Télouet ci accoglie con il volto sorridente di un giovane alto in costume berbero che posa per i rari turisti all'ingresso della Coopérative de l'Huile d'Argan. "Photo?" "Oui, d'accord". E gli otturatori delle nostre macchine fotografiche scatenano l'inferno. Del resto qui stiamo entrando in zona Gladiatore...
Corro troppo, sì, ma quel che resta della Casbah di Télouet comincia a richiamare alla memoria l'ambientazione del film che consacrò Russell Crowe nell'empireo di Hollywood. La casbah dopo il terremoto ha subito ulteriori danneggiamenti che l'hanno ridotta a un cumulo di macerie alle quali è pericoloso avvicinarsi troppo. Peccato perché probabilmente, a giudicare dalle foto di qualche anno addietro che sono andato a sbirciare sul web prima di partire, forse è una delle più belle dell'Alto Atlante.
Non è molto antica: il corpo principale del villaggio risale al 1860. La porzione più recente è invece del 1920 e a intuito credo che sia quella che ha subito meno gli scrolloni dell'ultimo terremoto. La casbah era stata costruita per volontà (e maggior prestigio) di Thami El Mezouari Aglaou, più noto come El Glaoui, uno dei più celebri pascià del Marocco. A un certo punto, El Glaoui cade in disgrazia per aver tramato alle spalle del sultano e lo sbattono all'esilio in Corsica. Al suo rientro, negli anni '50, si sottomette al nuovo re ma si ammala di cancro e muore nel '56 proprio qui a Télout. Poco dopo la sua morte la casbah viene abbandonata, ma insomma, quando si dice "sto come un pascià"... qui si intuisce il significato originale.
Télouet era prosperata nel corso dei secoli perché si trova sulla "Via del sale" che collega le miniere, di cui la zona è ricchissima, con Marrakech. Qui si fermavano tutte le carovane che trasportavano il sale nella vecchia capitale. Per costruire la nuova casbah, accanto ai resti di quella precedente, il Pascià El Glaoui non badò a spese. Se avessimo potuto visitarla avremmo di sicuro ammirato le straordinarie decorazioni degli interni per realizzare le quali, si legge nelle guide turistiche, furono impiegati per tre anni ben 300 operai.
In origine la casbah era costituita dalla fortezza, dal castello e dal caravanserraglio, ora resistono la residenza principale, alcuni edifici satellite e molte macerie. Con la riscoperta del suo valore in chiave turistica, si era creato una sorta di movimento internazionale per evitare che questo bene storico, culturale e architettonico vada perduto, ma di certo la botta del terremoto non ha giovato alla causa.
Le rovine sono suggestive, sì, ma niente al confronto di quello che si trova, chissà ormai in quali condizioni, al loro interno: decorazioni, mosaici, stucchi, dipinti, tutto in armonia con le tradizioni artistiche del popolo berbero ma in versione aggiornata. Noi ci giriamo intorno, stiamo a distanza. Qualche scatto alla vecchina che si sottopone con pazienza a farci da modella mentre carda la lana e poi tutti a bordo, destinazione Ait-Ben-Haddou, il grande set del Gladiatore...
(3-continua)