Per chiudere il racconto di questo tour fotografico in Marocco, ti conduco in un posto speciale, anzi tre...
Il primo è l’abisso di un pozzo nel deserto. Si avvale, casomai non bastasse la particolarità della location, di una modella non più giovane in servizio permanente a favore di fotoamatore. La quale peraltro prepara per gli ospiti quello che si può definire un delizioso - nonché vero e proprio, fuor di citazione cinematografica - tè nel deserto.
Qui ti devi per forza fare accompagnare da qualcuno che conosca il luogo, perché sennò mica capisci dove si trovi. Dopo un viaggio in minivan da Merzouga lungo il classico nastro d’asfalto con intorno un nulla giallastro che tende sempre più a sbiancare, incontriamo una serie di minuscole costruzioni bianchissime, che annunciano a caratteri cubitali “WC” e altri comfort inattesi in un posto così desolato. Perché qui, in mezzo a questa pianura dove la pietra comincia a diventare sabbia, c’è l’acqua. E un tempo ce n’era molta di più, sembra di capire. Per questo su un’altra casupola si legge “Canal” con una freccia accanto che indica un pertugio rasoterra e richiama i turisti al loro dovere di perlustrazione. Allora scendiamo con la nostra guida-modella-vivandiera giù per una serie di gradoni così larghi che sembrano quelli delle grotte di Toirano, però più chiari, però meno umidi, e poco dopo arriviamo al canale sotterraneo vero e proprio.
L’ambiente è reso più suggestivo, a fini fotografici, con l’accensione di una serie di lumini di cera che oltre a fare un po’ di luce guidano lo sguardo del fotografo, e anche di chi guarderà la scena che ci apprestiamo a riprendere, verso l’imboccatura del pozzo, ovvero il buco da cui un tempo, quando qui sotto ancora scorreva un fiume, si calavano i secchi per prelevare l’acqua.
Prosciugata la sorgente, i beduini hanno insomma dovuto inventarsi qualcos’altro da proporre ai viandanti sulla strada verso il Sahara. E in effetti un buon motivo per fermarsi e visitare il “Canal” c’è davvero. L’incrocio della luce dei lumini di cera con la luce naturale che dalla bocca del pozzo precipita qui sotto nel canale crea un effetto molto suggestivo,irresistibile per le carovane di fotoamatori che si sono avvicendati, per causa di forza maggiore, a quelle dei cammellieri transahariani.
In un attimo il canale in secca si riempie del suono di dieci otturatori che scattano a raffica senza soluzione di continuità. Riprese dal basso, riprese da destra, riprese da sinistra, primo piano, figura intera e pure mezzobusto, tanto per non farsi mancare nulla. Ma lo spazio è angusto e alla fine avremo più o meno la stessa foto, anche se siamo tutti alla ricerca di un acuto di originalità...
Più facile essere originali il giorno dopo, durante la visita a un tipico accampamento di beduini alle porte del Sahara. Il vento sferza la radura sabbiosa in cui si aggirano affamate alcune caprette, qualche gallina di piccola taglia e un paio di galletti che, per darti un’idea delle loro dimensioni, definirei amburghesi. A un tratto, una nuvola - l’unica di tutto il tour - si interpone per un minuto tra me e il sole.
Sta a vedere che piove nel deserto, mi viene da sperare: la pioggia sarebbe un altro bel paradosso dopo quello della folla in cerca di quiete notturna tra le dune di Merzouga, di cui ti ho raccontato nella puntata precedente.
Ma la nuvoletta, pur evocando anche nell’aspetto quella del ragionier Fantozzi, non molla una goccia neanche a spremerla. Però la foto che ho scattato è bella (o meglio, a me piace): il sole velato dalla nuvola, le tende dei beduini strapazzate dal vento e tutto intorno il nulla.
Tanto nulla che ti vien voglia di cercare rapidamente un po’ di vitalità e il posto migliore per trovarla da queste parti è il mercato di Rissani, uno dei più caratteristici del Marocco, definito da molti habitué uno spaccato autentico di vita quotidiana, non ancora avvezzo alle invasioni turistiche che contraddistinguono invece i mercati di Fès o di Marrakech.
Qui si trova di tutto: dall’asino - ce ne sono decine nella piazza polverosa e assolata adiacente al mercato, e litigano ragliando senza tregua - alla bicicletta; dalle spezie coloratissime a un curioso dolce fatto di popcorn altrettanto colorato; dagli oggetti di artigianato prodotti in loco agli attrezzi per lavorare la terra; e poi polli e caprette, frutta, verdura, ortaggi, carni di ogni tipo, maiale escluso, ma persino di cammello. Ci sono sarti, bravissimi, e fabbri, abili e ingegnosi, falegnami che manipolano attrezzi antichi, ma efficienti: “Un souvenir? Cinque euro. Una foto? Cinque euro”, scherza uno di loro sfoggiando il suo miglior sorriso a favore di fotocamera.
Ecco, qui prima di scattare le foto alle persone è meglio chiedere: intanto per semplice cortesia e poi perché molti non gradiscono. E se azzardi qualche scatto di soppiatto è anche peggio, qualora se ne accorgano: “No foto! I advise you, my friends”.
Fuori dal mercato, qualche vicolo più in là, ci attende la pizza berbera. Ottima, ricca di ingredienti, morbida e cotta in un forno particolare la cui imboccatura è a filo del pavimento: il pizzaiolo lavora in una fossa, così da trovarsi all’altezza giusta per infornare comodamente. Non ho chiesto però per quale motivo il forno sia rasoterra e quindi per ora ti tieni la curiosità.
Ma per distrarti ti conduco all’ultima tappa del tour che in realtà è un fantastico balzo nella preistoria, nell’era Paleozoica, periodo Devoniano. A Erfoud, non lontano dalle dune di Merzouga, in un museo-fabbrica di fossili scopro l’ultima sorpresa che mi riserva il deserto: il Sahara, deserto che più deserto non si immagina, deserto per eccellenza, 380 milion di anni fa era un mare profondo. E infatti basta scavare per scoprire fossili di animali in gran parte estinti, come i trilobi e gli ammoniti, ma anche di animali che abitano ancora i nostri abissi, come le meduse e i calamari.
Il segno della loro esistenza antica è rimasto impresso per sempre nei marmi che vengono estratti nelle cave di questa zona del Marocco: ogni tipo di pietra ospita una certa specie di animaletti. Tu passi una spugna bagnata su una lastra arsa dal sole e si apre un mondo subacqueo che non puoi immaginare. E gli artigiani che lavorano nel museo con incredibile velocità e precisione da questi blocchi di pietra ricavano tavoli meravigliosi, vasi, lavandini, contenitori, oggetti vari con straordinarie composizioni.
E naturalmente souvenir, perché è l’ora di preparare i bagagli...
(7-fine)
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