A Fiskardo arrivo dopo un’ora e mezza di macchina. Strade poco più di mulattiere, guardrail inesistenti, strapiombi che mettono vertigini e soprattutto greggi di capre ovunque, pronti ad assalire il cofano della mia già malandata Peugeot. Nel mezzo frazioni, cimiteri a mezza collina e una schiera infinita di paesini variopinti che si perdono tra vigneti e oliveti.

Fiskardo è la punta più a nord di Kefalonia, protetta da una baia tranquilla e riparata. Se la si vede da Maps, questa propaggine sembre avere la forma di una testa di cammello. Il muso, in particolare, è proteso verso est sulla rotta breve che lascia già intravedere Itaca all’orizzonte. Sempre da qui traghetti e imbarcazioni da diporto lasciano volentieri le calme acque di Fiskardo per avventurarsi nello Ionio verso Itaca o più a nord, direzione Lefkada, l’altro incredibile gioiello dell’arcipelago delle Ionie. Fiskardo si presenta senza filtri, fiera di mostrare la sua anima più tradizionale ma anche quella più moderna. Yacht - tanto per cambiare - alla fonda ad ogni centimetro di costa, ma anche casette accoglienti e calde. Colori pastellati - l’azzurro e il rosa spiccano su tutto - che ti accolgono in un abbraccio che profuma di mediterraneo e mille storie.

Poco prima del centro un cartello fornisce due indicazioni. La prima è quella di un antico cimitero romano. Restano soltanto le basi di alcuni monumenti funerari. La cosa incredibile è che questa piccola necropoli a cielo aperto è stretta tra un parapetto e il mare cobalto. La si può ammirare in piedi, seduti su una delle tante panchine o più comodamente, per chi ha questa possibilità, dai favolosi yacht a largo. La seconda indicazione invece spinge dritti al centro. Tra negozietti di souvenir e le profumate pite che aleggiano ovunque. Intorno c’è gente, moltissima gente. Turisti, abitanti del piccolo borgo, isolani in trasferta. Non si sente un rumore però. Solo un formicolio che si perde velocemente tra le vele delle barche ormeggiate o in un sorriso di passaggio.

C’è da dar ragione a diversi spot pubblicitari che girano per l’isola. Una volta arrivato a Kefalonia vorresti non andartene più, dicono. A Fiskardo questa cosa vale ancora di più. Perché passeggiando tra i piccoli negozi del centro - in uno di questi ho comprato due spettacolari bottiglie di Robola - non solo si ha la sensazione che il tempo in Grecia non passi mai, ma che ci si riappropri soprattutto di se stessi e della consapevolezza che bastino poche cose per vivere con dignità la vita. Rifaccio a ritroso la strada che mi ha portato al porticciolo e ritorno al parcheggio.

Mentre cammino l’occhio mi cade su una delle tante abitazioni che punteggiano la baia. Ha una corte luminosa e aperta, un pergolato ben curato che procura un’ombra fresca e piacevole. Al centro di questo cortile una tavola in ferro battuto con tanti marmi colorati. Di lato, seduto su una sedia, c’è un uomo. Mi dà le spalle. Porta un cappello di paglia in testa e una camicia alla greca rigorosamente bianca. In mano ha un bicchiere freddo di ouzo. Lo sorseggia con gesti semplici e ridondanti. Quasi fosse un rito. Poi s’addormenta, sulla sedia con le spalle ricurve, cullato dal vento che nel frattempo è salito dalla baia. A Fiskardo la felicità ha un’unica traduzione. Un pergolato e un po’ di frescura. Nient’altro di più.
(2 – continua)