ASSESSORI, REDDITI DA ZTL
COME È DIFFICILE CAPIRE MILANO

È notizia della scorsa settimana il clamoroso aumento di reddito del primo cittadino milanese. Questo il titolo di Open.online del 13 gennaio: “Milano, il reddito del sindaco Beppe Sala è quadruplicato nel giro di un anno: ecco perché”. Nel pezzo si legge che per l’aumento del 450% in soli dodici mesi – è passato da 111.741 euro nel 2021 a 511.437 nel 2022 – “c’è in realtà una spiegazione molto semplice. Prima di diventare sindaco di Milano nel 2016, Sala è stato a lungo manager di grandi società, tra cui Telecom e Pirelli. E proprio dal 2022, nonostante il suo secondo mandato sia soltanto a metà, Sala è andato in pensione”.


(Palazzo Marino, foto wikipedia, Luca Aless)


La cifra si riferisce agli ultimi dati disponibili, i redditi del 2022 appunto, che il Comune di Milano ha pubblicato sul proprio sito in nome della trasparenza. Buon per Sala se davvero, come spiega Open, percepisce una pensione di 400mila euro l’anno, tuttavia a stimolare una necessaria riflessione non è tanto il caso del sindaco quanto il complesso dei dati resi pubblici: l’assessore al Bilancio del Comune di Milano, Emmanuel Conte, ha un reddito di 364.100 euro; l’assessora allo Sviluppo economico Alessia Cappello ne ha dichiarati 110.424 e la vicesindaca Anna Scavuzzo 101.055; vengono poi Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione urbana (98.015), Tommaso Sacchi, Cultura (94.134), Piefrancesco Maran, Casa (89.331) e l’assessora ai Trasporti Arianna Censi (88.103); seguono tutti gli altri con circa 87mila euro, che di fatto è lo stipendio da assessore di un comune di oltre 500mila abitanti.



I redditi, a parte quello della giovane assessora ai Servizi civici Gaia Romani che passa da 18.649 a 87.091, sono un po’ cresciuti rispetto all’anno precedente come effetto degli aumenti di indennità degli amministratori locali decisi con la legge di bilancio del 2022 (si andrà a pieno regime nel 2024). Nessuno scandalo per l’aumento di stipendio: quello del sindaco e dell’amministratore locale in generale è un mestiere difficile che richiede di assumere importanti responsabilità ed espone a rischi pesanti (anche giudiziari). E infatti il governo Draghi decise di aumentare le indennità proprio per incentivare l’impegno dei sindaci e di chi è sempre in prima linea a servizio della comunità.



Il fatto è che questi redditi posizionano gli amministratori delle città medie e grandi in una fascia di reddito ben al di sopra della media, anche nella ricca Lombardia, come sempre al vertice della classifica dei territori più abbienti d’Italia. Secondo i dati del Ministero delle Finanze, considerando l’imponibile Irpef pro-capite, Milano è undicesima nella classifica dei comuni più ricchi d’Italia con un reddito medio di 33.703,4. È l’unico capoluogo di regione a classificarsi tra i primi trenta e il primo di due tra quelli di provincia (Monza è proprio trentesima).

Quindi un assessore di una media o grande città guadagna circa tre volte il reddito medio di Milano. Considerato che il turn over in politica praticamente non esiste, significa che gli amministratori hanno ormai stabilmente questo livello di reddito e si posizionano molto lontano dai problemi quotidiani delle fasce più deboli della popolazione. Allora non ci sono alternative. In una realtà come Milano dove il reddito medio è composto dal centro della città che dichiara in media oltre 94mila euro e dai quartieri come Quarto Oggiaro dove la cifra scende a poco meno di 18mila, un amministratore che ne guadagna circa 90mila deve cominciare a farsi domande. Soprattutto se è di centrosinistra e governa la città ormai da dodici anni.


(Il sindaco Sala)


Perché oggi a leggere i dati sui redditi della giunta pubblicati sul sito del Comune si capisce benissimo il senso delle analisi elettorali quando ci spiegano che il profilo socioeconomico degli elettori del PD è composto dalle fasce più istruite della popolazione e da classi sociali relativamente più agiate. Si chiarisce anche perché a Milano il PD sia diventato il partito della ZTL. E diventa impossibile non chiedersi come sindaco e giunta potrebbero mai comprendere i disagi che molti stanno vivendo a Milano, la fatica crescente della vita quotidiana e il senso di sconfitta di chi non ce la fa.



Nessuno pensa che tocchi essere poveri per rappresentare i più deboli, ci sono stati diversi e straordinari momenti in cui le élite e le migliori intelligenze del paese sono state al servizio della giustizia sociale e del benessere di tutti. La questione è decidere semplicemente chi si vuole rappresentare. Si può stare tranquillamente protetti dai confini della ZTL e andare avanti così, pensando che ciò che va bene per sé vada bene per tutti, continuando a non capire cosa fare in merito all’aumento vertiginoso del costo della vita, all’impossibilità di trovare una casa, alla difficoltà di ottenere un lavoro stabile e adeguatamente retribuito, alla sensazione di insicurezza. Oppure si decide di dare forma e sostanza alle dichiarazioni di intenti sulle periferie, i ceti deboli, i giovani, l’ambiente, la salute… Ma bisogna sapere che questa alternativa comporta parecchia fatica. Bisogna avventurarsi fuori dai propri confini, è necessario studiare e impegnarsi per conoscere e comprendere cosa sta realmente accadendo nel mondo, per poi mettere a punto strategie adeguate e trovare soluzioni ai problemi. Insomma, tocca tornare a fare politica.

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