Lo scorso 21 gennaio, il giorno seguente l’insediamento ufficiale, il Presidente Trump, accompagnato da tre leader di società a loro volta leader dell’industria della tecnologia informatica mondiale, ha annunciato il progetto Stargate che prevede investimenti di privati nei prossimi tre anni di 500 miliardi di dollari USA (USD) nell’Intelligenza Artificiale (IA).
Larry Ellison, CEO di Oracle e presente all’incontro, ha confermato che la costruzione dei primi 3-400.000 metri quadri di un centro dati nel Texas è già avviata.
Insomma, si fa sul serio, anche se una settimana dopo, inaspettatamente, è arrivata una meteorite che ha scombussolato gli equilibri dei mercati azionari di tutto il mondo. Per comodità, chiameremo questo UFO “Deepseek”.

Sulle pagine dei giornali, nei convegni di tutto il mondo e nei talk show, tutti dibattono sull’opportunità di continuare il progetto Stargate, visto che un poco conosciuto imprenditore cinese ha costruito un applicativo di IA al costo, quasi ridicolo, di 6 milioni USD.
Ma chi fa questa osservazione non sa come gira il fumo sia negli USA che in Europa.
In Cina si produce quasi tutto a un costo minore rispetto all’occidente. E ci si riesce per tanti motivi: per via degli incentivi statali che vengono concessi, di accordi con paesi fornitori di importanti materie prime grazie al dominio nei trasporti marittimi, delle capacità cinesi nella ricerca. In pratica grazie a tanti fattori che sono gli stessi che in passato hanno reso tanti altri paesi leader in qualche campo.
Se però una società cinese è in grado di costruire un’auto alla metà (e anche meno) del costo di una società europea o americana, la logica vorrebbe che queste facessero di tutto per ridurre i propri costi di fabbricazione. Ma pare che ciò sia impossibile. E quindi si preferisce la soluzione più facile: applichiamo dei dazi e continuiamo sulla nostra strada.
Un ragionamento applicato non solo sulle auto. Un ragionamento esattamente opposto all’approccio cinese che invece si attiva a come fare per aggirare una barriera protettiva eretta nei suoi confronti, invece di conviverci.
E Deepseek ne è la dimostrazione.

Se Larry Ellison era presente alla conferenza stampa è perché la sua Oracle svolge un ruolo chiave nella difesa del dominio USA nel settore “HighTech” e nel progetto Stargate. È uno dei beneficiari di ogni azione protettiva che Trump vorrà erigere in difesa dell’IA americana e di Oracle, di cui Ellison possiede il 44% e che annualmente fattura quasi 55 miliardi USD. La rivista Forbes lo posiziona al secondo posto tra i più ricchi del mondo, con un patrimonio di 237 miliardi di USD.
Questa ricchezza non gli viene dall’oggi al domani. Ellison, affiancando Bill Gates e Steve Jobs, è tra i fondatori del mondo tecnologico attuale.
Oracle è forse meno noto ai più in quanto la sua attività è molto focalizzata sulle aziende. Nasce nel 1977 con lo scopo di creare un programma di gestione efficiente di banche dati, (RDBMS ovvero una banca dati relazionale).
La cosa più importante di una banca dati è la sua capacità di stipare ma anche di utilizzare i dati.
Si fa spesso confusione tra dati e informazione. La differenza sta nella capacità di compiere delle inferenze sui dati a disposizione. Questa capacità dipende dalla possibilità di interrogare i dati e questo, a sua volta, dipende anche da come sono archiviati.
Un facilissimo esempio in cui sicuramente vi riconoscerete è la metodologia che seguite nel conservare le foto che fate con il cellulare. Probabilmente non seguite alcuna metodologia.
E quante sono le imprecazioni ogni volta che cercate quella foto di 6 mesi fa alla visita al museo o alla festa di compleanno? Quelle foto sono dei dati sparsi nella memoria del dispositivo, e l’unico modo che avete per trovare quella giusta è scartabellare tra tutte finché non capiti quella che cercate.
Se questo è un problema con cui si riesce a vivere, non lo è affatto per un’azienda che deve cercare una fattura in contestazione emessa 5 mesi o 5 anni fa. Non lo è specie oggi, quasi 50 anni dopo la fondazione di Oracle, in un mondo in cui i dati sono diventati l’essenza del commercio di ogni cosa, al punto che volendo si è in grado di sapere cosa si è acquistato, a che ora, da chi, perché, se è stato gradito, se è stato pagato, come e se sono arrivati soldi in banca del venditore.

È difficile dire quanti dati sono custoditi negli archivi mondiali. Il volume di dati catturati, archiviati, copiati e utilizzati al 2024 pare sia di 149 “zettabytes” di cui il 90% solo negli ultimi due anni; dovrebbero arrivare a 189 zettabytes nel il 2025 e a 394 nel 2028 (fonte Statista e IDC).
Questi numeri sono enormi e per molti (tra cui io!) incomprensibili e impronunciabili, ma per apprezzare la loro grandezza vi prego di stare al gioco per un paio di minuti.
Un “zettabyte” è pari a 1.000.000.000.000.000.000.000 di byte e ogni byte è composto da 8 bit, grazie all’uso che si fa del cosiddetto sistema binario, un sistema per contare alternativo a quello decimale, che evito di spiegarvi. Non vorrei sbagliarmi, ma credo che il numero indicato sia un trilione di miliardi, e non sono nemmeno tutti i dati in circolazione!
Con la crescente digitalizzazione della nostra vita, che siano giochi, social media, chat o acquisti on-line, la quantità di dati che si genera ogni giorno non può che crescere. Vi ricorderete che le memorie dei PC degli anni ’90 si misuravano in “megabyte”. Poi siamo passati ai “gigabyte”. Il PC che sto usando ha una memoria di 1 “terabyte” mentre le macchine più potenti si misurano in “petabyte”, “exabyte” e poi “zettabyte”, dove ogni misurazione successiva è di 1000 volte la precedente.
A rendere questi dati, in qualche modo, tangibili per noi comuni mortali sono i tempi di attesa che ci vengono ricordati quando appare, sul nostro schermo di PC o cellulare, la clessidra che si capovolge o il cerchio che si completa a ripetizione (foglieviaggi utilizza il libro che sfoglia di continuo le pagine). Durante quella snervante attesa di pochi millisecondi, il nostro quesito posto al browser ha dato avvio a un processo di scavo nell’immensità delle memorie planetarie per cercare una risposta. Quella ricerca viene resa ogni giorno più complicata ogni qualvolta qualcuno si inventa un nuovo applicativo, magari di intelligenza artificiale, dalle prestazioni particolari e innovative.
Grazie al cielo i bit e i byte sono entità eteree, non occupano spazio fisico. Ciò che occupa spazio sono i macchinari e i dispositivi sui cui i dati sono memorizzati: i data center.
L’intuizione di Larry Ellison e compagni è stata, anch’essa e per i suoi tempi, geniale. La tecnologia sviluppata da Oracle ha permesso agli utilizzatori di compiere complesse operazioni usando comandi semplici, supportando egregiamente le aziende che dovevano gestire grandi quantità di dati (ad esempio istituti di credito, assicurative o aziende telefoniche).

Appena 10 anni dopo il lancio della prima versione del suo applicativo, Oracle era già una delle prima aziende di software al mondo e negli anni ’90 inizia la diversificazione dalla gestione di database ad applicativi specifici per le diverse aree aziendali quali la contabilità, gestione del personale, la pianificazione della produzione (ERP) e anche nella gestione della clientela (CRM).
Verso la fine dello scorso secolo, internet avanzava già a velocità molto sostenuta e Oracle era ormai in una posizione indiscussa di leadership nella gestione di dati e relativi applicativi. La versione 8 del 1997 venne considerata un “database universale” capace di gestire anche le nuove forme di dati generati sia dai multimedia che dai localizzatori geografici.
A seguire, ogni anno un nuovo prodotto arrivava, supportato anche dagli sviluppi tecnologici che proseguivano sempre a ritmo sostenuto. Nel nuovo secolo sono iniziate le acquisizioni di società sia di hardware che di software, che hanno consolidato la presenza globale e reso Oracle un player essenziale dell’informatica.
Ellison era di diritto entrato nel club del “Tech Bros” (fratelli tecnologici).
È evidente quindi che la corsa all’IA riguarda fior di quattrini, posti di lavoro, relazioni commerciali, politiche, militari e chi più ne ha più ne metta.
Oracle maneggia dati di banche, assicurazioni, ospedali, centri di ricerca, consulenti fiscali e supermercati. Non è escluso che la sua tutela possa intrecciarsi con questioni di “sicurezza nazionale”.

E volete che sia DeepSeek a far gettare via l’acqua sporca insieme a tutti i bambinelli?
E perché mai? Basta erigere barriere protettive di ogni sorta e il gioco è fatto. Una soluzione facile (e condivisa da molti anche in Europa), anche se, visto come vanno le cose, è inevitabile porsi la domanda se non vi siano altre soluzioni.
Forse la convinzione a proseguire a tutto spiano con Stargate nasconde un desiderio latente di Ellison (e altri) di voler ricorrere all’IA per trovare una via di uscita?
O forse è solo una questione di denaro.
(5 - continua)