Cara Milano Design Week,
il bello delle epoche prescrittive è che prima o poi finiscono. Succede quando l’elenco delle cose che non si possono non vedere, fare, provare, mangiare, bere… supera l’umana possibilità e resistenza. A quel punto il fisico cede e la mente passa oltre, annullando ogni sforzo di chi si ingegna tutti i giorni a trovare novità irrinunciabili. Per quanto mi riguarda è successo con te proprio la settimana scorsa.
Nel corso degli ultimi anni il gigantismo del Salone del Mobile, sempre più partecipato e visitato con record sbandierati in ogni occasione, unito alla progressiva estensione del Fuorisalone a ogni settore merceologico e a ogni angolo della città, avevano minato il mio entusiasmo facendo crescere in me il senso di disagio e inadeguatezza. Ma in qualche modo sono andata avanti, ho affrontato la maratona con impegno, cercando di vedere il più possibile e provando soprattutto a cercare una ragione in questa insensata evoluzione verso il circo totale.
Ma quest’anno per me è arrivata la svolta. Il primo colpo è stata la decisione di Joseph Grima e Valentina Ciuffi di portare Alcova a Varedo. Sarà anche l’occasione per visitare Villa Borsani e Palazzo Bagatti Valsecchi – mi sono detta – ma siamo a 25 chilometri dal centro della città sulla Milano-Meda, una delle strade più trafficate della provincia di Milano! Però era gennaio, il Salone era ancora lontano e l’idea che l’anteprima si svolgesse la domenica antecedente l’inizio della design week rendeva il tutto ancora accettabile.
Il colpo vero e definitivo è arrivato il primo di aprile. Davanti alla newsletter di Fuorisalone.it delle 8.06 strombazzante in apertura “Zona Sarpi debutta alla Milano Design Week”, ho sperato in uno scherzo, in un bel pesce d’aprile. Invece no. Tutto vero. È anche un bel progetto, curato dal mio amico Michele Brunello con tante cose interessanti. Così come sarà certamente bellissima l’iniziativa “Fabbrica Bini Sell/Out items of fashion and design” nell’ex fabbrica della Superga trasformata da un’altra bravissima designer, Gentucca Bini, in un polo creativo. Ma è al quartiere Stadera, periferia sud della città, praticamente all’imbocco dell’autostrada per Genova. È vero che apre il 10 aprile e va avanti fino al 21, ma invece che aiutarmi la notizia mi ha ulteriormente sconfortato. I sei giorni originari del salone del Mobile (da martedì a domenica) più l’anteprima del lunedì del Fuorisalone facevano una settimana intensa, ma una. Che però poi è stata estesa al weekend precedente per le anticipazioni (e fanno 9 giorni), poi anche attaccata a Miart senza soluzione di continuità (e siamo a 10), ma ora ci avviciniamo alle due settimane.
Io non ce la posso fare. Anche decidendo di drogarmi forte e non dormire per l’intera settimana non riuscirei comunque. Le location hanno degli orari. Non sono aperte 24 ore su 24. E poi gli eventi si concentrano tutti nei primi giorni e agli stessi orari nel tentativo di assicurarsi la presenza dei giornalisti stranieri e dei vip che, come si sa, ormai a Milano ci rimangono al massimo fino a giovedì mattina.
A ben vedere quella della Milano Design Week è ormai una forma di mobbing nei confronti dei lavoratori del settore. E allora una dice basta. E si prepara ad affrontare la manifestazione con il necessario distacco (che sarebbe anche doveroso per un addetto ai lavori) e la libertà di chi non ha più nulla da dimostrare a nessuno. È una sensazione bellissima! Nel compilare l’agenda del Salone si coglie solo quello che interessa, si gratificano quelli davvero bravi, si scoprono i giovani e ci si risparmia gli arroganti, i copiatori seriali, i soliti noti che occupano ogni posizione senza più fantasia e senza più alcun senso del limite e del ridicolo. Si tiene anche qualche spazio per andare a vedere cose inutili e certamente imbarazzanti al solo scopo di poterne parlare malissimo dopo. Ma soprattutto si supera quel senso di colpa e di inadeguatezza che è alla base del successo di ogni forma di mobbing e lo si sostituisce con la consapevolezza che, in fondo stiamo facendo un grande favore alla causa.
Cara la mia Milano Design Week, di fronte al moltiplicarsi a dismisura degli eventi per nascondere il vuoto di idee e la mancanza di vera innovazione, io credo che sottrarsi sia prima di tutto un esercizio di responsabilità.