I salari sono in crescita in tutta Europa, ma non in Italia. I dati ufficiali diffusi la scorsa settimana da Eurostat parlano di una media UE in crescita del 3,8 per cento che scende al 3,1 se si considera solo l’Eurozona. In Italia invece i salari nell’ultimo trimestre del 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, sono diminuiti dello 0,1 per cento. In più abbiamo l’inflazione al 5,3% e quindi il potere d’acquisto si è ulteriormente indebolito.
Nel lamento non siamo soli. Ci sono anche gli svizzeri italiani, dopo i dati resi noti dall’Ufficio federale di statistica. “I ticinesi continuano a essere i meno pagati in Svizzera e anzi, rispetto all’ultima analisi dei salari risalente al 2020, il divario è cresciuto. Questo a fronte di un salario medio leggermente in aumento. La notizia positiva – si legge ancora nell’articolo pubblicato sul sito della Rete della Svizzera italiana lo scorso 19 marzo – è l’assottigliarsi dello scarto fra donne e uomini”.
Le somiglianze però finiscono qui. L’Ufficio cantonale di statistica infatti segnala comunque una progressione dei salari intorno al 2% in Ticino. Anche le cifre sono molto diverse. Il salario mensile lordo cantonale medio è salito da 5.203 a 5.301 franchi (il cambio con l’euro è praticamente alla pari, un euro corrisponde a 0.97 franchi svizzeri). Sono variazioni anche significative che però non avvicinano i salari ticinesi a quelli nazionali, aumentati in maniera più marcata. Le ragioni sono strutturali, spiegano i tecnici cantonali: “Chiaramente il Ticino ha un’economia diversa dal resto della Svizzera. Abbiamo un settore turistico molto sviluppato. Sappiamo che però il settore turistico ha anche dei salari più bassi rispetto per esempio al manifatturiero avanzato che caratterizza la regione di Basilea, per dire”.
Di questi tempi, sapere che a qualche decina di chilometri da Milano ci si allarmi per la non sufficiente crescita dei salari, fa un po’ impressione. Soprattutto quando ci si riferisce a cifre simili. Anche nella ricca Lombardia il benessere dei vicini di casa lascia allibiti. Ecco qualche numero: in Svizzera, il salario medio è di quasi 80mila franchi lordi all’anno, cioè circa 85mila euro (ultimo aggiornamento a gennaio 2024). In Italia è di circa 30mila euro (dato aggiornato nel 2022). Va poi considerato che in Svizzera le detrazioni sono inferiori e quindi il salario netto ammonta a circa l’81% di quello lordo. Ma a fare davvero impressione è il salario mediano svizzero, che è di 5.100 franchi. Fanno circa 61mila l’anno (65.400 euro). In Lombardia è di 19mila euro, meno di un terzo. Certo il costo della vita in Svizzera è maggiore, ma parliamo del 43% in più, non di oltre il 300%. Giusto per completare il quadro, è bene sapere che in Svizzera non esiste un salario minimo legale a livello nazionale, ma alcuni cantoni lo hanno introdotto: Neuchâtel, 21,09 franchi all’ora; Giura 20; Ginevra, 24,32; Basilea Città, 21,70; Ticino, da 19,75 franchi a 20,15 in base al settore. Nel giugno 2023 si è votato per un salario minimo anche a Zurigo città e a Winterthur.
Ma perché in Svizzera si guadagna così tanto di più? Le ragioni sono parecchie, due fra tutte contano molto: gli stipendi svizzeri sono spesso legati all’elevata produttività lavorativa che, secondo l’OCSE, è la più alta del mondo dopo l’Islanda; gli oneri sociali dei datori di lavoro sono molto più bassi. Per esempio l’azienda non paga alcun contributo alla cassa malati, l’assicurazione di base per la salute che è a carico del cittadino.
Leggere questi dati da Milano, una città dove il divario tra ricchi e poveri cresce costantemente e dove sempre maggiori sono le difficoltà di permanenza per le fasce più deboli della popolazione, dovrebbe spingere a guardare più in generale al caso svizzero.
Magari per scoprire che nella Confederazione Elvetica, in netta controtendenza col mondo, il divario sociale tra ricchi e poveri è rimasto pressoché inalterato. Secondo l’Istituto di ricerca sulla politica economica svizzera (IWP) dell’Università di Lucerna la distribuzione dei redditi è rimasta stabile nel corso dell’ultimo secolo in Svizzera. Al lordo delle imposte, il 10% più ricco della popolazione svizzera consegue un terzo del reddito complessivo, una proporzione praticamente invariata dal 1930. Mentre l’edizione 2022 del “Rapporto sulle disuguaglianze nel mondo” riferisce che dal 1980 le disparità si sono ampliate nella maggior parte dei Paesi e in modo clamoroso in alcuni, come gli Stati Uniti, la Russia o l’India (più moderatamente in Europa e in Cina). Negli USA, per esempio, la parte di reddito ante imposte detenuta dal 10% più ricco della popolazione è passata dal 34% del 1980 al 46% di oggi.
Spiega Melanie Häner, direttrice del dipartimento politica sociale dell’IWP, che la buona salute dell’economia svizzera contribuisce fortemente a limitare le disparità di reddito: “I fattori principali sono da una parte il mercato del lavoro flessibile – abbiamo uno dei tassi di disoccupazione più bassi al mondo – e dall’altra il sistema di formazione duale, che consente alle persone che non hanno intrapreso studi superiori di conseguire redditi migliori”. Va considerata poi un’altra particolarità del sistema svizzero, la perequazione finanziaria, un meccanismo di solidarietà nazionale che prevede che i cantoni economicamente più solidi diano un aiuto finanziario a quelli più deboli. Per esempio nel 2024 il Cantone Ticino riceverà 244 franchi per abitante dalla perequazione finanziaria, mentre il Cantone Zugo verserà 2.970 franchi per abitante (fonte Amministrazione federale delle finanze).
Letta così, la Svizzera tende ad apparire come l’ultimo baluardo comunista al mondo: “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Ovviamente le cose sono ben diverse. Se infatti la distribuzione dei redditi è piuttosto equa, il patrimonio è decisamente più concentrato. Il motivo, come hanno spiegato Reto Föllmi e Isabel Martinez nello studio “Distribuzione del reddito e della sostanza in Svizzera”, è legato ad alcune peculiarità elvetiche. Per esempio, nel secolo scorso nei paesi dilaniati dai due conflitti mondiali i ricchi hanno perso una parte considerevole del loro patrimonio. In Svizzera no e proprio in quel periodo i ricchi hanno accresciuto e consolidato la loro sostanza. Con neanche il 40%, di abitazioni occupate dal proprietario (il tasso più basso d’Europa) e con i prezzi degli immobili in costante aumento, i pochi proprietari di case diventano sempre più ricchi. La Svizzera poi attira ricchi stranieri grazie al sistema d’imposizione fiscale globale (o forfettaria) e i paperoni finiscono per avere un impatto sulle statistiche. Sono state anche ridotte le imposte di successione e questo aiuta a preservare la ricchezza. Infine, gli utili da capitale non sono imponibili. Solo un fattore è orientato verso l’uguaglianza: la Svizzera è uno dei pochi Paesi con un’imposta sulla sostanza – la patrimoniale –significativa.
Ma nonostante tutto questo nelle classifiche mondiali la Svizzera si colloca in buona posizione in termini di uguaglianza sociale. Il suo segreto? Secondo il rapporto del think tank indipendente Avenir Suisse sono questi gli elementi che potrebbero servire da ispirazione ad altri Paesi per combattere le disuguaglianze: il mercato del lavoro altamente flessibile, il sistema di formazione duale, la democrazia (semi)diretta e la tassazione decentrata. Se a questo aggiungiamo i salari bassi che non sono precipitati a livelli da fame come in Italia, per esempio, e un tasso di occupazione elevato abbiamo una vera differenza. Ma c’è di più e lo spiega ancora Reto Föllmi: “In Svizzera, oltre il 90% dei venticinquenni ha concluso una formazione, vale a dire un apprendistato professionale o uno studio. È un record internazionale”. E in Svizzera una volta concluso un apprendistato, a seconda del settore, si guadagnano immediatamente tra i 4.500 e i 5.500 franchi al mese. Provate a dire ancora che con la cultura non si mangia…