PISTE CICLABILI
MAI PIÙ SOSTA SELVAGGIA

A Milano le piste ciclabili sono usate dagli automobilisti per parcheggiare, come una qualsiasi porzione di asfalto lungo un marciapiede. Le segnalazioni da parte di ciclisti e cittadini sono costanti in zona Precotto sul viale Monza, lungo corso Buenos Aires e sull’intera cerchia dei Navigli. Ma la situazione non è molto diversa in altre parti della città e dell’area metropolitana. Per risolvere la questione il comune di Milano ha avviato da qualche giorno un servizio sperimentale della polizia municipale in bicicletta nelle zone dove la pessima sosta è praticata più assiduamente. In realtà il sindaco Sala aveva già annunciato via social il 17 aprile scorso l’idea del servizio spiegando: “Quello della sosta selvaggia è un tema molto delicato e noi dobbiamo contrastarlo. Stiamo formando una squadra di agenti della polizia locale con il compito specifico di presidiare con attenzione le corsie ciclabili a rischio di parcheggio selvaggio, per esempio quella di viale Monza”.



Quel che succede a Milano succede in tutto il mondo. Gli strumenti applicati dalle amministrazioni cittadine per affrontare il problema possono essere diversi, ma quasi nessuno risulta realmente efficace. Capita così che in California – dove parcheggiare sulle piste ciclabili è legale o perlomeno non illegale in assenza di cartelli che lo vietino – ci siano gli stessi problemi di Chicago dove invece questo tipo di sosta è vietato dalla legge e comporta multe salate. Su ascentale.com, sito californiano di accessori per bicicletta e un punto di riferimento per le comunità dei ciclisti, giustamente si domandano: come può essere legale qualcosa che mette in pericolo le persone? E spiegano: “Le auto parcheggiate o anche solo in sosta lungo le piste ciclabili di solito costringono i ciclisti a deviare per inserirsi nel traffico automobilistico. Questo espone le persone in bicicletta al rischio di incidenti e infortuni. Recentemente, una bambina di tre anni è stata uccisa a Chicago mentre era a bordo della bici di sua madre. La donna ha cambiato corsia per evitare un camion parcheggiato sulla pista ciclabile. Un grosso furgone sopraggiunto da dietro l’ha spaventata e le ha fatto perdere l’equilibrio mentre la superava. La bimba è caduta a terra e il furgone le è passato sopra”.


(foto da Bikeitalia.it)


Il fatto che l’autista del camion abbia poi preso due multe, una per sosta sulla ciclabile e l’altra per sosta a meno di trenta piedi da uno stop, non cambia la sostanza dei fatti. Nessuno al mondo appare consapevole della gravità dell’azione che compie fermando la macchina su una ciclabile anche solo due minuti per ritirare un pacco al volo. Ma colpisce quando a farlo sono dei genitori davanti alle scuole dei figli. Come a Brescia, dove la sosta sulla ciclabile in attesa che i ragazzi escano dai licei Leonardo e Copernico è diventata un rito che coinvolge circa 400 vetture tra mezzogiorno e le due (non solo del sabato) e crea grossi problemi alla viabilità. Lo scorso 2 dicembre gli studenti – appoggiati dal mobility manager dei due istituti e supportati dalla Federazione italiana ambiente e bicicletta, da Fridays for Future e dal collettivo Critical mass – hanno formato una catena di bici e persone che ha impedito alle automobili di parcheggiare lungo la corsia ciclabile di via Balestrieri. La protesta ha attirato i vigili urbani che hanno fatto diverse multe. E si spera che serva a qualcosa di più della lettera di sensibilizzazione inviata in passato dagli istituti scolastici a tutti i genitori che non ha sortito alcun effetto.



A New York invece hanno deciso di fare sul serio e di usare le maniere forti. La città, che orgogliosamente vanta duemila chilometri di piste ciclabili, da questa primavera ha deciso di investire anche in sicurezza. Il sindaco Eric Adams ha dichiarato: “Per anni, come presidente del distretto di Brooklyn e ora come sindaco, ho sostenuto la necessità di utilizzare sempre di più la bicicletta e ho promosso la creazione di infrastrutture per rendere il mezzo sicuro. Il continuo aumento del ciclismo è un segno di vero progresso per la nostra città, ma dobbiamo dare ai ciclisti tutti gli strumenti di cui hanno bisogno per andare in bicicletta in sicurezza”.

Il piano prevede in tutti i cinque distretti urbani piste ciclabili protette di varia natura. Si costruiscono corridoi per bici a velocità sostenuta, ponti, si fanno investimenti prioritari nelle comunità meno servite e si progettano innovativi boulevard per biciclette. Non solo, la protezione è proprio fisica, con l’installazione di barriere jersey (le stesse che si vedono da noi in autostrada) al posto dei cordoli o delle semplici strisce. Con buona pace di quelle amministrazioni italiane (Milano per dirne una) che per convincere di come la ciclabile urbana semplicemente disegnata a terra fosse sufficientemente sicura hanno sempre citato il caso di New York.



Difficile che in queste condizioni qualcuno possa parcheggiare sulla ciclabile. Non ce la farebbe nemmeno il più mostruoso dei suv a stare a cavallo di una barriera alta diverse decine di centimetri. Ma al sindaco di New York non importa. E infatti il piano di sviluppo lanciato lo scorso aprile prevede anche il rinforzo della rete di telecamere stradali contro le auto che percorrono o ostruiscono le piste ciclabili, con multe dai 50 ai 175 dollari. Molte altre città in tutto il mondo, da Londra a Parigi, da Toronto a Genova, stanno rafforzando le misure a protezione dei ciclisti, finalmente diventati i prediletti di tutti i sindaci. Gli automobilisti si rassegnino. La lotta all’inquinamento passa anche dalle gambe dei cittadini che scelgono di pedalare invece che sedersi comodamente sulla loro auto.

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