(Il palazzo reale di Ugarit - foto Loris Romito da wikipedia)

LATAKIA
SIRIA
DEI SETTE
LAGHI

La mattina lasciamo l'albergo a Kasseb e ci dirigiamo verso il sito archeologico di Ugarit, non lontano dalla città di Latakia. Prima di entrare a Ugarit ci fermiamo a mangiare delle manoushe cotte al forno a legna, nel ristorantino di una signora di fronte al sito archeologico. Ci offrono anche un ottimo succo di mandarino. Finite le manoushe, ci incamminiamo verso i resti dell’antica città. La massiccia porta di ingresso ci accoglie come un passaggio nel tempo, l’arco di entrata, chiuso da una grossa pietra, ricorda quasi una fenditura naturale della roccia. Il muro è piramidale, ci riceve come in una bocca spalancata.


(La porta di Ugarit)


Una volta dentro, i resti della città appaiono ai nostri occhi. L’erba è alta, i guardiani ci spiegano che il governo non ha i soldi per tagliarla. Si vedono però dovunque muri, in alcuni casi alti non più di un metro, in altri arrivano a quello che doveva essere il secondo piano. I muri permettono di comprendere bene la planimetria del palazzo reale e della città, visti dall’alto sembrano quasi il circuito di un microchip.

Ugarit, insieme a Uruk e a Eridu in Mesopotamia, è una delle più antiche città del mondo, con reperti preistorici che risalgono al VI millennio a.C. La più antica attestazione scritta del nome della città proviene invece dalla vicina città di Ebla, e risale intorno al 1800 a.C. Secondo gli studiosi, durante il periodo della sua massima fioritura, tra il XVI e il XII secolo a.C., Ugarit ebbe contatti costanti con l'Egitto e con Cipro.


(Il sito)


Il palazzo reale si trova, insolitamente per l’epoca, nel mezzo della città e vi sono stati ritrovati molti depositi di tavolette. Tra di esse vi sono i famosi Canti Hurriti o Inni Hurriti, una serie di testi per musica, in tutto 36, scritti in caratteri cuneiformi su tavolette d'argilla. Databili al 1400 avanti Cristo, costituiscono il più antico esempio conosciuto di notazione musicale al mondo. Di alcuni conosciamo perfino il nome dell’autore e lo strumento musicale per cui erano stati concepiti, una specie di lira.



Ma la tavoletta più importante è senz'altro quella che oggi si trova al Museo Nazionale di Damasco, con l'alfabeto ugaritico elaborato nel XIII secolo a.C. per ridurre la scrittura sumerica a 30 consonanti. Si tratta di una lingua semitica oggi conosciuta solo attraverso la scrittura, utilizzava un alfabeto sillabico mutuato dal cuneiforme. È probabile che i fenici adottarono questa innovazione ugaritica, diffondendola tramite i loro commerci ed elaborandola con l'aggiunta di vocali fino a quello che viene considerato il primo alfabeto fonetico.

Le tavolette degli archivi della città parlavano soprattutto di temi commerciali, diplomatici, legali, religiosi, amministrativi o scolastici. La maggior parte sono scritte in quattro lingue: sumerico, accadico, hurrita e ugaritico, lingua del tutto sconosciuta fino al ritrovamento degli archivi. Ma sono state trovate anche tavolette scritte in geroglifici egiziani, anatolici e in lingua cipriota minoica.


(Una delle tavolette di Ugarit)


In una di queste vi è addirittura il più antico atto di compravendita al mondo, datato circa 3.400 anni fa, che recita: “Dal presente giorno, davanti a testimoni, Ilya, figlio di Sinya e Padya, suo fratello, hanno venduto 4 iku del loro campo, che si trova tra i campi del villaggio di Sau, per 180 sicli d'argento a Sharelli, la regina”. Vi sono state trovate anche tavolette a tema mitologico, sono stati identificati frammenti di diverse opere poetiche, tra cui la "Leggenda di Keret", la "Leggenda di Dan-el", il "Mito di Baal-Aliyan", e la "Morte di Baal".

Tra le rovine vi è anche quel che sembra un grande bacino per le abluzioni di un tempio.


(Una spiaggia nella provincia di Latakia)


Dopo la visita al sito archeologico, ci dirigiamo verso la vicina costa e ci fermiamo su una spiaggia dal mare cristallino, dove si trova un piccolo bar. Dalla spiaggia al mare profondo, l’acqua è cosi trasparente da essere prima del colore bruno dei sassolini, poi gialla come la sabbia, per poi trasformarsi in un turchese abbagliante, dove diventa più profonda. Prima di lasciare la spiaggia, prendiamo un thè al baretto.

Risaliamo in macchina e ci dirigiamo verso l’hotel, un lussuoso ma non bellissimo resort per ricchi siriani a pochi chilometri da Latakia. Un hotel all’americana, con discoteca, ristorante, piscina e spiaggia privata. L’americanata mi fa rimpiangere la splendida spiaggia desertica con il piccolo chiosco con le pagliarelle. Lasciate le valigie, ci dirigiamo verso la regione dei laghi.


(La regione dei sette laghi)


Lasciamo la pianura e ci inerpichiamo sulle colline verdi, tutto intorno a noi solo campagne coltivate e boschi mediterranei. Di colpo, in cima a una collina, in modo quasi teatrale, appaiono un gruppo di grandi laghi, connessi l’uno all’altro, dalle acque intensamente blu. Sono chiamati i Sette Laghi.

Scendiamo dalla collina e ci avviciniamo. Fermiamo la macchina vicino alla costa, in un punto di approdo di imbarcazioni per turisti. Il mio amico decide di fare un giro in barca, io faccio una passeggiata sulla riva. Bisogna fare attenzione perché, mi dicono, vi è un rischio di sabbie mobili. In effetti provo a entrare in acqua, ma i piedi affondano nella melma e rinuncio. Dopo un’oretta la barca, con musica araba a tutto spiano e il mio amico con una birra in mano, appaiono all’orizzonte. Ci fermiamo un altro po' sulla riva a mangiare un’anguria e poi partiamo alla volta di Latakia.



Arriviamo nella città portuale verso le cinque. Di primo acchito ricorda un po' Atene. La città è tutta moderna, un decadente anni Settanta, anche se non priva di un certo fascino. Tra le palazzine però appaiono con una certa frequenza imponenti resti di edifici romani. Colonne di templi e altro, in mezzo a rotatorie o aiuole tra i grigi palazzi della media borghesia locale.

Ci fermiamo a vedere alcuni colonnati e poi parcheggiamo nei pressi di una piazza. Tra gli edifici moderni, dall’aria polverosa e decadente, ma pur sempre medio borghesi, ecco apparire di colpo un magnifico arco di trionfo romano di Settimio Severo, perfettamente conservato.


(Latakia, l'arco di Settimio Severo)


La città greca fu fondata nel 300 a.C. da Seleuco I, re di Siria e Babilonia, uno dei generali di Alessandro Magno. Il matematico e poeta Filonide di Laodicea era originario di Latakia.

Nel 2010, prima della guerra civile, la città contava circa 400000 abitanti; nonostante le statistiche non siano concordanti, più o meno sunniti e alauiti si equivalevano e il 13% erano cristiani, prevalentemente greco ortodossi. Oggi è difficile dirlo, anche se la città non sembra aver subito alcun danneggiamento, dal momento che la costa siriana è rimasta praticamente sempre sotto il controllo del governo.

Visto l’arco, riprendiamo la macchina e ci dirigiamo sulla corniche, dove andiamo a mangiare. La guida insiste perché prendiamo subito un tavolo, visto che è giovedì. Avendo voglia di camminare sul lungo mare al tramonto, li lascio al ristorante e mi faccio una passeggiata. Gli appartamenti negli edifici sulla corniche sono chiaramente per ricchi.


(Resti romani a Latakia)


Sono più alti, più moderni, pieni di terrazzi e vetrate e non hanno un’aria polverosa. La strada è costeggiata da palme e da un precipizio di scogliera bianca sul mare.

Sotto vi sono rocce e spiagge.

Anche la strada sopra è piena per lo struscio del giovedì. Tutti mangiano, affollando i lussuosi ristoranti o le bancarelle di street food.

Cerco la strada per scendere verso le scogliere e spiagge sul mare. Scendo, c'è folla, tavoli con gente che mangia, fuma e prende un chai. Tra le barchette dei pescatori posate sui ciottoli rossicci e rosa della spiaggia, vi sono dei tavolini di plastica bianca. I tavoli sono per lo più affollati di donne, dall’aspetto popolare e simpatico, con i figli piccoli.

Per cercare i ragazzi mi devo spingere sulla scogliera, li vedo in lontananza che fumano la shisha. Mi incammino anch’io verso la scogliera bianca e mi fermo a osservarli. Nessuno fa caso alla mia presenza, fumano, giocano a carte all’imbrunire.


(La corniche)


Raggiungo gli altri nel ristorante, è chiaramente un posto di lusso, con ampie terrazze sul mare.

Nonostante la crisi, è pieno e si mangia molto bene, anche se per me non ha il fascino dei tavolini sulla spiaggia con le signore che controllano i figli.

Dopo un’ottima cena, con il tavolo imbandito di mezzé convinco gli altri a prendere un chai sulla spiaggia di prima. Prendiamo un the e ci perdiamo nelle chiacchiere. Verso le 23 lasciamo la spiaggia per tornare nel nostro albergo resort fuori Latakia. Per raggiungerlo passiamo da un mercato notturno in un paesino, pieno zeppo di persone che mangiano street food e fanno acquisti.

Arrivati nell’albergone di lusso, lo troviamo anch’esso pieno di attività. Persone che vanno al night club, o al bar, dove tutto è assurdamente costoso, o sono sulla terrazza davanti alla spiaggia. Gli avventori sono tutti siriani, anche se non mi è chiaro se siano tornati nel paese per vacanze o se vivano in Siria.



Decidiamo di salire in stanza e berci sul balcone il vino del contadino che abbiamo preso sulle colline sopra Tartous. Mentre lo sorseggio penso a questo paese, così complesso e sorprendente, in cui, nonostante sia da poco uscito da una guerra civile decennale, convivono realtà tanto diverse. Ricchi e poveri, gente di ogni religione, colline mediterranee con vigneti dove si producono vini e arak, deserti e montagne innevate. Edifici bombardati e centri storici intatti, con baretti e piccole discoteche. Laici e religiosi delle fedi più disparate.

Per fortuna nemmeno le armi e la tragedia della guerra civile sono riusciti a cancellare questa Siria, che nonostante tutto sopravvive.

(3. continua)


1 - I LUOGHI DI PADRE DALL'OGLIO


2 - TARTOUS, SULLE TRACCE DEI CROCIATI

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