MILANO DAL LOFT AL MICRO
LA FOLLIA IMMOBILIARE

L’annuncio immobiliare di cui tutti a Milano hanno parlato per giorni è stato notato perché rilanciato via social con commenti ironici o scandalizzati: “Milano, via Mosé Bianchi, 12 metri quadrati, classe G, 100mila euro. Splendido appartamento monolocale in zona CityLife a pochi minuti a piedi dalla fermata della M1 Amendola. L’appartamento si compone di ingresso su zona giorno finestrata con annesso angolo cottura e comodo letto. Bagno con doccia. Soluzione ideale per investimento con ottimo rendimento annuale”. Due le reazioni immediate, quella esterrefatta per il prezzo (8.133,33 euro al metro quadrato) e quella indignata per il mancato rispetto delle regole (sia la legge che il regolamento edilizio di Milano considerano abitabile un appartamento monostanza se misura almeno 28 metri quadrati comprensivi dei servizi).

(Micro appartamento Ikea)

Ma se l’annuncio è stato pubblicato, e non è certo il primo di questo genere, significa che un mercato c’è. Anzi, vivere in pochi metri quadrati sembra essere diventata una cosa fighissima, da parigini un po’ bohémiens. E infatti il sito di Living, il mensile di arredamento allegato al Corriere della Sera, pubblica pezzi come questo: “Arredare un monolocale. A Parigi 12 mq pensati come una suite. Un volume color terracotta che racchiude il minuscolo bagno, le superfici terrazzo e il living che si trasforma in zona notte: il mini appartamento progettato dallo studio Marn Déco offre una serie di idee per gli spazi più piccoli”. Dentro ci si legge pure l’architetto Nicolas Payet che spiega: “In questo spazio limitato siamo riusciti a creare un bagno indipendente pensato come una cabina a contrasto, una cucina attrezzata a vista e una zona lounge che si trasforma in zona notte. E per ottimizzare la parete d’ingresso, abbiamo creato una zona lavanderia e un deposito personalizzato e su misura”.

(Nakagin capsule town a Tokyo. Smantellate nel 2023)

Ma se a Parigi causa prezzi impossibili da tempo si vive anche in 22 metri quadrati e oggi si cercano soluzioni politiche per frenare la deriva, a Milano si lanciano le mode. Sì, perché nelle difficoltà il milanese diventa pure ideologico. Sembri quasi cretino tu a vivere in 80 metri quadrati. Vuoi mettere le meraviglie del tavolo che scompare, dell’armadio che diventa letto o del raffinatissimo box doccia che fa da bagno? Agenti immobiliari, costruttori e proprietari gongolano. Propinano l’impossibile e vendono di tutto muovendosi lungo la scia delle campagne di comunicazione e delle strategie di marketing dei grandi sviluppatori immobiliari che da due decenni presidiano e trasformano senza sosta la città proiettandoci nella sfera internazionale e regalandoci il sogno di essere “the place to be”. Ne esce un ritratto impietoso dei milanesi: aspirazionali, velleitari e tragicamente creduloni.

Era già successo nei primi anni 2000 coi loft. La nuova Milano – quella degli urban developer, dei grattacieli e delle archistar in piena promozione ma ancora lontana dalla realizzazione – trascinava un mercato parallelo di ristrutturazioni, di edilizia più accessibile e di formidabili mercanti che proponevano risposte adeguate ai nuovi stili di vita raccontati dagli uffici marketing dei grandi investitori. Tutti si sono improvvisamente sentiti creativi newyorkesi bisognosi di spazi adeguati: ampi, aperti, neutri, da personalizzare secondo il proprio estro. Il Corriere Milano, l’8 gennaio del 2009, pubblicava: “Boom di single a Milano, più che raddoppiato il mercato dei loft. Un 'esercito' di oltre 300mila persone che scelgono le zone e gli spazi abitativi più adatti al loro stile di vita”. E nel pezzo si spiegava: “I single, sempre in aumento, rappresentano ormai una parte importante della popolazione italiana. A Milano sono più di 300mila, escludendo studenti e lavoratori fuori sede: un vero 'esercito', capace di orientare le tendenze del mercato immobiliare, scegliendo gli spazi domestici più adeguati al proprio stile di vita. E proprio i single milanesi, nell'ultimo trimestre del 2008, hanno fatto esplodere il mercato dei loft, più che raddoppiato rispetto ai tre mesi precedenti. Nell’ultimo trimestre del 2008 – riferisce il network Immobiliare.it, sito di annunci di settore con oltre 3 milioni di visitatori ogni mese – sono stati pubblicati oltre 4mila annunci relativi ai loft in città. Per avere un’idea della crescita, si pensi che nel corso dei tre mesi precedenti gli annunci relativi a loft erano poco più di 1.500”.

Cosa è stato venduto a Milano in quegli anni meriterebbe una pubblicazione specifica: ex depositi e officine nemmeno bonificati, spazi industriali e commerciali senza i requisiti base, normalissime abitazioni neanche al piano terra in cui erano stati abbattuti i muri divisori pur di farli rientrare nella tanto ricercata categoria, appartamenti edificati ex novo all’interno di normalissimi complessi residenziali, ma senza suddivisione interna, con doppia altezza e grandi finestre… insomma dei loft. O perlomeno quello che rappresentavano nell’immaginario del milanese medio che sull’argomento risultava essere piuttosto confuso. A cominciare dal nome, che è esattamente come box o golf. Ovvero una parola che esiste in inglese, ma con un altro significato. Così come il box non è un garage ma una scatola, il golf non è un capo di abbigliamento ma uno sport, il loft non è un eccentrico spazio abitativo, ma un solaio, un sottotetto, a voler essere buoni un attico.

Eppure l’ebbrezza di abitare in uno spazio ispirato a The Factory di Andy Wharol o, per i meno raffinati, la casa/sala prove di Alexandra Owens in Flashdance superava tutto. Anche il buon senso. Salvo poi scoprire durante l’emergenza Covid che la vecchia casa borghese con una stanza per ogni cosa sarebbe stata assai più funzionale dei grandi spazi aperti da condividere con altri che studiavano, lavoravano, giocavano, guardavano la tv, si allenavano o cantavano a squarciagola dalle ampie vetrate. Ma non c’è niente da fare, il milanese è ideologico. E così se piccolo deve essere, allora si cantino le gioie della miniaturizzazione e, ovviamente, si registrino record. Come fa da sempre Milanocittastato.it, che ovviamente ha trovato modo di inserirsi nel filone raccontando di Das Kleinstes Haus, la più piccola casa di Brema, venduta a uno youtuber per 77.777 euro: 7 metri quadrati di cui solo 4 abitabili. In origine un pollaio, oggi è sotto la protezione delle belle arti, per cui non potrà essere stravolta. Ma tanto contiene già tutto: bagnetto, cucinino e un ampio terrazzo di 3 metri quadrati sul tetto.

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