Mancano poco più di dieci giorni e poi Milano avrà la sua settimana di gloria. Il 16 aprile si apre il Salone del Mobile 2024, anticipato di un giorno dal Fuorisalone con le sue anteprime e di un weekend da tutti quelli che vogliono ottimizzare costi e benefici mettendosi a cavallo tra Miart, la fiera dell’arte che si tiene dal 12 al 14, e la kermesse del design.
Il rito si consuma da qualche decennio coi suoi alti e bassi, in genere alternati: quando va forte la Fiera, il luogo istituzionale che celebra sostanzialmente l’industria di settore made in Italy, patisce il Fuorisalone, il laboratorio delle idee e delle sperimentazioni, e viceversa. Da qualche anno però si fa davvero fatica a distinguere le due manifestazioni, che si sono diluite una nell’altra non tanto in uno sforzo congiunto di collaborazione, quanto piuttosto in una riduzione della distanza causata dalla perdita di centralità di una Fiera sempre più in difficoltà e dalla crescita di un Fuorisalone sempre più strutturato e meno provocatorio.
Anche quest’anno, come lo scorso, Il Salone ha annunciato il dimezzamento degli spazi espositivi; la manifestazione occupa solo il piano terra del grande impianto fieristico di Rho-Pero e nemmeno tutto. Ma in questa 62esima edizione è di turno EuroCucina, evento che si estende su ben più metri quadrati di EuroLuce (protagonista lo scorso anno) e il numero di padiglioni aperti è ulteriormente diminuito rispetto al 2023. Dati che non lascerebbero nessuno tranquillo, ma davanti ai quali il settore, perlomeno in tutte le occasioni ufficiali, seguita a far finta di nulla. Nella conferenza stampa di presentazione dello scorso febbraio gli organizzatori, che sono gli industriali di settore, hanno parlato con grande entusiasmo di un Salone che conferma l’apertura del solo piano terreno, ma attivando quest’anno i tapis-roulant del livello superiore in un progetto complessivo di ripensamento dei percorsi dei visitatori.
La notizia era la rinnovata collaborazione con lo studio di architettura e ingegneria Lombardini 22, autore del progetto di allestimento di EuroLuce lo scorso anno, chiamato questa volta “per migliorare l’organizzazione degli spazi, con focus sulle biennali EuroCucina/FTK-Technology for the Kitchen, e Salone Internazionale del Bagno”. Perché come ancora recita il comunicato stampa ufficiale: “Sarà un’edizione che mette al centro l’esperienza di visita all’interno dei padiglioni, ottimizzando i percorsi per arricchire e offrire la massima visibilità e accessibilità a tutti gli espositori”.
Per raggiungere l’obiettivo e verificarne i risultati è stato chiamato in causa anche il centro di ricerca MySpace Lab del dipartimento di Clinical Neuroscience dell’Università di Losanna attivo nello sviluppo del progetto ma anche in una ricerca sul campo che coinvolgerà cento partecipanti monitorati per dimostrare i benefici dei nuovi layout e percorsi. In sintesi ci si dovrebbe impiegare di meno a visitare la fiera – immaginiamo anche grazie ai tapis roulant – e le cose viste dovrebbero rimanere meglio in mente. Ma neuroscienze a parte, resta il fatto che all’appello mancano centinaia di espositori (mai recuperati dopo lo stop della pandemia) che solo in parte hanno scelto di essere comunque a Milano alla design week affittando uno spazio in città o utilizzando il proprio showroom.
Sarebbero questioni da approfondire e dati da valutare con attenzione, anche in relazione all’andamento non proprio tranquillo dell’intera filiera nazionale del mobile. Ma la città sembra purtroppo impegnata in altro. Negli ultimi anni, e ancor di più dopo la pandemia, Milano si sta progressivamente sottraendo al ruolo di hub della creatività in grado di ospitare, promuovere e valorizzare una comunità globale che qui aveva scelto di incontrarsi una volta all’anno dando vita a un evento unico e inimitabile a livello mondiale. Milano è diventata poco ospitale e si è principalmente concentrata a ricavare il massimo possibile dal Salone moltiplicando all’infinito eventi di nessun interesse, aumentando i prezzi alle stelle (anche di cinque volte per una camera d’albergo o per l’affitto di un qualsiasi spazio espositivo) e riducendo pericolosamente il livello dei servizi offerti: dal numero dei taxi agli orari e alla frequenza dei mezzi pubblici.
I segnali d’allarme ci sono tutti. Il clima intorno al Salone si va di anno in anno deteriorando. La Fiera più amata, quella aperta a tutti, capace di attirare e coinvolgere l’intera città nell’entusiasmo generale, si sta trasformando in un gran circo dove regnano caos e indisciplina. Come una gigantesca settimana della moda con eventi esclusivi, auto blu parcheggiate in terza e quarta fila, mezzi pubblici stracolmi, ristoranti e locali impraticabili, la Design week comincia a infastidire i milanesi. A entusiasmarsi per il grande evento restano solo politici e amministratori, pronti a celebrare il Salone in ogni possibile occasione, richiamandosi ai fasti del passato e citando numeri ormai dimenticati. Magari con la speranza di riuscire a celebrare anche sé stessi. Ma è proprio la loro euforia a suggerire immagini e pensieri da viale del tramonto anche agli osservatori più distratti.