SUPERCALDO ITALIANO
GELATI E BANALITÀ

Lo schema ormai è collaudato: fa caldo, molto caldo, ogni estate è un nuovo record, quindi – soprattutto se siete anziani – state in casa nelle ore più calde, bevete molto e mangiate frutta e verdura. Ogni anno che l’era dell’antropocene ci concede, arrivati al picco della calura estiva, il mondo dell’informazione si scatena e si trasforma in una Grande Badante che dispensa consigli ovvi, soluzioni scontate e ricette insulse per aiutare tutti a superare il periodo estremo.

Non che le istituzioni sappiano fare molto meglio. Ecco “i dieci consigli utili” che si trovano sul sito del ministero della salute: uscire di casa nelle ore meno calde della giornata, indossare un abbigliamento adeguato e leggero, rinfrescare l’ambiente domestico e di lavoro, ridurre la temperatura corporea, ridurre il livello di attività fisica, bere con regolarità ed alimentarsi in maniera corretta, adottare alcune precauzioni se si esce in macchina, conservare correttamente i farmaci, adottare precauzioni particolari in caso di persone a rischio, sorvegliare e prendersi cura delle persone a rischio.

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Tutti questi suggerimenti, da qualsiasi fonte provengano, oltre all’estrema banalità hanno in comune altre due caratteristiche: essere incentrati sull’impegno dei singoli e ignorare completamente la natura reale del problema. Sarebbe invece interessante sapere in che cosa consiste davvero la questione delle ondate di calore e che cosa stanno facendo le istituzioni a qualsiasi livello per migliorare la situazione. È proprio di questi giorni la reazione spazientita del decano dei meteorologi italiani, Mario Giuliacci, in merito al supposto record di caldo raggiunto nelle settimane centrali di luglio.

Intervistato da Libero quotidiano a domanda sull’estate più calda di sempre ha risposto: “No. Giugno è stato sotto la media, è piovuto tanto. Quindi anche se luglio, e non lo diventerà, sarà il più caldo di sempre e fosse così anche agosto, facendo la media dei tre mesi non verrebbe fuori assolutamente l’estate più calda di sempre”. E all’obiezione del giornalista “Ma se tutti o quasi dicono ‘caldo record’: 40 gradi qua, 45 là...” ecco la risposta del colonello: “Se davvero fossero stati i valori reali e costanti sarebbe stata una strage di anziani, un’ecatombe. Al Nord invece siamo arrivati a 35, a Firenze e Perugia 36-37. L’unica città del centro in cui in queste ore potremmo arrivare effettivamente a 40 è Roma. Discorso a parte per certe zone della Sardegna e della Sicilia. Me lo lasci dire: ormai siamo allo stupidario meteorologico”.

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Se invece si provasse a spiegare che cos’è un’isola di calore e perché dovremmo intervenire per attenuarne gli effetti, faremmo grandi passi avanti. La climatologia definisce isola di calore il fenomeno che determina un microclima più caldo all’interno delle aree urbane rispetto alle zone circostanti caratterizzate da una maggiore copertura vegetativa del suolo. Le cause sono diverse e interagiscono tra loro. In sintesi possiamo dire che a pesare sono soprattutto l’alta densità degli edifici che impedisce al vento di circolare ricambiando l’aria, l’elevata concentrazione di superfici che assorbono e trattengono il calore (come l’asfalto), le emissioni degli autoveicoli, degli impianti industriali e quelle dei sistemi di riscaldamento o dell’aria condizionata.

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Alcune città nel mondo si stanno muovendo per affrontare il problema che, complice il surriscaldamento del pianeta, diventa sempre più grave e urgente. Recentemente sul sito del World Economic Forum (weforum.org) è comparso un articolo dedicato a sette realtà urbane che stanno affrontando le ondate di calore in modo innovativo. A Siviglia – dove si raggiungono regolarmente i 40 gradi nei mesi estivi e dove le ondate di calore sono classificate come in Asia e negli Stati Uniti si fa con cicloni e uragani – è stata inaugurata la “Politica dell’ombra”: sono state installate tende da sole in tutta la città. Come ha spiegato il sindaco Antonio Muñoz, “è solo una delle tante cose che dobbiamo fare se vogliamo essere in grado di utilizzare le strade: dai bambini che giocano alle persone che vanno a fare la spesa o semplicemente decidono di sedersi fuori a parlare”. e decidono di sedersi fuori a parlare”. E infatti piantano cinquemila nuovi alberi ogni anno, installano fontane pubbliche e passano a materiali da costruzione capaci di riflettere il calore.

 

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Gli alberi sono la strada maestra scelta dalla città di Sydney la cui area urbana, che misura 1,3 milioni di ettari, vedrà piantare altri cinque milioni di alberi entro il 2030. A Los Angeles si sperimenta invece la vernice bianca contro le ondate di calore. Finora sono state rese candide dieci strade di dieci quartieri con lo scopo di riflettere i raggi del sole e rendere più fresca l’aria circostante. Col sole gioca anche Abu Dhabi, dove si prevede che il cambiamento climatico spingerà le temperature medie ben oltre i 50 gradi Celsius nella seconda parte di questo secolo. E così si sperimentano edifici in grado di farsi ombra da soli: i 26 piani delle Al Bahar Towers sono dotati di schermi pieghevoli che, controllati da un computer, si aprono e si avvicinano per fornire ombra a seconda della posizione del sole.

Parigi, che uno studio ha classificato come la città a più alto rischio di mortalità correlata al calore tra le 854 città europee analizzate, ha realizzato la mappatura di 800 “isole di fresco” sparse in tutta la città, il cui elenco è disponibile su un’apposita app. Si tratta di parchi, fontane, edifici pubblici (anche piscine e musei) dove la temperatura è di almeno 2/4 gradi inferiore agli spazi circostanti. Inoltre ha programmato di piantare 170mila nuovi alberi entro il 2026.

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Il verde è la scelta anche per Rotterdam, che però ha deciso di metterlo sulle coperture degli edifici. La città punta a piantumare 900mila metri quadrati di tetti dove le vasche serbatoio che raccolgono l’acqua piovana per l’irrigazione diminuirebbero anche il rischio di inondazioni. Migliaia di alberi autoctoni, palme, bambù e piante tropicali sono la ricetta anche per la città di Medellin che ha piantato tutte queste specie lungo i marciapiedi, neiparchi come nelle strade più trafficate, per fornire percorsi ombreggiati. Sono già 30 e vengono chiamati “corridoi verdi”.

E ono chiamati “corridoi verdi”.
E in Italia? Si parla molto, ma si conclude poco. A Milano, una delle città più a rischio, si annunciano titaniche campagne di piantumazione, ma poi si perdono i fondi PNRR a questo destinati per mancanza di aree di dimensione adeguata dove mettere a dimora gli alberi. Si rifanno anche piazze importanti, come San Babila e Castello, ma l’arredo urbano non prevede il verde e consiste in ampie distese di pietra grigia usata anche per realizzare le panchine. In attesa di politiche mirate e soluzioni concrete, non resta che mangiare dei gelati, come dicono al tg. Sempre che non si sciolgano prima di trovare una panchina all’ombra dove riuscire a sedersi senza fondersi con la superficie di pietra arroventata.

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