Il numero dei furti a Milano è in costante crescita. La percezione di insicurezza aumenta ed è oggetto di sproloquio da parte di molti politici oltre che di grande attenzione da parte del mondo dell’informazione. L’argomento, del resto, è la sintesi perfetta di quello che ogni giornalista si augura di trovare iniziando al propria giornata: una notizia non smentibile, di interesse per i lettori, accompagnata da molti numeri e dichiarazioni di esperti, capace di scatenare la politica e di reggere titoloni a tutta pagina. E così ecco Il Giorno Milano alla fine di novembre: “I dati sulla sicurezza a Milano: impennata di furti e rapine, calano omicidi e traffico di droga”. Seguito dal sommario: “La città ha il primato italiano sui reati legati alla microcriminalità: scippi e rapine sono aumentati rispettivamente del 50% e del 64% in due anni”.
Nel pezzo si spiega che in molti casi sono i giovani, anche minorenni, a commettere questo tipo di reato e che protagoniste sono le baby gang, gruppi di adolescenti che riproducono le dinamiche della criminalità organizzata. Non è un fenomeno solo milanese. Il documento approvato alla fine del 2020 dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza aveva già segnalato: “Questi giovani operano una violenza sproporzionata nei confronti delle vittime che vengono individuate nei coetanei (anche in ambito scolastico), negli anziani, nei disabili e nei soggetti ai margini della società”. Non solo, l’Osservatorio Nazionale Adolescenza (AdoleScienza.it) parla di un fenomeno in crescita con dati allarmanti: il 6,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni dice di far parte di una banda, il 13% di aver compiuto un atto di vandalismo e tre su dieci di aver partecipato a una rissa. Spesso, ma non sempre, questi ragazzi provengono da famiglie povere, dai quartieri più fragili e da altri paesi.
Il dato milanese che più colpisce è proprio quello segnalato dal questore Giuseppe Petronzi: gli stranieri in generale sono responsabili del 73% delle rapine commesse per strada e del 95% dei furti con destrezza. Un dato che meriterebbe una “pacata riflessione sociologica”, secondo il capo della questura milanese, ma che invece scatena gli animi, gli istinti peggiori e ogni bassezza politica. L’atteggiamento non cambia anche per ben altro genere di furti. La ricerca “La Sicurezza nel Retail in Italia 2023” realizzata da Crime&tech, spin-off di Transcrime - Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto di Checkpoint Systems Italia e la collaborazione dell’associazione Laboratorio per la Sicurezza, è un quadro generale del settore che ha evidenziato come “nel 2022 le differenze inventariali delle aziende del settore del Retail e della GDO (grande distribuzione organizzata) hanno raggiunto in media l’1,38% del fatturato annuo, portando la stima del valore delle perdite a circa 4,6 miliardi di euro. Queste perdite derivano da furti e frodi, ma anche da errori amministrativi, scarti, rotture e altre inefficienze operative. A questo valore va aggiunta la spesa che le aziende sostengono in misure di sicurezza o contrasto alle perdite, raggiungendo così un costo economico totale stimato pari a 6,7 miliardi di euro, l’equivalente di 114 euro per ogni cittadino italiano”.
Si capisce perfettamente che il fenomeno è complesso e che l’alto valore delle perdite è dovuto a molti fattori. Eppure ecco l’eloquente titolo de Il Resto del Carlino (ma altri giornali non sono stati da meno): “Supermercati, la piaga dei furti. Perdite e danni per miliardi. Aumentano i casi di taccheggio”. E il sommario: “Episodi in crescita rispetto al 2021, il valore medio della merce rubata si aggira attorno ai 40 euro. In azione bande organizzate che poi rivendono illegalmente la merce rubata dagli scaffali”. Eppure nella ricerca si racconta anche di un fenomeno straziante che dovrebbe far riflettere tutti: il significativo aumento dei furti per necessità che secondo il 53% degli addetti ai lavori intervistati sono ulteriormente aumentati rispetto al 2021 che aveva registrato a sua volta incrementi rispetto al 2019 al 2020.
Ma che cosa si ruba dagli scaffali italiani? La ricerca svela anche questo: “I prodotti più rubati con più alto valore economico per settore merceologico sono: i capispalla e maglieria (Abbigliamento), gli alcolici e tonno e carne in scatola (Supermercati, ipermercati e Discount), le calzature e occhiali (Calzature e accessori), smartphone, tablet e accessori di telefonia mobile (Elettronica di consumo) e gli accessori per le smart-home e utensili elettrici (Fai da te). I prodotti più rubati per numero di pezzi per settore merceologico sono: i cosmetici e la maglieria (Abbigliamento), gli alcolici e i salumi e formaggi (Supermercati, Ipermercati e Discount), le calzature e gli occhiali (Calzature e accessori), gli accessori per la telefonia mobile e le pile (Elettronica di consumo) e le spine e prese elettriche e la colla (Fai da te)”.
Così come l’aumento dei fenomeni migratori, le carenze nel sistema di accoglienza e le conseguenti situazioni di profondo disagio ed esclusione sociale nulla contano rispetto alla perdita di serenità di tanti bravi cittadini, allo stesso modo la fragilità economica delle famiglie e l’aumento spaventoso del costo della vita non sembrano essere problemi di cui occuparsi. In primo piano restano l’allarme sicurezza, verso cui seguitiamo a non vedere alcun genere di provvedimento sensato e minimamente efficace, e la perdita di profitti dei supermercati (che peraltro mettono già a budget i costi dovuti ai furti per poi considerarli insieme a tanti altri fattori per determinare il prezzo dei prodotti in vendita).
Il dito invece della luna non lo guardiamo soltanto a Milano o in Italia. Anche i conservatori britannici hanno dato prova di rara ottusità. Un ministro del governo di Rishi Sunak ha proposto di costruire nuove prigioni per risolvere il problema dell’aumento dei furti nei negozi e nei supermercati. Ma lì i giornali hanno fatto il loro mestiere. Cominciando dal Guardian che ha subito pubblicato un pezzo di Owen Jones dal titolo significativo: “In una Gran Bretagna distrutta, i conservatori si accaniscono sui taccheggiatori che rubano Calpol (un farmaco pediatrico ndr) e cibo per i loro figli”. E il sommario non è da meno: “Questi furti sono crimini di povertà. Le minacce dei ministri di mandare in prigione i colpevoli non li debelleranno mai”. In Canada succede lo stesso. A fronte degli allarmi per l’aumento dei furti nei negozi e nei supermercati, Theconversation.com titola: “La polizia non è la risposta al taccheggio. Nutrire le persone sì”. A Milano, come in Gran Bretagna e in Canada, abbiamo problemi seri. Sarebbe bello mostrarsi all’altezza per una volta.