Sabato 9 agosto, ore 9.13, autostrada A12, area di servizio Savalano ovest, Rosignano Marittimo, autogrill MyChef, cassa centrale. “Due caffè e un bicchiere d’acqua minerale”. “I caffè lisci o macchiati?”. “Lisci. Ma uno con un goccio di latte freddo”.
Ora sappiamo anche questo. Si chiama “Variazione latte BI” e viene 0,10 euro. Dieci centesimi per una lacrima di latte freddo. Vietato provare a fare battute tipo “Io però non metto lo zucchero”, che la cassiera attacca con la solfa che non dipende da lei e che lei fa quello che le dicono di fare e che è stufa di sentire gente che si lamenta. Meglio non andare oltre e meglio soprattutto evitare di chiedere che Variazione sia il macchiato caldo e se venga 20 centesimi.
L’estate 2023 si conferma come una delle stagioni d’oro della creatività dell’esercente, non più impegnato a immaginare trovate promozionali sempre più accattivanti, ma finalmente dedito a spremere il cliente pure con piglio ideologico e rivendicativo. E siccome la fantasia non ha limiti, si teme – come direbbe Elio – ne abbiano in serbo altre fortissime. L’episodio dell’autogrill è solo l’ennesimo di questo periodo, ma colpisce che si accompagni ad altre segnalazioni dalla costa toscana nel secondo weekend di settembre. In giornate soleggiate, con temperature diurne decisamente estive e atmosfere piacevolmente fresche la sera, tocca leggere post come quello di Piera da Lido di Camaiore: “Qui cominciano a smantellare. Pochi coraggiosi vecchietti continuano a godersi la vita da spiaggia come se l’estate non dovesse tornare più... Anche noi resistiamo e stiamo benissimo. I miei bagni al tramonto sono fantastici (…)”.
La stagione balneare in Italia è piuttosto corta. Si va dai quattro mesi e mezzo del Veneto (dal 14 maggio al 30 settembre) agli otto mesi e venti giorni dell’Abruzzo (dal 6 marzo al 26 novembre), ma è davvero un’eccezione. In Sicilia dura dal primo maggio al 31 ottobre, in Toscana dal primo maggio al 30 settembre. A prescindere dalle condizioni metereologiche e dal potenziale di presenze turistiche. In generale si fa molto poco per allungarla e, anzi, sembra sia ormai in atto anche sulle spiagge la tendenza già vista in molte città italiane: concentrare i guadagni in periodi di particolare affollamento, rendendo l’alta stagione straordinariamente remunerativa per gli esercenti, alzando i prezzi a dismisura indipendentemente dalla qualità del servizio offerto e della soddisfazione del cliente. La domanda sembra banale, ma è il cuore del problema. Perché devo pagare 1,5 euro un caffè fatto con una miscela qualunque, in un bar qualsiasi di una qualunque località turistica, bevendolo al banco, da una normalissima tazzina esattamente come lo pagherei in centro, in un locale storico, fatto con una miscela selezionata e servito in una tazzina di porcellana? Pagherei mai una piega dal parrucchiere cinese sotto casa lo stesso prezzo del listino di Aldo Coppola o Vidal Sassoon? No. E lo sanno pure gli esercenti. Ma non sembrano in grado di immaginare altro e di comportarsi di conseguenza.
È un atteggiamento suicida che ha già portato devastazione, ma che non appare possibile arginare in alcun modo: né col buon senso, né con le leggi. Neanche quelle di mercato. La stagione degli scontrini folli, e lo dice Federalberghi, ha colpito il turismo balneare in Italia con un calo stimato tra il 20 e il 30% nel mese di agosto 2023. Un turista su dieci ha proprio rinunciato alle vacanze causa prezzi impossibili, gli altri sono andati all’estero: Spagna, Tunisia, Egitto e persino Albania e Montenegro.Ma non è solo un problema estivo e balneare. La tentazione di approfittare di appuntamenti irrinunciabili per salassare i clienti è irresistibile per molti esercenti, anche quando si tratta di abusare di imprenditori, giornalisti e buyer attirati da una fiera. Il caso forse più clamoroso è rappresentato dalle settimane milanesi della moda, un tempo tappa fondamentale del circuito internazionale della presentazione delle collezioni, ma oggi fortemente ridimensionate. Le cause sono molte e passano da una profonda trasformazione che ha interessato l’intero settore negli ultimi due decenni, ma il ruolo degli albergatori milanesi non è stato affatto secondario e, anzi, proprio l’incapacità di leggere le fragilità del sistema moda italiano li ha portati ad alzare i prezzi alle stelle fino a rendere impossibile la permanenza degli operatori.
Se prima una rivista straniera atterrava a Milano con il direttore, mezza redazione e diversi fotografi e ci rimaneva sette giorni, col tempo hanno cominciato a ridurre il numero di notti del soggiorno e il numero di persone della delegazione, fino al caso clamoroso di Anna Wintour, la mitica direttrice di Vogue America, che nel 2015 stabilì che due giorni per Milano erano più che sufficienti. Risultato? Una bella corsa di tutti i principali stilisti a sfilare proprio in quei due giorni, svuotando la settimana di significato e accelerandone il declino. Lezione imparata? Ovviamente no. Sta succedendo lo stesso al Salone del Mobile, con i prezzi degli hotel che in quella settimana di aprile vengono anche quintuplicati. Come riportava quest’anno MilanoToday in un articolo sui prezzi alle stelle degli hotel milanesi alla vigilia del Salone, “I prezzi sono altissimi: facendo una rapida ricerca su Booking, nella settimana della Design Week, si passa da 151 euro per una stanza in un ostello a 300 euro per un 2 stelle (i 3 stelle in centro toccano i 400 euro) fino a 3mila euro a notte per gli hotel di lusso. Una guest house, per una coppia di 2 persone, prenotata per una settimana, può costare 2mila e 200 euro”. Sarà un caso, ma ormai la settimana del Salone dal giovedi sera non è più materia per addetti ai lavori e giornalisti stranieri o comunque non residenti. Diventa il regno dei professionisti, degli appassionati e dei curiosi milanesi. Un bellissimo circo locale che non si capisce a chi possa giovare.