Schönbrunn è un nome su cui è impressa come un sigillo la storia d’Europa. Siamo fuori dalla città e dal suo cerchio magico di storia e grandezza. Eppure in questa parte di Vienna, un tempo aperta campagna, gli Asburgo realizzarono qualcosa di prodigioso. Migliaia di ettari destinati a residenza estiva, occupata ininterrottamente dalla casata dalla metà del ‘600 fino alla Grande Guerra, con centinaia di appartamenti, stucchi e statue; giardini, piante e persino uno zoo con animali di ogni specie.
Camminando sull’acciottolato di questa residenza, sotto un cielo grigio e minaccioso, si susseguono uno dopo l’altro i volti di Franz, Sissi, Metternich e altri protagonisti del grande impero asburgico. Tra loro, nonché il più rivoluzionario, figura sicuramente Maria Teresa d’Austria che alla metà del ‘700, con la coreggenza del figlio Giuseppe I, avviò un’opera di radicale trasformazione della residenza - con l’aggiunta dei giardini superiori, dell’affascinante Gloriette e della monumentale fontana di Nettuno in pieno stile neoclassico - e soprattutto di una politica interna ispirata alle linee guida dell’Illuminismo francese.
La fontana di Nettuno taglia in due Schönbrunn. Da una parte il palazzo con le sue scalinate e vetrate; dall’altra una collina che si fa sempre più ripida fino al culmine rappresentato dalla Gloriette. L’imponente ninfeo rappresenta il punto d’arrivo di una teoria di statue classiche simboleggianti virtù e divinità. In mezzo un allestimento scenico che toglie il respiro: divinità marine in groppa a delfini si specchiano nell’acqua del laghetto antistante; al vertice Nettuno con in mano un tridente e al suo lato la ninfa Teti, madre di Achille, che supplica il dio del mare di risparmiare al figlio il viaggio verso la città di Troia. Le espressioni, i muscoli scolpiti nella pietra eterna, l’armonia e la compostezza sono piena espressione della sensibilità neoclassica che proprio alla metà dell’700 pervase l’intera Europa.
Un percorso a zig zag, incrociando persone a piedi o di corsa, il cielo che è una lastra polverosa e grigia. Dall’alto un vento gelido, a folate, disegna la sagoma della Gloriette. Un portico, simile a un’antica stoà greca, coronato da una superba e inquietante aquila di bronzo con in bocca un corona dorata d’alloro e le zampe su un globo. La potenza cantata nel metallo e nella pietra. Dalla Gloriette Schönbrunn è leggibile nella sua interezza. Linee parallele che si prolungano fino alla Inner Stadt, la sagoma palatina invece è un diversivo originale e creativo. Per un attimo, un attimo solo, mi perdo in questa meraviglia. Giardini e verde a perdita d’occhio; penso a Sissi, anticonformista e romantica, a Franz, alla sorte di un impero dissanguato dalla guerra di trincea; persino a Napoleone che qui visse per pochissimi anni, anche lui a dover fare i conti con un impero portato alla dissoluzione e alla rovina.
Schönbrunn intanto si riempie di turisti. E diventa quasi un sito come tutti gli altri. La sua bellezza, invece, è alle prime luci del mattino, al primo ingresso, quando i cancelli si aprono al nuovo giorno. Schönbrunn è bella al risveglio, prima della corruzione della massa, perché solo in quel momento della giornata è capace di sussurrarti le cose più vere.
(2/continua)