TASHKENT
CAPITALE
MODERNITÁ
E VECCHIA URSS

Tashkent, la capitale del'Uzbekistan, tappa finale del mio viaggio. Una degna conclusione di una bellissima rivisitazione del paese, colma di scoperte e di meraviglie.

Non che Tashkent sia da meno… molti la vivono come luogo di passaggio, mentre la città, con i suoi duemila anni di storia, principale metropoli dell’Asia centrale, una vita culturale e notturna molto vivace, possiede un fascino che si svela poco per volta grazie anche al connubio tra un lontano passato islamico e i resti di una colonizzazione sovietica.

La città sorge in una oasi lungo le sponde del fiume Chirchik, un immissario del Syr Darya, ed è stata capitale dal 1918, dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Ma quando l’Uzbekistan venne proclamato paese autonomo il titolo le venne tolto da Samarkanda fino al 1930, quando Tashkent ha ripreso il suo ruolo di capitale della Repubblica Sovietica Uzbeka subendo un notevole sviluppo ad opera dei russi che ci andavano a vivere, al punto che negli anni della Seconda Guerra Mondiale la popolazione crebbe di 500.000 persone per lo più fuggite da altre repubbliche sovietiche troppo vicine alla Europa in fiamme.


(Un cartellone che da il benvenuto a Putin a Tashkent - maggio 2024)


La città raggiunse velocemente il milione di abitanti mentre i nuovi arrivati edificavano senza sosta e senza alcun rispetto verso monumenti, moschee, madrase che venivano abbattuti per costruire la città moderna. Più grave e drammatico fu l’evento del terremoto del 1966, che completò la distruzione della città lasciando senza casa circa 300.000 persone.

Ci sarebbe stato molto da proteggere e da vedere, perché Tashkent nel suo nucleo originario sembra che risalisse al IV/III secolo a.c. secondo alcuni storici e archeologi o al I e II secolo a.c. secondo altri con il nome suggestivo di Mingur-yuk – Mille Alberi di Albicocche. Alcuni resti sono ancora visibili nel quartiere russo della città.


(Il mercato dei quattro fiumi)


Tashkent crebbe per importanza e prosperità sviluppando floridi commerci in seno alla civiltà sogdiana stanziale (civiltà iranica con proprie connotazioni culturali che si sviluppò dal VI secolo a.c. fino a circa il X secolo d.c. nell’area detta Transoxiana perché sita al di là del fiume Oxus, oggi Amu Darya) e con i nomadi turchi, diventando un crocevia, con il nome di Chach, delle piste carovaniere che trasportavano derrate agricole, bestiame, pietre preziose, oro e argento. La città, fino a quel momento libera, venne conquistata dai cinesi nel 751 d.c., rintuzzati immediatamente dagli arabi che già controllavano larga parte del paese e allargarono il dominio anche su Tashkent, detta Shash.


(Il mercato)


Gli arabi costruirono moschee, mura fortificate, giardini e vigneti, contribuirono allo sviluppo della città ricca di artigiani, bazaar e mercati. Le venne dato il nome di Tashkent, Città di Pietra, tra il X e XI secolo sotto la dinastia turca karakhnide.

La fase serena e prospera termina, come al solito, con l’arrivo di Gengis Khan nel 1219, il quale opera distruzioni e saccheggi, la parte “destruens”, mentre anche qui, un secolo dopo, starà a Tamerlano intraprendere la parte “construens” consentendo alla città di rifiorire e ingrandirsi.

Tra alti e bassi Tashkent verrà contesa per oltre tre secoli tra uzbeki, kazaki, mongoli e altri gruppi fino al XVIII secolo, per essere conquistata nel 1809 dal Khanato di Kokand nella vicina valle di Fergana. Siamo ormai prossimi agli anni della Russia zarista che prende la città nel 1865 portando la modernità sotto forma di elettricità, rete tramviaria, strade lastricate ma dimenticando di proteggere la sua parte più antica.


(Tamerlano)


La mia visita inizia dal Bazaar Chorsu - significa “Mercato Crocevia”, ma possiede anche il poetico nome di “Mercato dei Quattro Fiumi” - che confina con la città vecchia, e dove ho mangiato un gustoso pollo. È un enorme mercato agricolo su due piani, ricoperto da una gigantesca cupola verde di costruzione russa, assai trafficato, dove si mantengono abitudini e tradizioni alimentari locali. Un’area che non è stata devastata dal terribile terremoto del 1966. La gente è assai disponibile e gentile e dispensa sorrisi scintillanti, carichi di denti d’oro, ancora segno di possibilità economiche. Raccomando l’acquisto, a chi piace, di uvetta passita bianca e nera, datteri e palline di formaggio che opportunamente “imballate” arrivano a casa senza problemi e sono squisite per accompagnare un aperitivo.

Mentre la parte moderna offre grandi viali e piazze con un notevole traffico, la vecchia cittadella è un intrico di viuzze spesso in terra battuta con basse casette, cortili interni e pergolati ricoperti di viti. Le Moschee e le Madrase che visito si trovano in questa zona, tutte belle; diventa difficile a un occhio inesperto valutare età e ristrutturazioni, perché molte sono state quando restaurate parzialmente quando ricostruite con denari raccolti tra la popolazione.


(Il complesso Sheikhantaur)


Il complesso Sheikhantaur, che è una contrazione del nome Sheikh Khovandi Taur, si trova all’interno del campus dell’Università Islamica e la visita va prenotata attraverso la guida. È un insieme di quanto rimane di moschee, madrase e mausolei costruiti tra il XIV e il XV secolo. Il personaggio al quale è intitolato il complesso, nato alla fine del XIII secolo, era un Sayyid, sostenitore dei Quraysh, la tribù del profeta Maometto. La sua tomba è una delle poche rimaste visibili insieme con quella di Yunus Khan, discendente di Gengis Khan, ma anche di Timur per parte di madre, e nonno di Babur, il fondatore della importante e potente dinastia Moghul che ha governato a lungo il nord dell’India. Ho una brava guida e, al di là di quel che posso apprendere dalla letteratura turistica, racconta cose interessanti.


(L'esterno del complesso Hazrati Imam)


In una giornata assai calda, c’è riparo sotto gli alberi e all’interno delle moschee. Il complesso è grande e bello, ma la copertura delle cupole in tessere in ceramica, pur assai attraente nei colori e nel disegno, non è autentica e risale agli anni Settanta.

Sulla grande piazza Khast Imam sorge il complesso Hazrati Imam con un imponente portale e altrettanto grande cortile interno con giardino, dove c’è la madrasa Barak Khan fondata nel XVI secolo da un discendente di Tamerlano, con le celle disposte lungo il perimetro interno che una volta ospitavano gli studenti e oggi piccoli negozi di artigianato. Anche qui è necessario richiedere un permesso per la visita perché dal 2007 è sede dell’Ente Religioso Islamico del Paese e vi risiede il Gran Mufti dell’Asia Centrale, capo spirituale di tutti i credenti della regione.


(La Madrasa Barak-Khan interna al complesso di Hazrati Imam)


Di fronte alla Madrasa c’è la Moschea Tellya Sheikh, stesso periodo, adibita a Moschea del venerdi e a fianco c’è il museo Biblioteca Moyie Mubarek dove, tra manoscritti e volumi, circa 20.000, si trova il Corano di Osman del VII secolo, ritenuto il più antico al mondo. Sembra che questo prezioso testo sia stato portato a San Pietroburgo nel 1868 ma poi restituito a Tashkent da Lenin nel 1924.

A breve distanza ci sono due edifici: il Mausoleo del XVI secolo, dicono sacro, dedicato a Abu Bakr Kaffal Shashi - dottore, poeta e filosofo vissuto nel X secolo - e l’Istituto Islamico Imam Ismail Al-Bukhari, prestigioso istituto seminariale e uno dei soli due autorizzati alla formazione di un Imam, anche ai tempi della dominazione sovietica. Come moschea è nato solo nel XIX secolo.


(Il mausoleo Kaffal_Shashi)


Sulla collina che guarda il Bazaar Chorsu ci sono la Moschea Juma, moschea del Venerdi, del XV secolo e la Madrasa di Kulkedash, XVI secolo, entrambe restaurate con i soldi del vicinato e salvate da un cambio d’uso deciso sotto i sovietici. Quest’ultima in particolare, costruita nel 1570 circa sotto la dinastia shaybanide, ha la tradizionale forma quadrata, alto portale e all’interno, affacciate sul cortile, ci sono le celle per gli studenti. È uno dei pochi edifici religiosi sopravvissuti al sisma del 1966 e ha una lunga storia, infatti era stata convertita in caravanserraglio nel XVIII secolo, poi usata come fortezza, Museo nel XX secolo e poi museo della musica popolare, finalmente nel 1990 è tornata ad essere una Madrasa. Su questa piazza, una volta Registan un po' meno bello di quello di Samarkanda, fino alla Rivoluzione di Ottobre venivano compiute le esecuzioni.


(La moschea Juma del Venerdì)


Per andare a vedere la residenza del Granduca Nikolay Konstantinovich Romanov, ho fatto una lunghissima passeggiata a piedi tra viali, giardini e il parco Navoi, dove riposare e osservare scene di vita quotidiane. Giusto da vedere attraverso la cancellata, perché la bella residenza non era visitabile. Il Granduca cugino dello zar sembra sia emigrato a Tashkent perché coinvolto in affari poco chiari a San Pietroburgo e per non farsi mancare nulla degli oggetti preziosi del suo appartamento ha portato via un buon numero di opere d’arte oggi custodite nel Museo di Belle Arti di Tashkent.


(Palazzo Romanov)


Molti gli altri musei della città: Museo di Amir Timur o Tamerlano, Museo Letterario di Alisher Navoi, poeta nazionale, Museo di Arti applicate, Museo di Storia del Popolo Uzbeko, Museo del Cinema. Altrettanto numerosi i Teatri: Teatro Nazionale dell’Opera e del Balletto, Teatro sperimentale, Teatro della Commedia Musicale, Teatro delle Marionette, Conservatorio e sale da concerto. Come detto, è una città vivace e trattenendosi qualche giorno vale la pena prenotare una serata per un concerto e andare a vedere uno spettacolo di marionette. Lungo i viali per una cena pre o post teatro, molti sono i ristoranti locali, etnici, francesi e comunque internazionali i quali hanno anche una buona scelta di vini.


(Decorazioni nella metropolitana di Tashkent)


Non posso mancare un giro sulla metropolitana di Tashkent, prima città dell’Asia Centrale ad averne una. La costruzione venne iniziata nel 1973 e la prima linea venne aperta nel 1977. Oggi ci sono 4 linee e oltre 40 stazioni. I migliori artisti e architetti uzbeki hanno partecipato alla progettazione e ogni stazione rappresenta un’opera d’arte unica e ispirata a un tema. Paxtakor, che significa lavoratori del cotone, è decorata con mosaici che rappresentano scene di vita nei campi. La stazione Kosmonavtlar, con i suoi dischi di ceramica, celebra i cosmonauti. Moltissimi e preziosi i materiali usati per le decorazioni di queste stazioni considerate tra le più belle al mondo.

Con Tashkent si conclude il mio secondo viaggio in Uzbekistan, più lungo del precedente e certamente più ricco di scoperte, incontri e storie. Sono felice di esservi tornata perché il mondo, in questi ultimi anni e per varie drammatiche ragioni, si è “ristretto” limitando moltissimo le possibilità di viaggio in molti paesi, per non parlare delle possibilità di vita e sopravvivenza per chi vi abita. Spero che questa Asia Centrale con la sua storia unica e preziosa mantenga la sua indipendenza e una vita serena, dando a molti altri la possibilità di scoprirla e amarla.

(8. FINE)



1 / UZBEKISTAN


2 / SAMARKANDA


3 / BUKHARA


4 / KHIVA


5 / TERMEZ


6 / SHAKHRISABZ


7 / NUKUS

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