Del Sahara manterrò due ricordi. Ovviamente quello della prima volta che lo vidi, in Tunisia, tanti anni fa: arrivai in cammello al confine cangiante e sfumato tra la terra ferma e la sabbia mobile e credo di aver provato la stessa emozione di un bambino della pianura che vede per la prima volta il mare. La seconda volta invece è stata qui in Marocco ed è la negazione, molto divertente, del concetto stesso di deserto...
E ora un po’ di suspence.
A Merzouga arriviamo con il nostro confortevole minivan verso sera, giusto in tempo per la cena in albergo. Abbondante, variegata, coloratissima: penso che lo scopo della cena così ricca fosse anche quello di dimostrare quanto possa essere calorosa l’accoglienza degli ospiti in questa parte di mondo.
Non fa caldo ma nemmeno freddo, però il caminetto è acceso e contribuisce a scaldare l’atmosfera intorno all’enorme tavolo rotondo che tra tajine, verdure cotte e crude, frutti vari e dolci tipici ed eventuali ci incorona in pochi minuti Cavalieri della Buona Forchetta. Stasera, a far salire la temperatura, contribuisce pure qualche bottiglia di vino locale (forte e genuino) che abbiamo acquistato durante il viaggio in un supermercato frequentato soprattutto dai turisti. Perché qui lo sai che il consumo di alcolici è tollerato, ma relativamente, e la maggior parte dei locali (anche degli alberghi) non ne dispone. Così si ride e si scherza e si pianifica l’uscita in notturna, a piedi verso “La Duna”, passando per l'oasi.
A Merzouga, il confine tra il deserto e il resto del mondo è molto netto. L’avevo già notato durante il viaggio di avvicinamento, ma a piedi è ancora più impressionante. In pratica, a un certo punto finisce il terreno pianeggiante e un ultimo albero, che non so come sopravviva, ti dice che qui finisce l’avventura della vita terrestre cui sei abituato e ne comincia un’altra, molto lunare. Naturalmente comincia in salita. Perché “La Duna” a Merzouga non accetta compromessi e si impenna all’improvviso, sembra una montagna e invece è una... montagna di sabbia che non sta ferma mai: oggi è così, domani è un po’ più in là.
Se poi, oltre ad arrivarci a piedi, ci arrivi pure di notte come noi, puoi star certo che domani sarà un altro giorno, molto diverso dal precedente, così diverso che ti potrebbe persino sembrare il primo in assoluto, come se fosse una rinascita insomma. La notte nel deserto sa creare il nulla, ma pieno di stelle, cosicché a un certo punto se usi (poca) fantasia ti potresti persino sentire in orbita con una navetta spaziale.
Infatti, tornando alla realtà, noi siano qui per fotografare le stelle...
Ed è proprio qui prende corpo il mio secondo ricordo indimenticabile del deserto di cui ti parlavo all’inizio.
Se mi hai seguito finora, ricorderai che a un certo punto del viaggio ho incominciato a inveire contro la mia macchina fotografica perché a mio parere era guasta e invece era solo colpa mia che non la conoscevo abbastanza.
Nella notte del deserto il problema si è ripetuto: non c’era modo di fotografare le stelle con la tecnica dello star trail e così questa volta invece di farmi cattivo sangue ho incominciato a sbertucciare la macchina fotografica e la sua casa produttrice, scatenando la rumorosa ilarità della comitiva. Una battuta tira l’altra, risate e vociare aumentano senza che nessuno di noi ovviamente si preoccupi di tenere sotto controllo il volume. In fondo siamo soli nel deserto, a chi diavolo potremmo dar fastidio? E invece poco dopo si alza una voce nel buio, ma non vediamo nessuno. Un minuto più tardi sentiamo dei cammelli bramire. Allora qualcuno di noi accende la torcia, anche se non è proprio l’ideale mentre fotografi le stelle, e così scopriamo che a non più di trenta metri da noi erano accovacciati tre o quattro dromedari con il loro cammelliere che evidentemente fino a quel momento avevano cercato invano di dormire e ora si stavano muovendo forse alla ricerca di un po’ di quiete. Mi metto nei panni del cammelliere e penso esattamente il contrario del me fotografo: eccheccavolo, ormai non c'è silenzio nemmeno nel deserto!
Tuttavia, passata la sorpresa, riprendiamo a far schiamazzi, convinti che nel raggio di qualche chilometro non si potesse dar fastidio ad altri, uomini o dromedari che fossero...
E invece a un certo momento vediamo avvicinarsi da dietro una duna più bassa della nostra i fari di un fuoristrada che puntano senza ombra di dubbio verso di noi. L’auto accosta, scende un uomo e ci viene incontro. Non temiamo lo scontro fisico, anche perché noi siano in 9. Ma non si sa mai...
È gentile, invece.
_ Bonsoir messieurs, english?
_ Oui, monsieur
_ Siate i benvenuti, però vi sarei grato se faceste meno casino, perché io qui vicino ho una tenda con degli ospiti che vorrebbero dormire. Per favore, fate più piano. You’re welcome, but...
Adda passa' 'a nuttata, insomma, e poco dopo ce ne andiamo in silenzio, tanto la mia macchina secondo me non funziona lo stesso, anche se lo dico sottovoce e anche se il deserto non è detto che sia deserto...
Qui comunque torneremo l’indomani: ci aspetta l’alba con uno spicchio di luna. Fa un po’ freddino, ma che spettacolo.
(6-continua)
leggi anche: VITE IN PIAZZA A MARRAKECH
leggi anche: VERSO L'ALTO ATLANTE