Decidiamo di andare a Termez perché vale la pena di visitare i vari siti archeologici buddhisti (e non) di maggiore importanza nella regione. Importanza e unicità, visto che non ne ho incontrati altri nel mio giro in Uzbekistan.
Non consiglierei un lungo soggiorno nella città che, purtroppo, nulla conserva dello splendore passato ed è un po' triste con la sua parata di edifici di architettura sovietica, la piazza centrale e il Forte Russo (che non ho visitato). Anche l’atmosfera non è accogliente, poca gente in giro, rari i ristoranti e l’albergo – vuoto –con camere poco curate e mal attrezzate. La zona residenziale si presenta un po' meglio, in un tentativo di mescolare e armonizzare una architettura centro-asiatica con quella sovietico-coloniale. Pochissima gente in giro. E pensare che per più di mezzo secolo Termez ha ospitato archeologi ed esperti giunti da tutto il mondo!
Oggi il turista è animale poco interessante per i locali. La cosa migliore è prendere un volo da Tashkent al mattino, guida prenotata all’aeroporto con macchina a disposizione, visita dei siti e del museo e volo di ritorno a Tashkent nel tardo pomeriggio.
Sul tema guida siamo stati molto fortunati perché abbiamo passato la giornata con un archeologo che ha dato il meglio di sé accompagnandoci in un giro davvero unico.
Termez si trova a 10 chilometri dal confine con l’Afghanistan, segnato da reti metalliche lungo la strada, presso le quali stazionano turisti locali che, indifferenti ai cartelli che proibiscono le foto, ne scattano qualche decina al minuto. E poi c’è il ponte di confine sul fiume Amu Darya (Oxus), chiamato “ponte dell’amicizia”, lungo 500 metri, che ospita una strada carrozzabile e una rotaia, costruito dai russi nel 1982 per facilitare il passaggio di truppe, mezzi blindati e merci e che congiunge la cittadina afghana di Mazar-el-Sherif a Termez. Naturalmente se non si è in possesso di visti e permessi necessari per passare la frontiera inutile avviarsi verso il ponte.
Moltissimi anni fa, forse nel 1979, mi trovavo in viaggio in Pakistan e ho attraversato il mitico passo del Khiber per approdare a un altro confine con l’Afghanistan, luoghi assai diversi per situazioni e atmosfere. Con il nostro piccolo e colorato bus ci siamo fermati lungo una strada fangosa con una semplice sbarra che segnava i confini, alcuni negozietti cambiavano il denaro e vendevano bellissimi coltelli e qualche arma (vera). Alcuni uomini armati e in abiti tradizionali custodivano il passaggio e ci hanno circondato curiosi e amichevoli, desiderosi di scambiare qualche parola o gesti... fotografie? sì certo, quante ne volevamo... Ricordi preziosi di un mondo che non esiste più. Un anno dopo i russi hanno invaso l’Afghanistan.
Con la guida andiamo fuori città a visitare i tre siti buddhisti che risalgono a un periodo compreso tra il I e il II secolo d.c.: il Monastero buddista di Kara Tepe, un insieme di cave e celle di preghiera, il complesso kushana Fayaz Tepe con i resti dello stupa e le celle dei monaci, la Torre Stupa Zurmala, una torre di preghiera in mattoni alta 16 metri e Kampyrtepe.
Termez era anticamente Termita dal greco “thermos”, caldo. Si hanno notizie di un primo insediamento verso il 330 a.c. come avamposto greco sul fiume Oxos, per volere di Alessandro Magno. Occidente e Oriente si mescolavano dando vita ad arte e cultura ellenistiche ricche e vivaci che avrebbero prosperato per circa tre secoli fino al periodo Seleucide.
Molti storici si sono a lungo chiesti se Termez fosse la misteriosa Alessandria d’Oriente, capitale dell’impero greco-battriano, ma sembra piuttosto, a detta di altri, che la famosa città alessandrina sia invece Balkh, nell’odierno Afghanistan, ricca di influenze asiatiche che si mescolavano con la cultura ellenistica già tra il I e II secolo d.c.
Tra le nuove correnti filosofiche il buddhismo si affaccia a Termez grazie, come sempre, agli scambi commerciali - che aprono le porte alla diffusione di nuove idee e culture - con il popolo Ghandara e con le regioni orientali di India e Pakistan.
Attorno al VI secolo d.c. a Termez vivevano più di mille monaci buddisti che occupavano una dozzina di monasteri. Queste mescolanze di culture, buddhismo e mazdeismo o zoroastrismo, influenzarono Termez sia spiritualmente che artisticamente, saldamente impiantate nel tessuto più vivo della città per circa sei secoli.
Nel corso dei quali cresce un’area urbana di centinaia di ettari, si espande e si trasforma la città, si costruiscono fortezze, canalizzazioni, monasteri e stupa con materiali particolarmente resistenti: mattoni crudi e paskha, una specie di intonaco e malta modellati e posati a mano. Così resistenti alle avverse condizioni climatiche per circa duemila anni che oggi possiamo visitare questi kyrk siti del I secolo d.c.
Entriamo nel complesso del Monastero di Kara Tepe, un insieme di case e celle dove i monaci pregavano, la cui costruzione è iniziata nel I secolo d.c. scegliendo appositamente uno strato di terreno ghiaioso per isolare l’edificio dalla umidità. Nel 1968 venne ritrovata fortuitamente una statua di Buddha e il sito che verrà portato alla luce nel 1977, grazie a una spedizione archeologica della Accademia delle Scienze dell’Uzbekistan.
Il complesso era diviso in tre parti, rispettivamente destinate a mensa e alloggio dei monaci, al monastero principale, alle sale destinate a preghiere e cerimonie. Un acquedotto lungo 2.5 chilometri portava l’acqua dal fiume Amu Darya fino a Kara Tepe. Al centro del sito, tra i vari ritrovamenti, sono state dissepolte statue di Buddha in gesso e argilla assai ben preservate, in stile Ghandara, e risalenti al periodo Kushana (inizi I secolo, l’impero Kushan era un impero sincretico che comprendeva larga parte dell’odierno Afghanistan, del Pakistan e dell’India fino a Varanasi).
La guida ci fa notare che i materiali utilizzati erano particolari, resistenti e protettivi. Il pavimento, duro quasi come il cemento, era fatto da una miscela di gesso, limo, cenere, sabbia e ciottoli. Nelle cucine i forni portati alla luce erano in ottimo stato, e così le pentole e le stoviglie di ceramica e terracotta, a dimostrazione del fatto che le capacità manuali degli artigiani kushana erano eccezionali.
La terza parte del complesso, destinata a preghiere e cerimonie, ospita un altare rotondo, circondato da quattro colonne e dedicato alla venerazione del fuoco.
Tra il 2000 e il 2006 l’area è stata teatro di accurati restauri ed è nato anche un Centro per i visitatori con alcuni interessanti oggetti di artigianato.
Il complesso del tempio buddhista di Fayaz Tepe (I secolo a.c. – III secolo d.c.) prende il nome da uno studioso uzbeko, F. Fayazov, direttore del museo locale. Scoprì il tempio, un evento che diede grando impulso alle ulteriori missioni.
Piu distante da Termez, sulle sponde dell’Amu Darya, c’è l’insediamento di Kapmirtepe, una cittadella circondata da un fossato con una città interna circondata dalle mura di una fortezza munita di torri. La cittadella fu abitata già alla fine del IV secolo a.c., mentre la città interna fu costruita all’inizio del I secolo d.c. Gli archeologi che hanno lavorato sul sito hanno dimostrato che questa era la sede di Alessandro Magno grazie alla scoperta di artefatti vari datati al periodo di un probabile soggiorno del condottiero.
Ma cosa è accaduto dal VII secolo in poi, con il declino del buddhismo nella regione e l’arrivo degli arabi?
Con le prime conquiste dei califfati arabi tutta la regione si frammentò in decine di feudi di fede musulmana e si creò una nuova entità geografica chiamata Transoxiana (al di là del fiume Oxus, attuale Amu Darya), mentre Termez si trasformò in un importante centro islamico e anche commerciale grazie alla presenza del porto fluviale – unico nell’Asia Centrale –, raggiungendo l’apice di attività, traffici e prosperità tra X e XI secolo.
Sotto il controllo dei Samanidi di Bukhara, dall’Oriente arrivavano merci e seta e insieme con il pregiato artigianato di Termez, scendevano a valle sul fiume verso Khorezm attraverso l’attuale Turkmenistan.
La fine dell’antica Termez viene segnata dall’arrivo dei Mongoli e di Gengis Khan nel 1220: dopo un breve assedio la presero e la devastarono, sterminando gli abitanti.
Tra alti e bassi, Termez risorge dalle ceneri e, grazie alla posizione geografica assai favorevole ai commerci, dopo un secolo è di nuovo viva e attiva, ricostruita a breve distanza dalla vecchia città nei pressi del complesso Sultan Saodat. Per tre secoli, tra Trecento e Cinquecento, la nuova città rifiorisce velocemente con un forte sviluppo urbanistico ed economico, come riportato dai diari di Ibn Battuta, Tamerlano, Ulug Beg e Ruy Gonzalez de Clavijo, primo ambasciatore spagnolo in Asia.
Oggi poco rimane della Termez premongolica. A pochi chilometri dalla città nuova ci sono i resti e le mura dell’antico insediamento (shakhristan) e nei dintorni si possono individuare, con l’aiuto di una guida, i resti di abitazioni, caravanserragli, antichi canali che portavano l’acqua dell’Oxus alla città. In prossimità delle mura, lungo il fiume Amu Darya, nel X secolo è stato costruito un Mausoleo che si affaccia sul fiume e sull’antico porto di Termez, dedicato ad Hakkim Al Termezi, un leader sufi dell’Ottocento - mistico, giurista e autore di trattati - il quale, dopo aver studiato a Balkh, si stabilì a Termez dove riceveva migliaia di studenti. In suo onore vennero costruiti anche una moschea nel XII secolo e una khanaga nel XV secolo, un luogo dove pellegrini e dervisci potevano trovare ristoro e alloggio.
Con una bella passeggiata da compiere rigorosamente a piedi, continuando la scoperta della Termez medioevale, da non mancare è la visita al complesso Sultan Saodat, a pochi chilometri dalla città nuova, che comprende diciassette mausolei la cui costruzione è iniziata subito dopo l’invasione mongola e completata nel XV secolo.
Ad alcune centinaia di metri c’è l’imponente castello Kyrk Kyz, una fortezza ritenuta inizialmente residenza della dinastia Sasanide tra il IX e il X secolo, ma studi recenti hanno appurato che la costruzione è assai più tarda.
Kyrk Kyz significa quaranta ragazze ma non mancano le leggende dell’Asia Centrale, e, secondo gli antropologi locali, è possibile identificare queste ragazze con le amazzoni, donne guerriere.
Nel 2018 Saodat Ismailova, regista rientrata in Uzbekistan dopo la morte di Karimov, ha portato sulle scene il musical 'Kyrk Kyz' che narra di un fatto realmente accaduto nella valle di Ferghana quando, nel 1980, quaranta donne che lavoravano alla raccolta dei melograni si diedero il nome Kyrk Kyz e alcuni anni più tardi a causa di una cronica mancanza d’acqua nei villaggi si batterono contro le autorità locali. Donne guerriere, insomma!
Tornando al Cinquecento, tra scontri e battaglie tra i khan locali che miravano a conquistare la città per impossessarsi dei suoi commerci e ricchezze, i tempi si fecero di nuovo duri e nei tre secoli successivi Termez declinò nuovamente cadendo in disgrazia.
Sembra una storiella (da soap opera) ma Termez ebbe una terza nascita o rinascita in un terzo sito nei pressi dell’allora villaggio Patta Hissar dove, nel 1894, l’esercito russo costruì una fortezza per controllare le mosse e l’avanzare eventuale delle forze inglesi.
E qui si torna alla narrazione del libro di Peter Hopkirk “Il Grande Gioco” mentre inizia il periodo coloniale russo. Tra il XIX e il XX secolo, Termez passa sotto l’emirato di Bukhara, arrivano la corrente elettrica e la ferrovia tra il 1914 e il 1916 e la Repubblica Sovietica del popolo di Bukhara sostituisce l’emirato fino al 1925, quando la regione entra a far parte della Repubblica Socialista Sovietica dell’Uzbekistan.
Termez ha vissuto anche la drammatica “appendice” della invasione dell’Afghanistan, durata dieci anni (1979-1989), finendo per essere occupata da circa 100.000 soldati sovietici di stanza nella zona ed essendo anche la base logistica dei contingenti militari tedeschi e olandesi impegnati in Afghanistan. Negli ultimi dieci anni circa, a Termez si sono installati gli uffici della Croce Rossa e di alcune ONG e Organizzazioni Mondiali per l’Alimentazione, tra corsi e ricorsi storici, per il supporto dell’Afghanistan. A Termez ci dicono che i rapporti tra i due paesi sono buoni e l’Uzbekistan si prende buona cura del vicino…
Ultima tappa di una faticosa giornata è il Museo archeologico, non molto grande ma con reperti interessanti, sempre se accompagnati da una brava guida che possa spiegare e raccontare la storia e le storie di Termez.
Lasciando questo interessante panorama culturale e storico, si risale verso nord e la prossima tappa sarà Shakhisabz, quartier generale di Tamerlano.
(5. continua)