SPIAGGE
DI ORAK BAY
"MALDIVE"
DI TURCHIA

Il porto di Bodrum è affollato di bancarelle. Immersioni, barche di lusso a noleggio e soprattutto gite via mare. Ci sono baracchini ovunque pieni di ragazzi abbronzati. Sciamano sui turisti per vendere tutto quello che offrono. I prezzi sono stracciati. Tutto in contante, se provi a esibire una carta ti guardano storto. Chi urla, chi ammicca, chi è più discreto e ti prende sottobraccio. Ai Turchi non manca certo la capacità di negoziare. Non esiste da queste parti il prezzo fisso. La vendita è assolutamente libera e il costo finale non è che una variabile impazzita di simpatia, povertà, strette di mano, parole in inglese storpiate. Insomma, un po’ di cose.



Alla fine arriviamo al punto. Una gita in barca per due, duemila lire turche. Nemmeno sessanta euro, pranzo incluso. Viene da ridere se si pensa che dalle nostre parti questa cifra non basta nemmeno per un traghetto. Di sola andata, naturalmente. La barca, a due piani, con solarium annesso, si riempie in mezz’ora. Musica turca, metà dance metà neomelodica, sfonda gli altoparlanti. Ai Turchi questa musica manda fuori di testa. Tutti, comprese le donne più pudiche, non resistono e si buttano in pista a ballare. Ballano e bevono. Tè, nient’altro. Turisti e balletti mentre il mare scorre sempre più veloce e il porto di Bodrum si fa piccolo alle mie spalle. Sullo sfondo una cartolina: filari di mulini a vento diroccati e il castello di San Pietro.



La barca impiega quaranta minuti per raggiungere la destinazione. Orak bay. Le Maldive di Turchia. Sulla banchina, a Bodrum, pensavo al solito slogan turistico. Acchiappa like e soprattutto acchiappa turisti. Nulla di tutto questo. La natura è incontaminata, macchia mediterranea che arriva fino alle spiagge rocciose e candide. Il mare è una piscina, turchese e bianca, piena di pesci che passano dalla chiglia di una barca all’altra. Barche su barche, a formare un ponte senza fine. Chi si tuffa, compreso il sottoscritto, esibendosi in gesti improbabili; chi prende il sole; chi paparazza la fidanzata; chi posta su Instagram. Il vociare è insistente, tenuto a bada dalla tranquillità della natura. Orak è solo la prima tappa. A seguire German Bay, Rabbit Bay, Sand Bay. Calette, insenature, piccoli antri. Acqua tanto limpida che si può bere. Intorno a me una babele di lingue. Slave, per di più, con i Russi che hanno messo bandiera anche qui. Poi turchi, estoni, americani, siriani. Italiani, nessuna traccia.



Mentre passo da un isolotto all’altro, dondolato dalle onde, faccio conoscenza con una famiglia turca. Mamma e due figli. Parlano inglese. Mi offrono pezzi di pogaca, una sorta di rustico ripieno di formaggio di capra. Vogliono sdebitarsi perché a una delle figlie ho dato una salvietta igienizzante. Iniziamo a parlare, prima con diffidenza, poi con sempre maggiore scioltezza. Vengono da un paesino vicino Gobekli Tepe, il famosissimo sito di età neolitica. Dico loro che sono un archeologo e si appassionano ai miei racconti. Discorriamo, si finisce col parlare di cultura e di culture, di civiltà. In particolare di quella arabo-normanna di Sicilia. Mi esce spontaneo dire loro che non esistono barriere né differenze. Siamo tutti parte di un unico mondo ed è questo a renderci uomini e donne liberi. La donna davanti a me, protetta in parte dal suo velo, sorride. So che è d’accordo con me anche se, forse, non me lo può dire apertamente. Respiro, sorseggio un po’ di tè ed è una sensazione al limite della magia.



Sto quasi per rientrare a Bodrum. Sento le spalle pizzicare ma sono felice. Anche perché da poco ho fatto un incontro incredibile. Due sorelle, con figlie al seguito. Una di chiama Nesrin, ha quasi cinquant’anni ed è un noto avvocato di Istanbul; l’altra ha un nome impronunciabile che faccio fatica a ricordare. Nesrin è solare, affabile e molto colta. Ha visitato l’Italia anni addietro. É stata a Venezia, lago di Como e Milano. La conversazione si fa sempre più fitta, la invito in Italia, a visitare tutto il Sud con la sua storia e le sue spiagge, lei ricambia dandomi il suo indirizzo ad Istanbul, le parlo dei miei libri, parliamo del tempo che fu di Bisanzio prima e di Costantinopoli poi. Ci scambiamo i numeri e i nostri canali social. Alla fine della giornata una foto di gruppo immortala questo bellissimo incontro.

(2. continua)


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