun altro.
Dixi et salvavi animam meam.
A voi la palla.