YesMilano.it, il sito ufficiale per la promozione di Milano, dice che “Dergano è la frontiera nord della classe creativa milanese” e che “le sue case di ringhiera e i suoi loft hanno preso a popolarsi di under 40 con o senza figli e il quartiere è diventato un epicentro della vitalità milanese sia diurna sia notturna”. Così risalendo dalla banchina della metropolitana fermata Dergano per raggiungere via Imbonati si viene pervasi da una certa inquietudine. E come potrebbe essere altrimenti quando su una guida ufficiale del comune si legge “Borgo quintessenzialmente meneghino che si contraddistinse durante la Resistenza, è stato trasformato dall’arrivo della metropolitana 10 anni fa”?
Oggi si va a Dergano per tante ragioni: perché è la fermata del metro più vicina alla sede del Campus Durando del Politecnico in Bovisa; perché quando c’è la settimana del design è la fermata del distretto Bovisa del Fuorisalone e qui si viene per vedere le installazioni nelle ex fabbriche o il bellissimo showroom di Paola Lenti, un giardino in ex fabbrica verso piazzale Maciachini; perché ci sono ancora diverse aziende, laboratori artigianali o industriali; perché ci sono molte cose da fare, vedere, provare. Interessante la passeggiata da via Imbonati a via Candiani, fino al Politecnico, durante la quale si capisce il senso delle parole di YesMilano. Nell’antico tessuto popolare nel tempo erano rimasti dei vuoti e altri se ne sono aperti in seguito alle dismissioni produttive. Negli ultimi anni sono stati progressivamente riempiti da edifici residenziali, un campionario di forme e stili in linea col susseguirsi delle tendenze nel mondo delle costruzioni: si va dai mattoncini a vista alle lastre ceramiche in facciata; dai balconi con fattezze di loggia ai parapetti di cristallo trasparente; dai tetti spioventi alle coperture a botte; dai serramenti di metallo supertecnologici al ritorno del legno con le persiane scorrevoli...
In comune tutte queste costruzioni sembrano avere soltanto la loro ragion d’essere, ovvero l’avere trovato un terreno in prossimità di una fermata del metro dove poter essere costruite. Non c’è un pensiero generale, un piano complessivo. Sono episodi singoli, il cui valore è determinato dal prezzo del terreno e dal costo di costruzione, indipendentemente dalla qualità dell’architettura, dal mercato immobiliare della zona o dalla presenza di servizi (a parte la metropolitana). Appartamenti nuovi, dai prezzi esorbitanti rispetto allo standard di Dergano, abitati da persone che hanno scelto la casa, non certo il quartiere. Accompagnati da negozi con nomi ambiziosi, come “Stile italiano” (parrucchiere-estetica) o “Creando Milano” (abbigliamento). Ed è un vero peccato. Perché il valore di Dergano è ben altra cosa rispetto alla velleitaria narrazione del Comune di Milano o degli immobiliaristi.
Lo ha raccontato Cochi Ponzoni in una bella intervista rilasciata a Marco Consoli poche settimane fa. Tornato da Roma a Milano nel 1992, dopo essersi allontanato per vent’anni dalla città degli yuppies e dei paninari in cui non si ritrovava più, Cochi spiega di avere visto una Milano che stava rinascendo: “Sono finito in questo quartiere che era una zona popolare, Dergano. Dove però ho avuto la fortuna di trovare una casa meravigliosa, una casa del Quattrocento col giardino. Ho trovato anche una situazione ambientale e di vita favolosa. E poi ho visto una Milano che si stava integrando con tanti immigrati, per cui proprio Dergano è diventata una specie di meltin’ pot tra peruviani, maghrebini, cinesi, c’è n’è per tutti i colori. E poi una zona con tanti locali che sono nati e tanti fermenti che hanno preso forma sotto forma di ritrovi, come quello che si chiama “Rob de matt”, dove vengono accolti ragazzi che hanno problemi comportamentali in un ristorante con un parco bellissimo fuori. Questi locali li ho visti nascere, come ultimamente il centro fatto da de Benedetti che si chiama Tog dove aiutano bambini con problemi di salute con attrezzature modernissime (il Centro TOG Carlo De Benedetti per la disabilità infantile, ndr). C’è tutta una situazione in divenire che per me è stata entusiasmante. Ho ritrovato una Milano in sintonia con le mie aspettative”.
È la vera anima di Dergano, il quartiere dove già negli anni 10 del Novecento nacquero circoli e cooperative che instancabilmente animavano la vita della zona con nobili iniziative come i corsi per il recupero degli analfabeti o la formazione di banda musicale. In quegli anni sono nati anche un forno cooperativo, la biblioteca, un luogo di ricreazione laico voluto dal sindacato operaio. E poi c’erano le case costruite dalla cooperativa edificatrice, che nacquero da un’idea nuova della proprietà privata perché erano abitate da soci che non ne diventavano a tutti gli effetti proprietari, ma potevano usufruire di un bene che non avrebbero mai potuto altrimenti permettersi.
Allo stesso modo oggi a Dergano si trova il Nuovo Armenia, “un luogo che scardina la narrazione dominante sulle migrazioni attraverso un progetto culturale inclusivo che usa diversi strumenti per il dialogo e la conoscenza”, come raccontano i fondatori. C’è anche il Museo Botanico Aurelia Josz, uno spazio all’aperto che si estende su di un’area di oltre 20mila metri quadrati. Era un vivaio comunale, ora apre al pubblico un sabato pomeriggio al mese e propone giochi, laboratori, incontri, reading, musica, visite guidate e tante altre iniziative a tema per bambini e adulti. La storia di questo straordinario quartiere vive anche attraverso il Rifugio Antiaereo 87, accessibile attraverso visite guidate per ricordare e conoscere il doloroso capitolo dei bombardamenti a Milano durante la Seconda guerra mondiale. E allora, alla luce di tutto questo, davanti alla comunicazione stile Beppe Sala ¬– “Dergano, un quartiere dall’atmosfera boho fra il popolare e il sofisticato” – abitanti e frequentatori di Dergano, ribellatevi!