Quest’estate si sono moltiplicate le condivisioni di post dedicati ai bambini autistici, come quelli del Comitato Autismo 365. “Quando andrete in vacanza, vi capiterà di osservare alcune situazioni per voi anomale: 1) bambini che in spiaggia scappano ovunque, rincorsi da genitori affannati; 2) bambini che si buttano in terra senza un apparente motivo e che urlano rifiutandosi di camminare; 3) bambini che al ristorante non mangiano nulla e che si alzano in continuazione; 4) bambini che, se rivolgete loro la parola, non vi risponderanno, o vi risponderanno qualcosa di astruso o incoerente con la vostra domanda; 5) bambini che ad un concerto si tapperanno le orecchie con le mani. Non giudicate maleducati quei bambini o cattivi educatori i loro genitori, potreste essere vicini ad un bambino autistico e alla sua famiglia. Sì, perché l’autismo non va in vacanza! Pensiamo che questi piccoli spunti siano ancora importanti per riconoscere questa neurodiversità, anche in ferie, e per cercare di non giudicare chi la vive”.
In realtà capitano assai raramente queste situazioni perché i genitori e le famiglie dei bambini autistici, e in generale di quelli con qualche forma di disabilità, sono di solito fin troppo rispettosi degli altri e hanno la tendenza ad autocensurarsi. E sarebbe bello invece poter assistere a momenti di sguaiatezza di bambini in difficoltà lasciati liberi di esprimersi e di godersi le vacanze o anche solo la giornata in un parco urbano.
Comunque, sarà la campagna di sensibilizzazione ben studiata, saranno le settimane estive quest’anno davvero tranquille, ma l’attenzione di chi scrive ha finito col concentrarsi sui minori in vacanza. Che si sono rivelati un ottimo punto d’osservazione dei cambiamenti in corso nei comportamenti sociali e probabilmente un buon osservatorio di qualche dinamica futura.
La prima cosa che colpisce sono i genitori, la gran parte convinta che la gioia che provano per qualunque azione delle loro creature debba essere condivisa con tutti i presenti, anche con gli sconosciuti distratti. Forse per questo sottolineano ogni prodezza a voce alta cimentandosi in una era e propria telecronaca: “Oooh, hai tirato il pallone”, “Uuuh, hai messo il cappellino”, “Ahi, ti sei tolto i braccioli”, “Bravo! Hai mangiato tutto”… Facile che i bambini si convincano di essere formidabili intrattenitori espandendo il proprio ego e se poi qualche vicino prova a sorridere teneramente o a mostrarsi divertito, la tiritera può durare a lungo con toni sempre più eccitati fino alla molestia acustica.
I nonni invece sono anzianissimi e spesso in difficoltà. E del resto l’età delle donne alla nascita del primo figlio è in aumento in tutta Europa (dati Eurostat): nel 2013 l’età media era di 28,8 anni, ma nel 2019 era di 29,4. Tutti i Paesi membri hanno riportato un aumento dell’età media nel periodo tra il 2001 e il 2019, ma le madri primipare più anziane (30 anni e oltre) sono state registrate in Italia (31,3 anni), Spagna e Lussemburgo (31,1), Irlanda (30,7), Grecia (30,6), Paesi Bassi (30,1) e Cipro (30,0). Inoltre, nello stesso periodo, è più che raddoppiata la quota di nascite da madri con più di 40 anni. In questo caso in testa alla classifica c’è la Spagna (10% di tutti i nati vivi) seguita dall’Italia (8,9%), dalla Grecia (8,4%), dall'Irlanda (7,9%) e dal Portogallo (7,8%). Logico che di nonni cinquantenni e sessantenni in giro se ne vedano proprio pochini. A inseguire bimbetti in età prescolare tra gli ombrelloni, a spingerli sull’altalena e a scongiurarli di rallentare in bicicletta ci sono donne e uomini ultrasettantenni con evidenti dolori articolari, fiato molto corto e stati d’ansia permanenti. Talmente provati da non avere nemmeno più la forza di imporre alle creature un sonnellino pomeridiano o di impedire loro di fare il bagno per almeno due ore dopo il pranzo. (Quest’ultima in realtà è una buona notizia. Siamo l’unico paese al mondo ad aver dato valore scientifico a una consuetudine che probabilmente era nata solo per garantire pause ristoratrici postprandiali a generazioni di nonni e genitori).
Quanto ai bambini, è sempre più difficile trovarne qualcuno capace di chiedere qualcosa senza piangere. Maschi e femmine. L’interlocuzione col mondo adulto è nella modalità piagnisteo almeno fino ai sei-sette anni. Sarebbe interessante capire se le cose a quel punto migliorano perché interviene la scuola o perché ci mette una pezza madre natura infondendo alle creature un minimo di maturità. Appare infatti da escludere un intervento decisivo dei genitori che, nella maggior parte dei casi osservati, sembrano del tutto incapaci di proibire alcunché ai figli.
Si registra anche che dopo la scomparsa di scappellotti e scapaccioni, avvenuta ormai molti anni fa, risulta al tramonto anche un grande classico che tutti speravamo invece imperituro: “Ti sei lavato/a le mani?”. Bambini e bambine – spesso vestiti all’ultima moda con capi firmati, attrezzati con ogni genere di device tecnologico e accessoriati con giocattoli costosissimi – vengono fatti passare con assoluta nonchalance dalla palta alla merenda, dall’asfalto alla tavola contemplando l’uso dell’acqua solo ed esclusivamente come bibita.
Quando crescono non va meglio. A colpire sono le ragazzine. Che sembrano aver raggiunto la parità coi maschi anche nel rapporto col l’ordine e la pulizia. Chi aveva sperato in una femminilizzazione del pre-adolescente tipo, in una conversione alla filosofia metrosexual con grande attenzione all’igiene personale e alle buone maniere, resta basito di fronte al fenomeno esattamente opposto. Meravigliose ragazzine dai 12-13 anni fino a tutta l’adolescenza, perfettamente vestite e truccate, incapaci di lasciare un bagno, pubblico o privato che sia, in condizioni accettabili.
Ma del resto, ordine e pulizia hanno abbandonato persino gli interessi dei gestori dei nuovi templi del lusso. Proprio quest’estate la polemica è scoppiata intorno ai bagni del Twiga, il beach club di Flavio Briatore e Daniela Santanché a Marina di Pietrasanta considerato una delle mete più esclusive e desiderabili da orde di giovani arrembanti e di adulti gerascofobici. Nel reportage a firma di Fabrizio Roncone che il Corriere della Sera in pieno agosto ha dedicato alla struttura era scritto a chiare lettere: “Clientela: tedeschi, americani, una famiglia araba. Tre tavoli di italiani (si sente la voce di Sergione: 'Mortacci... er tonno co’ i capperi 42 euro!'). Il cameriere va e viene come una farfalla e mi spiffera che mancano molto i russi, il Dom Perignon lo usavano pure per farsi la doccia. Chiedo di poter andare in bagno. Mi indirizzano in due cessetti imbarazzanti (non ho capito se per i veri ricchi ce ne siano di migliori, può darsi). Questi sono stretti come quelli di un Frecciarossa. Uno ha pure la serratura sfondata, sono molto sporchi. Scatto qualche foto. Flavione, ma da quant’è che non vieni a controllare?”. Briatore si è seccato. Molto. Ha scritto al Corriere lamentando il body-shaming nei confronti dei suoi clienti. Ma non ha smentito la notizia dei bagni.