SCIATTERIA
LA VIA ITALIANA
AL FALLIMENTO

Racconta chi abita in piazza Castello a Milano, o ci passa frequentemente, che in via Luca Beltrami, dove hanno iniziato i lavori di rifacimento nel luglio del 2021 per concluderli l’anno successivo, hanno lasciato le transenne in vista di ulteriori interventi mai iniziati. Risultato? La via in cui passano tutti i turisti per andare a visitare il Castello Sforzesco si è trasformata in una specie di discarica urbana dove molti si sentono liberi di gettare rifiuti.

Ma non solo. La “civilissima” Milano, per una delle sue aree monumentali più importanti, sembra non mostrare proprio alcuna cura. Se da una parte ha deciso di intervenire rifacendo tutta piazza Castello, dall’altra si dimentica per mesi di togliere anche i recinti di plastica rossa dalle parti terminate, lasciando un cantiere dove in realtà ci sarebbero giardini completamente riqualificati.

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Si chiama sciatteria. È una delle parole d’ordine del tempo che viviamo. Siamo riusciti a sdoganare anche l’apparire trascurati, l’essere impreparati, il non avere cura di nulla, senza per questo sentirci in difficoltà o provare un minimo di vergogna. L’onda arriva da lontano, i primi segnali si erano visti già dieci anni fa, quando Paul Krugman, premio Nobel per l’economia nel 2008, dedicò un editoriale del New York Times alla misera performance di due noti giornalisti specializzati che commentando le politiche economiche in atto avevano dimostrato di essere impreparati e “dolorosamente mal informati”.

Il pezzo era intitolato “The Sloppiness Syndrome” (La sindrome della sciatteria) e questa era la sua conclusione: “E se tutto questo porta a ferire dei sentimenti, beh, questo non è un gioco. Stiamo discutendo di politiche che interessano decine di milioni di persone. E non è proprio il caso di partecipare a questa discussione se si è così impegnati a cercare di sembrare intelligenti da non poter essere distratti dal fare i compiti a casa”.

Mai come in questi anni abbiamo avuto dimostrazione pratica di quanto versatile possa essere l’aggettivo derivato dal latino exaptus, ex-aptus, il contrario di aptus che significa adatto, conveniente. “Sciatto”, l’inadatto, in realtà si adatta a ogni campo, dal più classico vestire al lavorare, al parlare, allo scrivere, al progettare, all’insegnare, fino tragicamente al curare, all’amministrare e al governare. Ma non sembra esserci nulla in grado di fermare questa deriva. Non bastano nemmeno gli episodi tragici di malasanità come la povera anziana di Lecco morta durante un ordinario intervento ortopedico per una trasfusione di sangue fatta con la sacca sbagliata. “Forse un caso di omonimia”, si sono giustificati in ospedale.

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La sciatteria, soprattutto dopo la pandemia, non ci appare grave. Anzi, ci sembra una cosa divertente, liberatoria. Del “Goblin Mode” – un termine gergale che si riferisce a un comportamento autoindulgente, pigro, sciatto, anche avido, che in genere rifiuta le norme o le aspettative sociali – abbiamo fatto la parola dell’anno 2022. Merito, o colpa, dell’Oxford English Dictionary, il principale dizionario della lingua inglese, che aggiorna costantemente i circa 19 miliardi di termini che contiene e ogni anno decreta The Word Of The Year (la parola dell’anno) scegliendola tra quelle che riflettono i sentimenti e le preoccupazioni di un’epoca e che hanno un significato potenzialmente duraturo. Di solito è selezionata da una giuria di esperti, ma per il 2022 è stato chiamato anche il pubblico a scegliere tra una short-list di tre parole finaliste. Hanno votato oltre 340mila persone nel mondo. Il “Piacere di essere sciatti” ha vinto con il 93% dei consensi sbaragliando “Metaverso” che ha preso il 4% e “Istandwith” (Io sto con, io sostengo) che si è fermato al 3%.

 

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Ma se un bel pigiamone colorato e i capelli in disordine ci hanno aiutato a superare la pandemia rendendo il lavoro in remoto più confortevole e le riunioni più divertenti, la scarsa cura nello studio e nel lavoro sta provocando effetti disastrosi. Soprattutto in Italia. Gli ultimi dati del Ministero dell’Istruzione e del merito sul numero di abbandoni tra le matricole sono preoccupanti. Hanno raggiunto il 7,3% nell’anno accademico 2021/22, una cifra in aumento (era il 6,1% nel 2019/20) e che corrisponde a 23.660 studenti. I motivi sono tanti, ma la sostanza è che gli studenti arrivano all’università impreparati.

Secondo l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) un diplomato su due non raggiunge i livelli base di preparazione e uno su dieci non possiede nemmeno le competenze minime. Che equivale a dire che si è fermato alla terza media come preparazione. Le prove Invalsi che hanno preceduto l’esame di maturità del 2022, superato da ben il 95% dei candidati, dimostrano una realtà molto diversa: in italiano e matematica la metà degli studenti non raggiunge il livello base. Un bel tracollo, solo nel 2019 il livello base per la matematica era stato raggiunto dal 61% dei maturandi. I dati non sono omogenei nel paese e, come spesso succede, il sud sta pure peggio: in Calabria, in Calabria, Campania e Sicilia il livello base d’italiano non è raggiunto nemmeno dal 40% degli studenti.

Questi ragazzi si iscrivono comunque all’università e sempre più spesso abbandonano entro il primo anno. In questo modo si perdono subito gli studenti più deboli e la percentuale di laureati italiani resta inesorabilmente inchiodata ai livelli più bassi tra i paesi europei. Certo le cause sono molteplici. Non c’è solo l’impreparazione. Ci sono le difficoltà economiche e l’incertezza sulle prospettive future e sulle possibilità lavorative. Ma mancano anche i fondamentali di un sistema universitario completo e accurato: i programmi di orientamento, fondamentali per evitare di commettere errori nella scelta del percorso di studi, i programmi di tutorato, gli strumenti di supporto psicologico o gli sportelli d’ascolto. Mancano persino quei corsi specifici per permettere a tutte le matricole di recuperare le carenze di preparazione che erano stati istituiti da una legge del 2004 voluta dall’allora ministro dell’istruzione Letizia Moratti. Se non è sciatteria questa…

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